Così Moni Ovadia, presente alla manifestazione a Roma lo scorso 14 febbraio. Circa ventimila persone hanno sfilato in corteo per manifestare a sostegno del popolo greco e del governo Syriza. L’appuntamento è stato in piazza Indipendenza, poi tutti verso il Colosseo dove si è conclusa la manifestazione, dopo diversi interventi di vari esponenti della sinistra italiana. Tra gli altri, erano presenti Paolo Ferrero, Segretario di Rifondazione e Nichi Vendola, “Sinistra, ecologia e Libertà”: un’immagine li unisce in quella giornata di mobilitazione, si stringono la mano dietro ad uno striscione che lancia accuse alla Trojka e alle politiche di austerità. Questo il senso della giornata romana e greca, insieme. All’appello non manca neppure il segretario della Fiom Landini, assediato da mille domande che chiedevano chi sarà il nuovo Tsipras italiano. Anche il Pd scende in piazza, o almeno una parte. Pippo Civati e Stefano Fassina in prima fila. Insomma, sembra che una parte del mondo politico italiano della sinistra radicale (o più o meno radicale) intenda unirsi e lavorare insieme per costruire un’alternativa a sinistra anche in Italia, successivamente il trionfo di Syriza in Grecia.
Sul palco Argiris Panagopoulos cerca di fare sintesi: “Chi governa ora in Grecia viene da lontano, viene da Genova, viene dal G8 del 2001, viene da piazza Alimonda: il patrimonio politico è quello”. E a intervenire è anche la Cgil, presente Susanna Camusso: “La Cgil è in prima fila a questo corteo perché l’austerità ha determinato impoverimento dei lavoratori, disoccupazione, ha scaricato sul lavoro le scelte fatte dalla finanza. Per dare una prospettiva al lavoro, alla piena occupazione serve un’altra politica, non quella dell’austerità e del rigore”. Insomma, non poteva sintetizzare meglio le scelte di Matteo Renzi, anche Paolo Ferrero: “servo della Merkel” lo definisce il segretario Prc. Ed è Tito Russo – Cgil scuola – a ricordare le numerose iniziative prese in pochi giorni dal governo Tsipras: basta ricordare la riassunzione di migliaia di dipendenti pubblici e il ripristino dei servizi essenziali per le fasce più deboli della popolazione, come quello della fornitura di luce elettrica. Pierpaolo Pullini, delegato Fiom, grida a gran voce, invece, che è venuto il momento di “ribellarci a questi figli di Trojka, all’idea che per i profitti di pochi si calpestino i diritti di tanti, applicando come fa Renzi la lettera diktat della Bce del 2012 di Trichet e Draghi”. La linea sembra chiara. A rilanciare un’unità della sinistra, contro un’Europa delle banche, e solo di alcuni paesi, che chiude al dialogo con la Grecia, è lo stesso segretario Fiom: rilancia “una rete per la sinistra sociale” dove “ognuno mantiene il suo ruolo ma lavora per esprimere un altro punto di vista che rilanci la partecipazione delle persone.” Vincenzo Vita del pd sembra il più ottimista: non esclude la possibilità che per questa nuova “Cosa rossa” vi possa essere un patto tra “Landini, Civati, Fassina”. E accanto ad una tale possibile immagine, a distribuire volantini è anche un comitato per la “Sinistra contro l’euro”.
Il succo è chiaro e le intenzioni buone: d’altronde il tema dell’unità della sinistra ricorre costantemente, da circa un secolo e passa. Si tratta di capire quale patrimonio comune possa fungere da fondamento per la costruzione di questa “Cosa rossa”, quali programmi possano essere condivisi e quali scelte politiche una certa parte del partito democratico voglia intraprendere. La domanda-tipo che si rivolge a Fassina inizia ad esasperare un po’: “Quando lasci il pd?”. Affermare, allora, che vi sia un patrimonio comune, una condivisione di lotte passate, condivise da tutti i soggetti che a Roma erano in piazza può essere vero fino a un certo punto. Ma in ogni caso, al di là di questo ciò che conta è la volontà politica di fare scelte coraggiose. La Grecia ce lo ha insegnato, ha saputo creare le condizioni per avere successo sul piano elettorale, ma anche di fronte ai popoli europei che vogliono una vera sinistra europea. Sarebbe un errore madornale pensare che entro il contesto italiano si possa creare un nuova Syriza, come quella greca. Probabilmente l’avvento di Grillo, in seguito ad alcune scelte portate avanti negli ultimi anni da una certa parte della sinistra, quella parte che avrebbe davvero potuto fare la differenza, ha evidenziato contesti sociali e politici da cui oggi non si può prescindere. Si tratta di capire, allora, che bisognerebbe iniziare a dialogare con gli elettori, in primis. C’è una parte della società che è in rivolta, anche attraverso un voto che non può restare perennemente di protesta. È un elettorato che vuole cambiare le cose. E, probabilmente, cambiarle a sinistra. In ogni caso positiva la giornata romana, senza dubbio. Anche perché in autunno le elezioni arriveranno per rinnovare i governi anche di Spagna e Portogallo. “Syriza-Podemos, venceremos!” è il coro che si è alzato dalle piazze, sabato scorso. E in Portogallo c’è già chi parla di crescita e conti pubblici che potrebbero rivelarsi inadeguati, nel prossimo anno. Un tentativo di fermare il consenso verso politiche anti-austerità a sinistra, che potrebbe crescere in seguito alla vittoria di Syriza in Grecia? Di certo pare che le elezioni democratiche siano diventate un elemento di disturbo, fattore che, tecnicamente, non sembra essere all’ordine del giorno, anzi: bisogna rispettarla, questa sacra e santa necessità del sacrificio. Anche a costo di non andare più a votare. Per fortuna che in Grecia hanno dimostrato il contrario. A Roma è proprio Haris Golemis – istituto Gramsci ellenico – a chiudere la giornata di mobilitazione: “Dobbiamo lottare tutti insieme. Avanti popoli, alla riscossa”. E a risuonare sotto il cielo della capitale – ora quella italiana – è ancora “Bella ciao”. “E da domani si torna a combattere”. E quello che, almeno il 14 febbraio, tutti si sono augurati.