Pochi giorni dopo invece la notizia che per il Centro oli di Viggiano, si apriva una fase di chiusura temporanea con sospensione delle attività, a causa di adempimenti e controlli (pare non andati benissimo). Le inadempienze riguarderebbero infatti ritardi del colosso del petrolio su attuazioni di prescrizioni regionali, ed in seconda battuta sono risultati eccessivi i livelli di manganese e ferro, senza considerare l'eccedenza di idrocarburi policlinici aromatici.
Di poche ore fa invece la notizia, anzi meglio dire l'ammissione, dell'avvenuto sversamento di 400 tonnellate di petrolio sversate nei terreni contingui, internamente ed esternamente, al centro oli di Viggiano. A quanto pare tale situazione non deriverebbe dal famoso serbatoio A del Cova ma da quello D.
ENI, convocata nella giornata dello scorso 5 Maggio dal governo, ha spiegato che entro la fine del mese di maggio provvederà a ripristinare la situazione seguendo il protocollo della massima sicurezza, ma nel frattempo la situazione assume i toni del più classico «rilevante interesse nazionale» (fonte: Gazzetta del Mezzogiorno 7/05/2017 ndr).
Presto partirà un'ispezione da parte del Ministero dell'Ambiente che pare voglia vederci chiaro provando a delineare eventuali responsabilità, collettive e/o singole. Indipendetemente dall'accaduto è giusto sottolineare che la Basilicata continua ad essere terra di sfruttamento intensivo di risorse energetiche, ad impatto sostanziale sia sul territorio e sul paesaggio, che sulle collettività ivi presenti.
La Val d'Agri, da questo punto di vista è un «caso scuola», e da anni associazioni, collettivi e liberi cittadini continuano la loro lotta per chiedere un futuro quantomeno sostenibile. Ad un anno dal famoso Referendum del 17 Aprile 2016, quello sulle trivellazioni in mare, il Governo, che in quel momento era stato prontissimo a sbandierare la volontà di un disinvestimento verso la corsa all'oro nero, volta faccia e anzi continua la sua personalissima e privatistica volontà nello sfruttamento tout court delle (esigue) risorse carbonfossili della nostra Penisola.
Un Decreto Ministeriale pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 3 Aprile, stabilisce infatti che i titolari di concessioni entro le celeberrime 12 miglia, potranno modificare e quindi di riflesso ampliare il programma di sviluppo originario al fine di recuperare altri giacimenti esistenti. Uno schiaffo beffardo ai 13 milioni di elettori che un anno fa entro il segreto dell'urna espressero la loro piena contrarietà alle trivellazioni entro le 12 miglia. Un voltafaccia della governance che, è inutile dirlo, era preventivabile quanto atteso.
Nel marasma generale riguardante l'emergenza ambientale, che colpisce il nostro Paese, un altro punto a favore dell'interesse privato a danno delle necessità collettive.
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