Forse è inutile sottolineare e ribadire quanto male hanno fatto quelle immagini, da archeologo, da professionista dei beni culturali è fin troppo semplice ma anche la vox populi non ha certamente fatto mancare il proprio sdegno verso questo affronto, non al nostro paese ma alla collettività mondiale. La famosa fontana opera di Bernini padre coadiuvato da figlio Gian Lorenzo, nel 1629 resta uno dei simboli di Roma e della storia stessa della città eterna, all’interno di uno scorcio tra i più belli del mondo. L’arrivo dei moderni visigoti olandesi per la trasferta romana, secondo alcuni dati emersi da azioni delle intelligence italo-olandesi era stato ampiamente preventivato. Forse se ne aspettavano meno, forse i servizi di sicurezza sono saltati per mancanza di giusta comunicazione, resta il fatto che 300 nuovi Attila hanno squarciato un normale pomeriggio romano.
I commenti a caldo sono stati a dir poco imbarazzanti; un via vai di scarica barile manco fossimo in una cantina sociale: il sindaco Marino che accusa il questore, quest’ultimo che accusa il prefetto e così via all’interno di una matrioska di dubbi e incertezze.
Il calderone dello show business ha certamente condannato il vile gesto, ma in pochi anzi forse in nessuno si sono sentite o intuite parole xenofobe figlie di un razzismo recondito e represso.
Chiarisco, lungi da me pensare che ce ne fosse bisogno, i fomentatori d’odio dovrebbero infatti essere cancellati dalla faccia della terra, resta il dato di fatto di un trattamento diverso, ma diverso rispetto cosa?
Diverso rispetto ad alcuni individui, trattati da stampa, media e sentito comune come carne di porco da sbattere sul bancone di un macellaio. Vero capro espiatorio dei mali che assillano la nostra società.
Negli occhi di tutti in questi giorni viene riflessa la tragedia di Lampedusa e del mare che bagna due sponde, due continenti. Migranti scappati da guerre e conflitti, assiepati su barconi e condotti da ignobili trafficanti di uomini verso l’idea agognata quanto fasulla di una nuova vita. Molto si è scritto, molto si è detto: chi critica le operazioni passate e recenti, chi in televisione parlando senza alcun senso dice che bisognerebbe aiutarli in mare, e magari lasciarli lì (Matteo Salvini). Tutti hanno una parola, ma l’impressione tangibile è che nessuno abbia capito veramente il senso di questo passaggio storico.
Le migrazioni, sono naturali per il genere umano e resta sinceramente un paradosso il fatto che viviamo all’interno di un sistema che permetta il libero passaggio di merci ma non di individui. Temi ampiamente affrontati da esperti e non, quello che emerge è la mancata coerenza di molti.
Perché i teppisti olandesi dopo aver preso in ostaggio Roma devono essere considerati solo dei teppisti senza dietrologie razziste e insulse mentre se un immigrato rompe una sbarra di un CIE o prova a fuggire dai lager dove è contenuto deve essere considerato alla stregua del diverso?
Siamo sicuri che se l’affaire Piazza di Spagna fosse stato combinato da “teppisti” ghanesi l’opinione pubblica avrebbe reagito così?
Forse viviamo ancora e inconsciamente nella concezione ottocentesca che esistano selvaggi e portatori di civiltà, forse pensiamo retroattivamente che il sistema sia racchiuso ancora all’interno del mappamondo di Mercatore. La realtà è ben diversa, la storia lo ha insegnato; dal sud del mondo i millantati barbari non sono mai arrivati, nel sud del mondo (colonialismi e colonizzati) i barbari, a volte, siamo stati noi.