Come location dell'evento è stata scelta la zona agricola detta Culatta, nell'estremo sud della Tenuta fra Cascine Nuove e la Palazzina, contigua a via delle Lenze, dedicata esclusivamente a mezzi di servizio ed emergenza. Per ovviare agli ovvi problemi di viabilità l'amministrazione sta valutando l'attivazione di un collegamento dalla parte del viale d'Annunzio, costruendo un ponte di legno carrabile: l'ipotesi più accreditata è quella di creare un passaggio per auto dalla rampa dove si trovava l'accesso al vecchio Ponte Vittorio Emanuele, per ritrovarsi alla fine in Cascine Nuove.
Il presidente della regione Enrico Rossi la definisce come una “sfida che dimostrerà che si può convivere con l'ambiente senza fare danni”. Ma questo affermato su quali basi? È stato elaborato un piano serio ed efficace di tutela ambientale? Verrebbe anzi da chiedersi quanto sia responsabile scegliere un parco naturale per eventi di tale portata.
A questi interrogativi ci risponde Alessandro Spinelli, naturalista ed autore di uno dei più completi libri sulla storia, l'ambiente e la fauna della Tenuta di San Rossore («Conoscere San Rossore»):
«Innanzitutto la zona su cui intendono costruire la cosiddetta “città delle tende” è sì agricola, ma anche zona di pastura degli uccelli del parco e non solo e se il progetto andasse in porto ne conseguirebbe senza dubbio un impatto ambientale estremamente forte – spiega Spinelli. – Ma il reale problema è senza dubbio alla radice stessa dell'evento: 35mila persone stanziali nel Parco, aggiungendovi poi il grande afflusso per assistere alle funzioni del papa, avrebbe ricadute sull'intera Tenuta. Un enorme problema è rappresentato dal fatto che la zona della Culatta non ha nessun tipo di struttura ricettiva: come fare per soddisfare i bisogni di una quantità simile di persone? Dovranno essere create dal nulla strutture igieniche, di depurazione dell'acqua, cucine e punti di ristoro; saranno necessarie inoltre la corrente elettrica e l'acqua, anch'esse mancanti nella zona».
«Queste strutture che il Parco e la Regione costruiranno in zona e che avranno un costo alquanto elevato, inoltre, che fine faranno? – si chiede Spinelli. – Al termine della Route saranno smontate o rimarranno in loco? Razionalità vorrebbe che vista la spesa venissero riutilizzate in futuro per altri grandi eventi. In definitiva, se così fosse, si tratterebbe di un ulteriore svendita di San Rossore ed di un allontanamento ulteriore del Parco dai suoi reali scopi».
Il pericolo, evidentemente, è che si venga a creare un precedente, a partire dalle strutture ma non solo, col quale poi far breccia nell'agibilità del parco a fini diversi da quelli fissati per un tale luogo. Al momento tutta la questione è passata abbastanza in sordina e da novembre non vi sono aggiornamenti rilevanti né sul piano organizzativo, né tanto meno sulla presenza del pontefice. Allo stesso modo pure associazioni ambientaliste come Legambiente e WWF sono rimaste in silenzio, per non parlare della direzione del Parco stesso che si dice, come accennato all'inizio, entusiasta dell'evento. Va infine considerato che l'accampata si terrà in un periodo di massima siccità, rendendo incompatibile la presenza di migliaia di persone ai bordi di un'area boschiva particolarmente vulnerabile ai rischi di incendio: un ulteriore problema per l'organizzazione della sicurezza e la salvaguardia della zona.
Nel contesto italiano vengono praticati ormai da anni tagli sempre più massicci ai fondi concessi agli Enti parco rendendo sempre più difficili le loro attività, di tutela del territorio e di sviluppo sostenibile delle comunità locali, che sono spesso prevaricate da interessi lobbistici di varia natura, meno che mai con intenzioni che vadano oltre le semplici logiche del profitto. Ma ugualmente dannoso rischia di essere un Comune che segua politiche basate su una scarsa cultura naturalistica, approcciandosi all'ambiente in maniera puramente economicistica.
Restiamo in attesa, pertanto, di una risposta dell'amministrazione di Pisa, sperando che comprenda le criticità evidenziate e la differenza sostanziale che intercorre fra un parco naturale e un parco pubblico.
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