Sabato, 15 Luglio 2017 00:00

Cinema America, una storia di resistenza

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Il nostro paese è costellato da una galassia di luoghi abbandonati, figlia della speculazione assassina che ha coinvolto l’Italia nell’ultimo trentennio. Se ci volessimo divertire a giocare alla mappatura delle città che attraversiamo ogni giorno, scopriremmo senza neanche troppe lungaggini che il tanto decantato degrado e la sua nemesi, ovvero il decoro, sono elementi soggettivi delineanti e declinati sempre più da un ragionamento imposto dall’alto senza un reale coinvolgimento comune: risultato ultimo la cristallizzazione dei nostri centri storici, le retate e i provvedimenti antimovida (con risultati ben noti, come l’assalto poliziesco ai dehors in Santa Giulia a Torino) e dulcis in fundo il Decreto Minniti-Orlando, una legge che tra le altre cose dichiara guerra agli ultimi.

Gli ultimi? Ebbene sì proprio coloro che una grandissima fetta di forze politiche (se non tutte) si dicono di voler chiaramente rappresentare. Il problema risale quindi alla radici di trent’anni di sprechi, abbandoni e saccheggi delle risorse sottratte all’interesse collettivo e date in pasto ad interessi (per non usare eufemismi) altri.

La cementificazione è forse uno degli esempi più lampanti di un processo ormai avviato che, nonostante la crisi che continua dal 2008, sembra in ogni caso non volersi arrestare. Basta leggere la “freddezza” dei numeri per capire che il processo è irreversibile; i dati ISPRA (istituto a rischio chiusura ndr) indicavano come nel 2014 il 7% del territorio nazionale risultasse essere cementificato.

Quanti di queste nuovi “guazzabugli urbanistici” risultano essere funzionali alla vita delle comunità? Roma da questo punto di vista offre, purtroppo, “pregevoli” spunti; tra Palazzinari e quant’altro spuntano opere letteralmente inutili, altre per fortuna bloccate dal coraggio di uomini e donne. È il caso del Cinema America, una vera e propria esperienza di resistenza all’interno dell’Urbe.

La storia è molto semplice e ricalca per certi versi, lo storytelling della speculazione: l’America fu costruito in via Natale del Grande a Roma, a Trastevere, fra il 1955 e il 1956 su progetto di Angelo Di Castro. Lo stabile presenta interessanti tratti costruttivi dell’avanguardia edilizia degli anni ’50, e all’interno, tra le altre cose, conserva soluzioni artistiche di notevole pregio per quel che concerne l’arte contemporanea. Nell’atrio e sul portale d’ingresso sono presenti decorazioni musive opera di Anna Maria Sforza Cesarini e decorazioni ceramiche Leoncillo Leonardi.

Quando il Cinema fu chiuso, le soluzioni di “riconversione” riguardarono in prima istanza una sala Bingo, ipotesi fermata dall’attivismo di un comitato di quartiere, mentre successivamente (nel 2004) una società ne immaginò l’abbattimento con la costruzione di palazzine residenziali con parcheggio. Il fronte popolare ancora una volta riuscì a bloccare questo secondo tentativo, ma le proposte di riconversione a scopi sociali non furono ascoltate.

Si arriva al 2012 quando “i ragazzi del Cinema America” decidono di occupare lo stabile per dare un segnale forte contro degrado e affarismo di ventura. L’occupazione fu molto importante all’interno del panorama italiano, il tutto all’interno di una stagione molto florida per i beni comuni, basti pensare alla Costituente dei beni comuni promossa tra gli altri da Rodotà, e partita di fatto dal Teatro Valle occupato, sempre a Roma.

Lo sgombero dell’immobile risale all’autunno del 2014, ma gli attivisti dell’America non si sono mai fermati e hanno continuato la loro opera anche al di fuori di esso. La battaglia sull’immobile vede una proprietà spietata che prova di continuo a giocare le carte della “riconversione” a proprio piacimento. È notizia di pochi giorni fa la sospensione di lavori che erano in esecuzione all’interno, voluta dal MiBACT in via cautelativa e nell’attesa dell’apposizione provvedimento di vincolo che dovrebbe partire entro 30 giorni. L’allarme era stato lanciato dagli attiviste e dalle attiviste poiché erano (e sono) previsti dei lavori di ristrutturazione all’interno; il Sovrintendente Prosperetti ha bloccato tutto, si rischiava infatti il distacco delle preziose opere musive. Lavori praticamente non autorizzati bloccati ai sensi ai sensi dell'articolo 28, comma 2 del decreto legislativo 48 del 2004 (cd. Codice dei Beni Culturali) di seguito al sopralluogo.

Una disattenzione ed un ritardo allarmante da parte delle istituzioni, anche loro certamente responsabili dell’abbandono dell’area. Roma tutta, e non solo, auspica che il vecchio Cinema torni a vivere nel segno delle esperienze di riappropriazione collettiva di beni che appartengono alle collettività.

Omnia sunt communia.


Immagine liberamente ripresa dalla pagina Facebook "I ragazzi del Cinema America"

Ultima modifica il Venerdì, 14 Luglio 2017 15:03
Andrea Incorvaia

Nato a Locri (RC), il 28 Febbraio 1988, attualmente vivo per studio a Pisa. Sono un allievo specializzando presso la scuola di specializzazione in beni archeologici dell’Università di Pisa, dopo essermi laureato in Archeologia nel 2012. I miei interessi spaziano dall’ambito culturale (beni storico-archeologici soprattutto), alla tutela e alla salvaguardia del paesaggio. Svolgo attività politica nella città che mi ospita e faccio parte di un sindacato studentesco universitario.

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