Come ciliegina sulla torta il programma della sagra prevede una gara di rutti (notoriamente associati alla birra), da misurarsi in decibel con appropriata strumentazione elettronica, gara ugualmente aperta a donne ed uomini.
Apriti cielo!!! L’amministrazione comunale (di centrodestra) di Montale ha immediatamente tolto il patrocinio, in un primo tempo accordato dopo l’impegno del circolo a togliere ogni riferimento diretto alla nota bevanda, dichiarando – l’amministrazione comunale (di centrodestra) – che d’ora in poi sarà assai più vigile nel dare il patrocinio, da concedersi solo dopo un’attenta disanima del programma e della denominazione delle diverse sagre paesane.
Il fatto si presta a più commenti.
Vanno assolti i dirigenti del circolo ARCI di Fognano, perché anche se eventualmente colpevoli di cattivo gusto ai sensi del codice penale ciò non costituisce reato, inoltre l’atto non è compiuto con l’intenzione di offendere, ma semplicemente di far comprendere garbatamente all’amministrazione comunale (di centrodestra) di Montale l’assurdità della pretesa di esercitare, oltre alle normali attribuzioni di legge in fatto di sagre paesane, anche quella di arbitro del buon gusto e di custode della severità dei costumi dei cittadini di Montale.
Semmai gli organizzatori della sagra possono essere ritenuti responsabili di aver usato un termine legato al piatto e uniformante linguaggio televisivo, Sagra della Gnacchera sarebbe stato linguisticamente più aderente all’uso toscano, oppure Sagra della Topa o Sagra della Passera (vedi l’omonima piazza esistente in San Frediano); infine ad evitare ogni diretto significato sessualmente allusivo, Sagra dell’Ampolla (da Pietro Aretino) oppure Sagra dell’Anonima Sequestri (da Roberto Benigni), ma in quest’ultimo caso certo sarebbero sorti altri e ben più pesanti problemi di una probabile accusa di apologia di reato.
Per quanto riguarda invece l’amministrazione comunale di Montale (di centrodestra), a parte il fatto che non si è ben capito a chi sarà affidato il compito di vigilare sulla moralità ed il buon gusto delle sagre (al sindaco, ad un assessore a ciò delegato, al segretario comunale, al locale parroco, ad una commissione di probi cittadini, alle dame di san Vincenzo, a quelle di Campiglia, …), le cose stanno in maniera diversa.
Come è noto la casa del centrodestra, chiamata in svariate maniere (come l’oggetto della sagra in questione): Casa delle Libertà, Forza Italia, Popolo delle Libertà, ecc, non è una casa di tolleranza, essa non è frequentata da donnine allegre e vecchi puttanieri, al contrario da pudiche nipoti e zie di Mubarack e da austeri signori dallo stile di vita degno di un convento di trappisti, voto del silenzio incluso (soprattutto di fronte alla magistratura). Chi ha mai letto o sentito di scandali, sessuali o di altro tipo, in cui siano stati coinvolti esponenti del centrodestra, chi ne ha letto o sentito si armi di pietre e giù sassate, ma prima passi da una ben fornita cava.
Il fatto è che questi signori sono del tutto privi di senso …, dello Stato diranno i lettori, no … del ridicolo dice l’estensore della nota, ma al tempo stesso ampiamente dotati di ipocrisia, altrimenti non si spiegherebbe la loro contrarietà ad una legge che garantisca i gay da offese, insulti e discriminazioni, mentre si offendono per la denominazione di una sagra paesana.
Per loro la Sagra della Gnocca è offensiva, le serate con accompagnamento di lap dance di consigliere regionali vestite da suora, sono “cene eleganti”; esercitare lungo la via Pistoiese è prostituzione, fare da escort a potenti personaggi è “arte”; taroccare bilanci di società o evadere le tasse è “autodifesa del cittadino”, manifestare contro la Tav o per l’affermazione di diritti è terrorismo.
Infine anche in queste piccole cose essi dimostrano l’arroganza di classe, vogliono che sia loro riservato non solo il monopolio della ricchezza, ma anche quello dei comportamenti, anche solo blandamente trasgressivi, sia in campo sessuale che economico.
Gli strati bassi della società, non solo non dovrebbero godere del diritto al lavoro, ma neanche di quello all’ozio, ovvero della libertà di organizzarlo come meglio credono, essi vogliono un mondo in cui tutti si rincretiniscano di fronte alla Tv, magari assistendo a programmi sul cui buon gusto si possono esprimere varie riserve.
Se gli fosse data l’occasione non solo ci vieterebbero di scioperare, ma anche di ridere.