Nato a Locri (RC), il 28 Febbraio 1988, attualmente vivo per studio a Pisa. Sono un allievo specializzando presso la scuola di specializzazione in beni archeologici dell’Università di Pisa, dopo essermi laureato in Archeologia nel 2012. I miei interessi spaziano dall’ambito culturale (beni storico-archeologici soprattutto), alla tutela e alla salvaguardia del paesaggio. Svolgo attività politica nella città che mi ospita e faccio parte di un sindacato studentesco universitario.
Umanità oltre il mare
“Compresi che i monti, i mari, i fiumi chiamati confini naturali, si sono formati antecedentemente all’uomo, per un complesso di processi fisici e chimici, e non per dividere i popoli.”
B. Vanzetti, “Una vita Proletaria”
La fortezza Europa trema, la fortezza Europa scricchiola sotto le urla di esseri umani in cerca di speranza. Questo è il “responso” che viene dal mare da quel maledetto canale largo 145 Km. Il canale di Sicilia al centro del mondo ormai da tempo immemore, corpi “spiaggiati”, esseri umani ridotti allo stato animalesco pur di brandire la minima speranza di un futuro degno. La retorica di chi tende a fare da “elemosinante” oppure quella becera dei “aiutiamoli a casa loro”, due visioni indegne, due visioni che obliterano completamente un concetto ben preciso: dignità.
Tavole imbandite
La fase storica che stiamo attraversando, è complessa difficile non solo per chi vive realmente i problemi che affliggono la società. Il capitalismo stesso ha bisogno di mutare di modificare i propri punti fissi, all’interno di una fase dove il cambiamento epocale sta creando disuguaglianze incredibili. Da un po’ di anni ormai l’economia turbo capitalista ha cercato di far intendere agli individui che lo spirito caritatevole è la vera base di una sorta di welfare o per meglio dire nuovo welfare. Non uno status quo di diritti tendenti verso una sorta di uguaglianza sociale, ma usando il paragone della tavola imbandita, trasla la politica delle briciole post-prandiali alla vita reale.
Tempo fa lessi su Il Manifesto, pochi giorni dopo l’apertura di Expo 2015, un interessante articolo dell’economista Guido Viale. Durante la trattazione del tema nell’ articolo specifico Viale parla di trickle-down economy, la teoria del cosiddetto sgocciolamento. Viviamo in un mondo in cui i più ricchi hanno l’unico e inviolabile diritto di sedersi attorno alla tavola buona, quella fatta di diritti (mai di doveri) quella condita dai profumi del buon cibo e dagli odori sani della dignità determinati dalla facoltà di scegliere il meglio per la propria vita. Poi ci sono gli ultimi, oggi più che mai la maggioranza, con una forbice sociale nettamente allargatasi. Questi disgraziati aspettano, attendono, cosa? Probabilmente le briciole.
La FIFA di uno scandalo annunciato.
Un terremoto, uno sconquasso quello apertosi per la Fédération Internationale de Football Association, conosciuta semplicemente con il celebre acronimo FIFA. L’organo per eccellenza, istituzionalizzato del mondo del calcio, con sede a Ginevra guidato ormai da quattro mandati dallo svizzero Sepp Blatter.
L’organo fu fondato a Parigi il 21 maggio 1904 e si occupa tutt’oggi dell'organizzazione di tutte le manifestazioni intercontinentali di calcio futsal e beach soccer. Gli interessi che girano attorno ad un organizzazione così importante, organizzatrice e promotrice dell’evento sportivo più importante del mondo (il mondiale di calcio) sono innumerevoli.
Nell’era del capitalismo più sfrenato purtroppo non stupisce tutto ciò, come non stupisce il teatrino smascherato, forse con colpevole ritardo, in questi travagliati giorni per il mondo del pallone e non solo.
Lo scandalo è scattato con arresti all’alba della mattinata dello scorso 27 Maggio. Il casus belli determinante riguarda un capitolo d’inchiesta per le tangenti nella Fifa relative all'assegnazione dei mondiali e ad alcuni accordi per marketing e diritti tv, indagine partita addirittura dagli Stati Uniti. Sono stati arrestati nel blitz di Zurigo sette dirigenti dell'organo di governo del calcio mondiale presto estradati negli Usa. La sfondo della farsa è stato il Baur au Lac, l'hotel dove si svolgeva il meeting annuale della Fifa durante il quale il presidente uscente Sepp Blatter affrontava la sfida del principe giordano, Ali bin Al Hussein.
Joseph Blatter risulta indagato dalla stessa Fbi ma per ora non è inserito tra i volti identificati dal dipartimento della Giustizia Usa, i quali sono accusati di corruzione.
Il filone d’inchiesta ha fatto emergere pure il nome di un’importante azienda celebre per la “vestizione” degli atleti.
Tutti temi da sviluppare, tutti temi da far emergere con chiarezza, finalmente.
Blatter è stato rieletto, tutto ciò però non cancella le ombre su un personaggio piuttosto ambiguo, con un modo di intendere il mondo del calcio come un esclusivo affare personale. L’uomo d’affari svizzero non arriva agli alti onori della cronaca (nera), solamente ora dopo quattro mandati presidenziali. Le voci di dissenso durante il suo governo sono state diverse.
Ricorderò sempre una in particolare, fomentata da un acerrimo nemico del sopracitato presidente Fifa. Parole, slogan a firma Diego Armando Maradona. Era l’estate ’94, si giocavano negli Stati Uniti i mondiali di calcio arrivati in quell’occasione alla loro quindicesima edizione. Maradona, poco prima di essere fermato poiché risultante positivo al test antidoping, urlò al mondo dopo uno splendido gol all’incrocio dei pali contro la Grecia, il proprio dissenso verso Blatter quel modo di fare politica e la sua voglia di rivincita e riscatto.
Bisogna fare le dovute premesse, Diego è e sarà sempre ricordato come una persona con forti criticità a volte i suoi eccessi hanno rappresentato la sua rovina, però quell’urlo riuscì a colpire un bimbo di 6 anni. Sono passati ben 21 anni. Il calcio si è completamente chinato alle logiche speculative e ultra commerciali, forse uccidendo la passione insita quando istintivamente vedo e vediamo quando rotola un pallone. Lo scandalo Fifa era assolutamente preventivabile, come era assolutamente preventivabile il legame forte tra i grandi capitali (quelli poco trasparenti e il più delle volte sporchi) e l’organo rappresentativo dello sport più amato al mondo. Non mi stupisce tutto ciò, mi stupisce la voglia di conservatorismo ideologico che alberga in quel mondo e negli universi paralleli che lo circondano. Negli anni anche in Italia abbiamo assistito a scandali di corruzione e truffe indecorose. Il tifo, la passione i colori inflazionati completamente rispetto alla becere logiche di mercato. Qualcuno però, in un lungo bagno d’umilità, ha mai cercato veramente un’alternativa?
La risposta è chiaramente negativa, e lo vediamo anno dopo anno. Società dichiarate fallite, accordi tesi a monopolizzare il mercato dell’offerta mediatica per seguire anche solo per svago una partita di pallone, a noi le briciole di uno sport completamente snaturato. Il calcio, lo sport di squadra per eccellenza ormai diventato la gara dell’individualismo. Le alternative però che il calcio popolare negli anni ha provato a dare ci sono e con mille difficoltà resistono e danno fantastiche risposte. La nostra penisola è costellata di progetti nati esclusivamente dal basso, tesi a far rinascere la vera passione per questo sport. Azionariato popolare, partecipazione collettiva, impegno sociale; tanti esempi: Quartograd, Spartak Lidense, Ardita e così via. Può però bastare?
Sicuramente è un inizio positivo e assolutamente meritorio, è necessario però capire come far sposare questi bellissimi fuochi di “rivolta” con l’attuale stato delle cose che ci circondano, perché il calcio e gli sport in generale tornino veramente ad essere patrimonio di tutti e tutte. Gli organismi di controllo del calcio sia a livello continentale che mondiale subiscono l’influenza eccessiva di super capitali privati, ripartire da una “nazionalizzazione” dello sport sarebbe già un passo avanti. Sicuramente garantirebbe più controllo ed eviterebbe furbate di mercato (diritti tv ecc.)
Chiosa finale; il calcio è uno sport popolare, nelle periferie (come già anticipato precedentemente) di Roma, Napoli e via dicendo è tornato ad assumere la connotazione originaria. I valori veri quello che esso reca sono incontrovertibili, quelli no gli scandali non ce li porteranno mai via.
Nella Guerra di posizioni.
Il 24 maggio 1915 l’Italia, con una mossa strategica (?) decise che era arrivato il momento di entrare in guerra sostenendo e partecipandovi con la storica triplice intesa.
Era il tramonto della belle epoque, una sorta di Pax augustea in salsa primo-novecentesca, era il periodo delle prime vertenze sociali; la Cgil era nata nel 1906, i movimenti dei lavoratori si affacciavano prepotentemente sotto la bandiera socialista e in Russia era stata repressa nel sangue la rivolta del 1905 dopo la Domenica di sangue del Gennaio 1905 a Pietroburgo, preludio della futura rivoluzione bolscevica.
Cancellare nel(la) città
Le immagini dello scorso primo Maggio duranta una “calda” inaugurazione di EXPO 2015, sono rimaste nelle mente di molti. L’estetica del conflitto ai suoi massimi livelli, nella sua versione meno adatta e meno funzionale alle istanze che quella grandissima massa di individui reclamava a gran voce. I “neri” si sono presi la scena tra fiamme e atti poco qualificanti in barba al vero corteo quello pieno di idee e proposte perché un “no” non vuol dire negazione ma è incipit di proposte antagoniste rispetto al messaggio finto trasmesso in mondovisione da Renzi e i padrini (con accezione negativa) di questa manifestazione.
È Bene! Quando è comune.
La redazione di questo personale contributo non vuole, nelle intenzioni di chi scrive, portare alla solita riflessione esegetica sul significato dei beni comuni oggi declinandolo sul piano nazionale, o essere l’ennesima pagina di un dibattito aperto da tempo e mai (purtroppo) concluso.
La riflessione prende spunto dall’avanzata in questi ultimi anni di azioni umane determinate da quello che si può perfettamente classificare come turbocapitalismo, un processo di totale smembramento delle collettività. La storia, del resto, ha insegnato; chi detiene il potere sia politico ed economico deve necessariamente dividere. Dividi et Impera dicevano i romani, a cui seguiva la frase pre-confenzionata: Parcere subiectis et debellare superbos (in soldoni “buoni” con i sottomessi, e cattivi fino a debellarli con i superbi). Non è mia intenzione partire seguendo un’iperbole storica lunga duemila anni, del resto il nostro mondo si basa ovviamente, su presupposti completamente differenti.
I semi della rivolta
La lunga storia della lotta alle mafie alle ingiustizie e alla disuguaglianza sociale, ha tantissimi attori. Uomini e donne pronti a dare la vita, in pieno spirito socratico, per difendere, ma soprattutto per far valere le proprie idee. Luce abbagliante che deve arrivare alle comunità troppo spesso depresse e represse da ritmi quotidiani e da concezione del sociale come qualcosa di avulso rispetto al contesto in cui si vive. Finiamo per isolarci, per buttarci giù senza una via maestra da seguire. I detentori del potere hanno un unico obiettivo dividere per rendere tutto il resto debole, facilmente attaccabile. Le comunità spesso si sono mosse in impeto d’orgoglio anche grazie alla sapienza e alla temerarietà degli “attori” di cui sopra.
Anime senza confini.
“Se voi avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri.”
Don Lorenzo Milani
"Non è la materia che genera il pensiero, è il pensiero che genera la materia"
Cervelli da macello. Perché la nostra società si è "evoluta", ha fatto un passo in avanti: la modernità non solo stupra la carne ma, notizia fresca dell'ultima settimana, ferisce l'intelligenza di tutti e di tutte.
Nel mutamento politico che sta attraversando il vecchio continente, all’interno di un quadro complessivo che vede una crisi delle socialdemocrazie novecentesche con la nascita di tanti “presidi” post-democratici, gli spunti per una riflessione a sinistra e verso un vero e proprio ribaltamento dell’esistente (che pare immutabile) esiste.
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