I dibattiti e i laboratori articolatisi in queste giornate, fra i cui promotori troviamo lo stesso Municipio dei Beni Comuni, hanno visto una sostanziosa partecipazione e il contributo di più voci ed esperienze, cosa che ha garantito un confronto molto ricco, vivace e produttivo. Il risultato più evidente è stata la formazione di una rete di solidarietà e cooperazione fra le varie liste di cittadinanza aderenti, rete che ha preso il nome di “Le Città in Comune”: questa nuova coalizione pluralistica si farà carico sia a livello nazionale che nelle realtà locali, ognuna con le sue peculiarità e priorità, di tre campagne elaborate in queste giornate ed esposte in via definitiva durante la conferenza plenaria di domenica mattina.
La prima campagna è frutto degli sforzi del workshop “Bilancio della città” e ha come punto focale il patto di stabilità e gli effetti estremamente deleteri che comporta sull'autonomia finanziaria degli enti locali imponendo il congelamento dell'avanzo di bilancio a favore del risanamento del debito pubblico nazionale (o, ad onor del vero, degli interessi del debito pubblico). Fra le proposte elaborate troviamo innanzitutto la disobbedienza alle norme del patto di stabilità in virtù di altre norme prioritarie che hanno come denominatore comune la sicurezza, quella territoriale e quella delle strutture pubbliche come le scuole: la Sardegna ci ha tristemente dimostrato cosa comporta rispettare vincoli così stretti trascurando la sicurezza idrogeologica del territorio. Altro obiettivo, di più ampio respiro, consiste nell'avviare un percorso per garantire una maggiore comprensione dei bilanci comunali da parte della cittadinanza e, allo stesso tempo, far sì che la stessa sia più partecipe nella gestione delle risorse locali: partecipazione, quindi, e un po' di sana trasparenza, sempre meno scontata nel panorama attuale. [Sintesi del lavoro del workshop qui]
La seconda campagna è opera invece del workshop “Servizi della città” e, come spiega Riccardo Rossi nel video di sintesi del tavolo di lavoro [qui], la base di partenza è stata la domanda “cosa c'è oggi di comune in comune?”. Una domanda la cui risposta non tarda ad arrivare osservando il progredire continuo di un processo che colpisce i servizi in nome di due imperativi: “appaltare” ed “esternalizzare”, anch'essi prodotti del patto di stabilità e di modelli economici che si sono dimostrati e si stanno dimostrando totalmente rovinosi per la massa e vantaggiosi per troppi pochi. Come invertire questa tendenza, il propagarsi delle logiche di mercato e di profitto nella cosa pubblica? Nelle discussioni è emerso come primo punto la sensibilizzazione dell'opinione pubblica, insistendo su come l'esito referendario del giugno 2011 sia stato completamente snobbato e insieme ad esso, di conseguenza, la stessa sovranità popolare. Come secondo proposito della campagna troviamo quello di creare un punto di incontro fra le amministrazioni locali e la cittadinanza dove dibattere, confrontarsi e proporre, cosa che garantirebbe effetti benefici su più fronti, da una parte dando vita ad un'effettiva partecipazione democratica, dall'altra mettendo i bastoni fra le ruote a clientelismi, corporativismi e iniziative amministrative spesso volutamente torbide.
Infine, per quanto riguarda acqua, rifiuti e trasporti, l'idea è quella di agganciarsi alle campagne preesistenti, come la “Rifiuti Zero”, agire sempre sul piano dell'allargamento della partecipazione e portare avanti delle mozioni come quella sul minimo vitale d'acqua garantita per contrastarne la mercificazione.
“Spazi della città”, ultimo ma non meno importante workshop, ha elaborato invece una campagna che, come suggerisce il nome, si incentra sulla rivalorizzazione di tutto quel patrimonio pubblico e privato che per un motivo o per un altro è stato abbandonato a se stesso: emblematico che queste tre giornate si siano svolte al Polo Carmignani mentre il progetto originario era svolgerle nell'Ex-Colorificio che, ahimè, è stato sgomberato, così come successivamente è stata chiusa la Mattonaia, altro spazio comunale talmente valorizzato da essere, prima dell'”ingiusta occupazione” condannata dall'Amministrazione Comunale, chiuso e abbandonato per ben vent'anni.
La prima iniziativa si è posta come obiettivo quello di annullare la negatività del federalismo demaniale che consente ai comuni di utilizzare beni demaniali indirizzandoli, però, soprattutto verso finalità economiche: l'idea è fare interpellanze ai comuni il prima possibile cercando di incanalare l'interesse delle persone verso questi beni e verso un loro utilizzo che abbia un senso comunitario e sociale piuttosto che monetario con la loro alienazione.
L'emergenza abitativa è poi un altro fronte d'azione per il quale la legge stessa prevede la possibilità di creare commissioni specializzate, in grado di fatto di prorogare gli sfratti: tali commissioni sono più l'eccezione che la norma, il workshop ha pensato quindi di insistere nel futuro prossimo in tal senso.
La terza iniziativa si è posta come scadenza la fine di dicembre e ruota intorno alla riappropriazione da parte della cittadinanza degli spazi pubblici trascurati. «Questa iniziativa – afferma Tiziana Nadalutti, relatrice del laboratorio – andrebbe fatta in una giornata unica per tutte le realtà cittadine in maniera tale da dare maggiore forza all'operazione» [qui]. In definitiva tante ed ottime iniziative che forse, stavolta, potranno essere portate avanti con forza e determinazione.
Tante città ribelli, una forza politica e sociale che fa quello che la (pseudo)sinistra parlamentare non fa: mettere in discussione il modello economico e di sviluppo vigente. Le Città in Comune hanno creato un paradigma di alternativa convincente basato su partecipazione e sostenibilità. Non è certo una novità ma stavolta, forse, è la volta buona che si concretizzi veramente qualcosa. Perché, come dice il detto, l'unione fa la forza.