È, anzi, una lezione, per chi non l’abbia ancora appresa, su cosa siano i media fondamentali in Italia (un puro apparato di falsificazione e di manipolazione, a nome degli interessi dei loro padroni pubblici e privati e della perpetuazione della linea liberista di saccheggio delle condizioni di vita e di lavoro delle classi popolari); e una lezione a non fidarsi mai, assolutamente mai, di quanto, “miti” o aggressivi essi siano, tendono in politica al potere personale (data la loro coessenzialità, quale che ne sia il discorso pubblico, al sistema vigente di rapporti sociali). È, anzi, una lezione, per chi non l’abbia neanche oggi appresa, a non continuare a pensare che le contraddizioni politiche possano essere risolte con un po’ di pazienza e quattro chiacchiere alla buona attorno a un bicchiere di vino (assai raramente è così, le contraddizioni politiche riflettono in genere antagonismi di interessi materiali, cioè il fatto che rispondono a richieste sociali diverse portare da aree sociali diverse; e quando ciò non è, riflettono l’intenzione di gruppi dirigenti e apparati autoreferenziali il cui obiettivo, quale che ne sia il discorso, è la propria autoperpetuazione possibilmente ben pagata dallo stato). Ultima nota: Articolo 1 si è scontrato, nel rapporto con Pisapia, in ambedue i fenomeni.
Sono un vecchissimo militante della sinistra da quando ero un ragazzino della Federazione Giovanile Comunista, e ne ho viste di tutti i colori, e, dentro a questi colori, ho visto sistematicamente ricorrente la dubbia fenomenologia testé accennata. E ho imparato, avendo subìto sistematicamente mascalzonate, a fidarmi solo di due profili militanti: delle compagne e dei compagni che svolgono attività politica in forma non professionale ma, come catgorizzava Max Weber, per vocazione (anzi che nell’esercizio della politica ci mettono, oltre che tempo e fatica, di tasca loro); e di quelle compagne e di quei compagni, non molti nel tempo attuale, che, professionisti della politica sanno rischiare le relative posizioni materiali, in genere privilegiate guardando alle loro classi di provenienza, a nome di ciò che credono. Spesso queste figure si caratterizzano, anche quando diventati politici di lungo corso, per uno straordinario candore e una straordinaria ingenuità. Mi pare che anche questo abbia fatto parte di tre mesi di assurda discussione con Pisapia, cioè di tre mesi con la benda sugli occhi e le cerette negli orecchi onde rimuovere il senso, sempre più evidente, delle posizioni e degli obiettivi di Pisapia (di un pessimo sindaco di Milano, selezionato dai quartieri alti e totalmente indifferente alle richieste delle classi popolari milanesi e totalmente ostile rispetto alle repative richieste sindacali). Al tempo stesso, totale solidarietà umana e morale nei confronti di quei nostri compagni che hanno creduto in questa discussione, perché hanno creduto in quel che facevano e perché si erano anche disposti a mettersi da parte, ritenendo che con Pisapia al comando avremmo raggiunto straordinari obiettivi, facendoci invece correre il rischio del disfacimento.
Qualche modesto suggerimento, sulla scia di quel che chiedono tanti aderenti ad Articolo 1: andiamo alla svelta a qualcosa che assomigli, per quanto provvisoria e transitoria, se si ritiene, a un congresso, che allarghi la gestione nazionale con figure selezionate dai territori e si porti al superamento di una situazione strutturalmente ademocratica; superiamo quella nostra caratteristica che ci avvicina straordinariamente all’Arabia Saudita, data dall’assenza di compagne nella gestione nazionale, e in molte locali; costruiamo alla svelta uno strumento (informatico, non vedo altra possibilità) di partito, cioè capace di fornire elementi di orientamento e indicazioni pratiche e organizzative, superando l’attuale situazione di un fai-da-te locale e del ricorso a media ostili per capire cosa si sta facendo a Roma; piantiamola di pasticciare con l’uso e l’abuso del termine “centro-sinistra”, che è come il chewing-gum, tirabile da tutte le parti, quindi poverissimo di significato e, come tale, potenzialmente manipolatorio. Siamo di sinistra (come sanno tutti dentro e fuori). Siamo una “forza di governo”, che vuol dire che non siamo settari. Fine. Su un piano attualmente diverso, siamo orientati alla costruzione di uno schieramento, non necessariamente solo elettorale, ma non dipende solo da noi, largo di sinistra; e se qualcuno di centro ci starà, cosa non impossibile, uno schieramento di centro-sinistra.
Spingere in questo momento oltre accordi politici parziali, osservando le cose per quel che effettivamente sono, rischia solo di finire litigando (anche questo ci insegna la discussione con Pisapia); strutture più elastiche e con finalità parziali possono invece essere quanto può consentire, nei tempi e nei modi concretamente definiti dalle esperienze comuni e dalle circostanze, unificazioni in partito. Occorre quindi superare quell’antinomia fasulla che mette da una parte il partito e dall’altra la coalizione elettorale: in mezzo ci possono stare tante diverse cose. Partiti latino-americani di sinistra di tutto rispetto come il Partito dei Lavoratori (PT) brasiliano, il Frente Amplio uruguaiano, il Partito Socialista venezuelano, il Frente Farabundo Martì salvadoregno sono stati in origine confederazioni strutturate di partiti, gruppi, associazioni, ecc. Partiti europei di sinistra di tutto rispetto, come la Linke tedesca, Syriza greca e Podemos-Unidos spagnola sono state la stessa cosa, e a un processo analogo sta tendendo la sinistra francsse, guidato da Mélenchon. Penso che questa potrebbe essere la prospettiva dei prossimi mesi nel nostro rapporto con referendati, Sinistra Italiana, Possibile, oltre che con associazioni, gruppi, comitati più o meno locali. Naturalmente se qualche organizzazione o anche partito volesse fondersi con noi non potrebbe che essere il benvenuto, una volta che sia chiaro che non vanno duplicate esperienze caratterizzate dal segreto di stato come quella fallita con Pisapia.