Qual'è la funzione di un parco naturale? Dove la sua specificità? Che differenza c'è fra un parco naturale e un parco pubblico? Sono queste le domande che da un paio di mesi affollano (o di sicuro dovrebbero affollare) i locali della tenuta di San Rossore. Il parco, lo abbiamo già scritto, vivrà dal 6 al 10 agosto la caduta di un vero e proprio tabù: l'inviolabilità dei suoi spazi, finora immacolati, per mezzo dell'AGESCI, massima organizzazione scoutistica cattolica italiana.
Anche i numeri sono più o meno noti, specie a coloro che hanno buttato un occhio allo studio d'incidenza, inizialmente perno della giustificazione di qualunque fattibilità, ma in realtà commissionato quando ormai l'evento era pressoché lanciato da quel sicuro “si farà” buttato in pasto ai giornalisti dal Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi nel giugno dell’anno scorso. Ben 32mila giovani fra i 17 ed i 21 anni e 2mila adulti per un totale di circa diecimila tende; il tutto servito da 1400 WC chimici per i quali sarà necessario stendere un piano di ghiaia, 750 lavabi, 750 docce. Il tutto suddiviso in cinque sottocampi (più uno per i duemila adulti di servizio) all’interno di ognuno dei quali verrà realizzata una piazza di 4000 metri quadri, nella quale verranno realizzati due palchi, un magazzino, una segreteria ed un presidio sanitario. Al centro del campo un’area di 5 ettari ospiterà lo spazio delle attività comuni, chiamato la “Piazza del coraggio”, dove saranno montati una tenso-pagoda da 500 posti, una decina di spazi espositivi da dedicare a mostre, biblioteca, cinema ecc... Infine ci sarà l'area manifestazioni in cui starà montato un enorme palco di grandi dimensioni. Tutto questo nell'area della “Selva pisana”, lungo il viale che collega le Cascine Vecchie alle Cascine Nuove, dove le oltre 700 docce e gli altrettanti lavabi scaricheranno le loro acque intrise di sapone direttamente in alcuni fossi che dividono la parte prativa dal bosco. Niente di grave, dicono al Parco tentando di rassicurare gli scettici, perché verrà usato solo sapone di Marsiglia biodegradabile.
Numeri, in pratica, che anche snocciolati così alla buona danno comunque il calibro di ciò che questa manifestazione rappresenterà in un parco dove, ancora adesso, stendere una coperta o addirittura piantare una tenda può costare anche 600 euro di multa. La società fiorentina Nemo, specializzata in valutazioni ambientali, alla quale AGESCI ha commissionato la redazione del piano di incidenza ambientale, non sembra essere allarmata. Secondo la Nemo il raduno non genererebbe che solo pochi e superficiali danni ambientali facilmente riassorbibili dall’ambiente. Dando una scorsa alla relazione si può apprendere come questa valutazione si basi soprattutto sulla considerazione delle specie, animali e vegetali, più “preziose” del parco. Quelle, per intenderci, che con la loro presenza hanno permesso al Parco di conquistarsi il titolo di Sito d'Importanza Comunitaria.
Ora che i numeri del progetto sono più chiari abbiamo voluto nuovamente parlarne e più a fondo con il naturalista scrittore Alessandro Spinelli,storico conoscitore del Parco che sin dall’inizio si è sempre dichiarato contrario all’evento.
Signor Spinelli, ora che i dati sono più chiari continua ad essere sempre contrario?
Ero contrario prima ed ora lo sono ancora di più. Credo che tutte le chiacchiere relative ai numeri e alla fattibilità, con tutte le opinioni che in queste settimane si stanno confrontando in merito, non centrino la vera questione. Tutto, oramai, ruota intorno alla mitigazione di un danno, a come attuarla, quantificarla ecc... A pochi o a nessuno salta invece agli occhi il fatto che un danno derivante da attività del genere, per quanto piccolo e mitigabile, non dovrebbe proprio esserci: in un parco come quello di San Rossore, con la sua storia, una manifestazione di questo tipo semplicemente dovrebbe risultare inconcepibile. Nel momento in cui un parco come il nostro si presta ad una cosa del genere, al di la delle questioni meramente tecniche e faunistiche, lancia un messaggio. Un messaggio di svalutazione del ruolo che i parchi naturali hanno o dovrebbero avere. Tutto si gioca sulla differenza, fra un parco pubblico ed un parco naturale.
Secondo lei quale dovrebbe essere la funzione di un parco naturale, quella di chiudersi su stesso e trasformarsi in un intoccabile museo a cielo aperto?
Certamente no. Un parco naturale ha il dovere di farsi conoscere e di propagandarsi. Un parco deve aprirsi all’esterno, intercettare i flussi turistici, facilitare l’accesso al suo interno, guidare i fruitori alla scoperta dei suoi valori. Ma tutto questo deve essere fatto in punta di piedi, nel più completo rispetto delle sue risorse ambientali e paesaggiste. Vede ogni anno la Tenuta di San Rossore, per quello che mi è dato di sapere, viene fruita da circa duecentomila visitatori, compresi i frequentatori dell’ippodromo; l’evento in questione ne porterebbe ben trentacinquemila in soli quattro giorni. Mi sembra un po’ troppo eccessivo. Non bisogna inoltre dimenticare che per il montaggio e lo smontaggio delle strutture necessarie all’evento AGESCI sono state quantificate ben 133 giornate lavorative. Ciò significa che da Giugno a fine agosto i 74 ettari di tenuta interessati alla manifestazione saranno interessati da spargimento di ghiaia per la creazione dei basamenti delle cisterne di acqua di riserva e dei 1400 bagni chimici, da movimento di ruspe,trasporto materiali ecc... Calcolando una larghezza media per bagno di un metro e mezzo, accostando l’uno contro l’altro i 1400 bagni preventivati si creerebbe una fila ininterrotta di gabinetti di quasi tre km.
Affrontando questo tema in queste settimane è saltato agli occhi anche il ruolo della Regione Toscana. Lei che ne pensa?
Io ho l’impressione, tra l’altro condivisa da molti, che la Regione sia passata sulla testa di tutti e tutto. D’altronde il Governatore Enrico Rossi quando a giugno dello scorso anno in conferenza stampa annunciò il suo placet all’evento lo fece in mancanza di un progetto definitivo e di uno studio di incidenza ambientale. E’ doveroso ricordare la direzione del parco si è trovata, a mio avviso, del tutto spiazzata di fronte a quella decisione tant’è che ad oggi manca ancora una decisione definitiva del consiglio di amministrazione e ancora non c’è stata una discussione del progetto e del piano di incidenza nella commissione scientifica che, anche se solo in modo consultivo, deve comunque rilasciare un suo parere.
Al momento mi sembra che le associazioni ambientaliste, comunque presenti nel consiglio del Parco, non abbiamo ancora fatto sentire la loro voce.
La situazione delle associazioni ambientaliste all’interno è difficile e mi sembra che in questo caso stiano cadendo, in totale buona fede, nella logica della mitigazione del danno. Questo probabilmente deriva dal fatto che le associazioni, hanno sempre cercato di promuovere una politica, che ritengo giusta, volta a non trasformare il Parco in una specie di museo. Così facendo si sono ritagliato un certo spazio di manovra che oggi hanno paura di perdere. E’ vero che i parchi naturali devono poter sviluppare attività sempre nuove, rendersi fruibili dalle scuole, fare didattica ambientale e formazione, restare aperti a pezzi importanti della società. Un parco vivo, fatto per essere conosciuto, studiato e vissuto, va bene. Ci sono però dei limiti che questa volta sono stati a mio modo di vedere superati. Presumo però che le associazioni, molto presto, rivedranno questa loro posizione.
Cosa le fa pensare che le associazioni potrebbero rivedere la loro posizione?
La preoccupazione e lo sdegno che stanno montando all’interno del mondo scientifico e culturale non solo pisano e che, sono sicuro, non non tarderà a mostrarsi pubblicamente.
Allora niente politica di riduzione del danno? E del sapone di Marsiglia cosa mi dice?
Ci siamo capiti. Accettare quel tipo di approccio significa aprire un varco alla trasformazione del Parco di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli ed in particolare alla ex-Tenuta Presidenziale, in un Parco pubblico tipo le Cascine o il Parco dei Salici di Pontedera, che il Governatore Rossi conosce molto bene. In merito al sapone di Marsiglia non mi pronuncio. Questa domanda la dovrebbe rivolgere alle tartarughe d’acqua che vivono in quelli che la Nemo chiama “fossi”e che in realtà sono residui, molto importanti ,di depressioni retrodunali e che riceveranno gli scarichi intrisi di sapone delle oltre 700 docce e degli altrettanti lavabi che dovrebbero essere posizionati all’interno della cosiddetta “città delle tende”.