Da troppi anni ormai in Italia si parla di un rilancio incondizionato di questo settore, senza purtroppo mai tradurre fiumi di parole in atti concreti per creare anzitutto maggior spazio occupazionale e per valorizzare e tutelare il nostro immenso patrimonio. L’ultima riforma del MiBACT ha infatti aperto una voragine tra tutela e valorizzazione, tra siti di serie A e di serie B, tra professionisti sempre più soli e isolati a vantaggio di pochi (forse).
Dal punto di vista lavorativo poi la situazione è più che complessa: al netto di un concorso tacciato da molti come “goccia nell’oceano”, e dei prossimi 2/3 mila pensionamenti dei prossimi tre anni, a fronte di un organico ministeriale composto per metà da lavoratori con più di 60 primavere alle spalle, la risposta degli ultimi anni è stata quella di tappare la falla tramite l’utilizzo di volontariato sostitutivo, danneggiante sia gli stessi interpreti che le categoria intera. Così è stato nel bando per l’assunzione di 29 volontari del Servizio Civile Nazionale per il progetto “Archeologia in Cammino”, così per l’ultima trovata del Ministero guidato da Franceschini. Il progetto prevede, tramite l’utilizzo di fondi ministeriali, l’assunzione tramite il SCN di 1050 giovani per colmare la carenza cronica del proprio organico. “Il MiBACT mette a disposizione del programma 215 sedi distribuite su tutto il territorio nazionale (esclusa la Valle d’Aosta) fa pensare che la strategia alla base del bando sia quella di utilizzare fondi Europei destinati all’occupazione per colmare delle lacune attraverso lo sfruttamento”- fanno sapere gli attivisti della campagna, parole che trovano riscontro poi nella specifica lettura dei progetti messi a bando. Un codice etico che quindi possa creare un filo rosso tra tutela del lavoratore e corretto svolgimento di una professione più che mai delicata, soprattutto in contesti come il nostro.
Una questione di dignità e rispetto per tanti e tante costretti a lavorare in condizioni subumane a retribuzione minima con salari “al minimo ribasso”. Proprio il minimo ribasso, il cronico accontentarsi di mettere le pezze in un settore che dovrebbe avere un trattamento speciale. Il rischio, sempre più serio, che i beni culturali diventino orpello dei pochi, i quali come spesso accade vengono utilizzati in maniera privatistica prevaricando gli stessi che permettono alla macchina di funzionare. Il caso della Venaria Reale fa riflettere, all’interno di una lunghissima vertenza infatti, i lavoratori scioperanti sono stati sostituiti da personale esterno assunto per l’occasione (e per una unica giornata).
Beni culturali, tra pubblico e privato, storie di guerre tra poveri e lavoratori in balia dei venti.