Lunedì, 20 Luglio 2015 00:00

La bambina libanese

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La bambina libanese

Al caldo del sole al mare,
alla Merkel e al vecchio reprobo Schäuble
scendeva la bambina libanese,
ed anche se fingiamo di compatirla
sotto sotto l’invidiamo, perché ognuno
di noi sbiaditi europei vorrebbe essere libanese
quando l’Europa ha colpe imperdonabili
cioè sessantacinque volte al mese.

All’afa di questi giorni mesti
e colmi di Soloni e di Draconi
scendevano gli infanti impacchettati
a gala come tante caramelle
- caramelle di ottimo fumo libanese,
ad oggi i venditori di fumo sono impavidi
e non hanno paura del proibizionismo -
ed un brutto cosplay della Signora in Giallo
rispose duramente a più riprese.

Ma obesi di desolante propaganda
i più benintenzionati immediatamente parlarono
colmando d’improperi quell’amara
vecchia signora vagamente pisciosa
- non fraintendetemi, non difendo nessuno
ed è proprio per questo che attacco
come se non ci fosse un domani
chi se ne cava fuori e per questo
pensa non aver macchia sulle mani.

Dissero, allora, che i tedeschi
sono una razza crudele e malmostosa,
che in quest’Italia turpe e corrotta
giammai ci si sarebbe permessi d’insultare
lo straniero che viene a bussare alla porta
ma con velate parole e dolci metafore
a quella porta lo si sarebbe accompagnato,
poco importa se dal lato sbagliato.

Abbiate pazienza, sarò io che sono stolido
turpe, apolitico e sbronzo a non finire,
ma quale sia la differenza tra un calcio
e una carezza, quando la fine è la stessa,
cioè il rifiuto, non lo riesco a capire.
I modi cortesi non sono una scusa
per rifiutare il proprio dovere di esseri umani,
né un certificato di buone maniere
può sostituire i nostri rifiuti quotidiani.
Siamo Europa, e come Europa rifiutiamo,
chi con la faccia triste, chi più allegra,
chi poi feroce e chi accampa giustizia
e rigore, ma è un’infima politica comune
quella che ci spinge a chiudere barriere.

Al caldo del sole, al mare scendevamo
fingendo di stringere le cetre tra le mani
quando ogni musica era finita ormai da tempo
e quel che ci restava era un sacco di polvere
da spargere sugli altri per nasconderne
l’umanità e il volto. Ma ancora ci guardavano.
Allora abbiamo deciso di incolparci
di frazionarci, di nazionalizzarci,
mentre l’esperanze di troppi disseccavano
e al fuoco del nostro rancore si corrodevano
mentre la morte di molti si rivelava
un fuoco fatuo, spento nella notte.

Ne avremo, un giorno, perdono?

Ultima modifica il Lunedì, 20 Luglio 2015 15:59
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