Da quando seguo le vicende della programmazione economica presso il Consiglio Regionale (2005), due sono i propositi più ricorrenti sempre richiamati: la fine degli incentivi “a pioggia” per le imprese e l'individuazione dei settori, delle imprese, delle filiere “di punta” su cui concentrare le sempre più esigue risorse regionali.
Prima di procedere sarebbe allora utile soffermarsi sull'analisi del perché si continui a richiamare tale proposito, come fosse una novità e individuare quali impedimenti oggettivi vi siano, al di là delle buone intenzioni, nel realizzarlo - cioè nel rendere l'incentivo economico estremamente mirato e selettivo – per poi rimuovere tali ostacoli. Questo consentirebbe non solo di aiutare le imprese, ma anche di favorire un processo di innovazione, evidentemente indispensabile, nelle forme dell'intervento pubblico nell'economia,in una fase di crisi economica, ma anche di parcellizzazione del sistema produttivo e eterogeneità dei fattori “di successo”.
A questa nota generale, vorrei aggiungere alcune considerazioni più di merito.
Le 3200 imprese richiamate dall'Irpet appartengono a oltre 20 diversi settori produttivi e hanno in comune “solo” la buona performance rispetto al periodo pre crisi. Tale multisettorialità potrebbe costituire una seria complicazione per la definizione degli incentivi e soprattutto per una loro reale efficacia. Ammesso però che ciò sia possibile, mi domando se la strategia migliore per trainare l'economia toscana sia sostenere chi già mostra buoni risultati, e non già, grazie all'esempio e all'esperienza di queste imprese (magari raccolta attraverso un'approfondita analisi qualitativa), intervenire per la creazione delle condizioni che possano aumentare l'insieme delle imprese eccellenti, che potrebbero essere valorizzate come “best practices” da emulare, adattare, riproporre in contesti vari.
Tra l'altro, favorendo le imprese eccellenti (già più efficienti e competitive) nell'allocazione degli incentivi si corre il rischio di alimentare non già un loro ulteriore sviluppo (dato anche da condizioni esogene di domanda, tecnologioche o altro non modificabili nel breve periodo), ma una sorta di ipertrofia “drogata” dal sostegno pubblico, finendo infine per ridimensionarne la spinta propulsiva e l'efficienza stessa.
Inoltre è probabile che i limiti incontrati da queste imprese per un loro ulteriore sviluppo non necessitino solo di finanziamenti per essere superati. Talvolta potrebbe trattarsi di altri fattori: l'accesso a servizi di qualità o di servizi commerciali, accessi al credito, vincoli normativi, agevolazione alla creazione di reti di impresa ecc. Su tutti questi ambiti la Regione Toscana ha politiche di intervento già attive. Se gli esiti di tali politiche sono incerti e non è facile determinare nei fatti quale sia l'effettivo contributo dell'incentivo in termini di fatturato e/o occupazione, tanto da sollevare la preoccupazione che le misure si risolvano nei fatti in interventi “a pioggia”, questo afferisce più al limite dello strumento stesso – su cui si dovrebbe opportunamente lavorare - che non all'impropria selezione dei beneficiari.
Restringere il campo ai più virtuosi potrebbe non risolvere il problema.
Immagine tratta da www.adocnazionale.it