Sabato, 16 Settembre 2017 00:00

MOSE, abbiamo un (grosso) problema

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MOSE, abbiamo un (grosso) problema

Puntuale come il panettone a Natale, anche quest’anno l’autunno (e siamo solo all’inizio) ha portato sulle collettività disastri, ingenti danni e un’intollerabile scia di sangue. Leggere il bollettino che giunge da Livorno fa piangere il cuore e lascia increduli; non è accettabile morire per una pioggia, seppur eccezionale, nel 2017 (basti pensare a come ad esempio Cuba ha gestito il terribile uragano abbattutosi sulla piccola isola).
Non solo danni causati da fenomeni atmosferici, eccezionali appunto, ma gestibili nella misura per cui, ad un Paese moderno, si richiede una perfetta macchina organizzativa delle emergenze.

Il mese di Agosto, ci lascia invece il ricordo del terremot(ino) che ha sconvolto Ischia, un episodio grave dove abusivismo e malaffare si mescolano a danno esclusivo delle comunità che spesso fungono da semplici parafulmini. È chiaro quanto evidente che l’Italia, oltre al lavoro e alla casa ha un’altra emergenza da affrontare: il risanamento sismico ed idrogeologico dei territori, all’interno del fantomatico programma U.G.O. (Unica Grande Opera) che il collettivo Wu Ming, nei suoi scritti, spesso rievoca come monito ad una classe dirigente fallimentare.

La timeline giornaliera oggi (ieri ndr) fa tappa a Venezia. Siamo al gran finale, dopo anni di processi e rinvii a giudizio, del processo MOSE. Notizia di ieri le prime condanne: 4 anni di reclusione (col pagamento di una sanzione amministrativa di 9,5 milioni di euro) per l’ex ministro dell’ambiente e delle infrastrutture, Altero Matteoli, senatore di Forza Italia con il grave accertamento del reato di corruzione. Assolto invece l’ex sindaco di Venezia, il socialdemocratico Giorgio Orsolini e con lui, assolti o prescritti, l’ex presidente del Magistrato alle Acque, Maria Giovanna Piva, l’ex presidente del consiglio regionale del Veneto, Amalia Sartori, e l’architetto Danilo Turcato. Un’inchiesta partita nel Giugno del 2014, per disinnescare la mangiatoia di tangenti sorta a cappello della maxi opera di risanamento della laguna, legata alla costruzione di paratie mobili e denominata, “biblicamente”, MOSE.

Un esempio tangibile di quello che significa lucrare sui territori, con opere tanto inutili quanto dannose che servono solo ed esclusivamente per il diletto di pochi. L’insostenibilità del progetto MOSE è stata ripresa molte volte, ma la politica ha voluto proseguire seguendo la sua strada, sulla falsariga di opere sorelle come TAV, il “recente” TAP o il fantasma, che riappare puntualmente ad ogni tornata elettorale, “conteso” a metà tra Reggio Calabria e Messina; lo sciagurato Ponte sullo Stretto.
La “grande opera” lagunare non è comunque da meno, forte dei suo enormi costi (5/6 miliardi circa) con un’analisi costi/profitti alquanto inquietante. La stessa opera poi non servirebbe a salvare Venezia, come scriveva infatti il Professor Marco Ponti su “Il Fatto Quotidiano” del 4 Giugno 2014 -“Il MOSE è inutile per maree ridotte: non entra nemmeno in azione, e queste non fanno danni. Ma pare che sia è inutile anche per maree estreme, che accadono raramente, ma danni ne fanno molti. Quando convergono piogge che gonfiano gli affluenti, maree lunari, e forti venti da sud semplicemente sembra che non ce la facciano. Ma forse è giusto non dimensionare opere su eventi molto rari.

Il problema è che i fenomeni di “acqua alta” normali, abbastanza frequenti, da molti anni hanno trovato risposte spontanee da parte dei cittadini, che hanno attrezzato i piani terreni, vi hanno tolto alcune attività, hanno rialzato ed impermeabilizzato in modo permanente i pavimenti ecc. L’analisi dimostrava che conveniva molto migliorare le difese locali di questo tipo con una serie di interventi minori, data la limitatezza e la temporaneità dei danni “- il solito pasticcio all’italiana insomma, condito dalla giusta quantità di interessi altri e dannosi per le comunità. Siamo i soliti fan di Cassandra, o pensare ad un Paese moderno vuol dire mettere veramente in sicurezza i territori? Domanda tanto ovvia, quanto (non) scontata.
Italia, Settembre 2017.

Ultima modifica il Venerdì, 15 Settembre 2017 17:57
Andrea Incorvaia

Nato a Locri (RC), il 28 Febbraio 1988, attualmente vivo per studio a Pisa. Sono un allievo specializzando presso la scuola di specializzazione in beni archeologici dell’Università di Pisa, dopo essermi laureato in Archeologia nel 2012. I miei interessi spaziano dall’ambito culturale (beni storico-archeologici soprattutto), alla tutela e alla salvaguardia del paesaggio. Svolgo attività politica nella città che mi ospita e faccio parte di un sindacato studentesco universitario.

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