Il corteo, che si è snodato per le vie del centro, è stato aperto dagli operai della costa, vittime di un impoverimento occupazionale senza precedenti. In testa i lavoratori delle acciaierie Lucchini – che, insieme ai colleghi della Magona, hanno portato lo striscione “Piombino non deve chiudere” - preoccupati dalle recenti vicende dell'ILVA e dal destino della siderurgia italiana. Gli operai in piazza hanno così dato un volto alle conseguenze drammatiche di un ventennio neoliberista che ha cancellato ogni forma di politica industriale; una realtà palesatasi, nel caso più eclatante, proprio all'ILVA di Taranto, dove ancora oggi non si riesce ad imporre il risanamento ambientale con risorse dei Riva o, con una parziale nazionalizzazione, dello Stato.
Ma le vicende della siderurgia sono solo la punta dell'iceberg della deindustrializzazione del paese, che mette a repentaglio il futuro occupazionale di centinaia di migliaia di famiglie.
Dal palco, a fine manifestazione, si è parlato anche del destino della “Selex Galileo”, alle prese con una “ristrutturazione” che, con la nascita della cosiddetta “Super Selex”, produrrà secondo i lavoratori un collaterale taglio occupazionale e dei siti produttivi.
Medesimo timore dei lavoratori di altre aziende controllate da Finmeccanica, a partire dal gruppo Ansaldo, patrimonio unico per un settore strategico come quello dei trasporti, che rischia di essere svenduto a multinazionali straniere (per AnsaldoBreda, presente anche a Pistoia, si parla dei giapponesi di Hitachi), a causa della scelta miope di aver voluto privilegiare il settore militare dell'industria di Stato.
“Democrazia, contratto, occupazione”, come recita il manifesto dello sciopero, sono i punti nodali da cui sviluppare una politica che possa condurci fuori da una crisi che si aggrava ogni giorno di più, colpendo tanti lavoratori senza certezze per il futuro e che, forse, avrebbero voluto ingaggiare una battaglia più dura contro i provvedimenti del governo Monti sullo smantellamento delle pensioni e dell'articolo 18 (per ricordarlo qualcuno ha rumoreggiato e invocato lo “sciopero generale” durante l'intervento della rappresentante della CGIL Toscana, poi chiuso fra gli applausi di tutta la piazza).
La battaglia per il contratto sarà lunga, attraverserà le fabbriche e anche le aule del Tribunale di Roma, dove ieri mattina la FIOM ha depositato una denuncia contro Federmeccanica, accusata di non aver rispettato, nell'arrivare ad un'intesa separata, l'accordo del 28 giugno 2011 siglato da CGIL, CISL, UIL e Confindustria.
Ma soprattutto – come ha ricordato Airaudo concludendo la manifestazione – la partita si giocherà nel portare i diritti del lavoro nelle piazze, per esempio ad incontrare le lotte degli studenti (come accadrà domani a Roma e in altre piazze d'Italia) per indicare una prospettiva di cambiamento urgente e necessario.