Erica Rampini

Erica Rampini

Sono nata ad Arezzo il 26 giugno 1987, dopo un diploma in lingue ho lasciato il mondo poliglotta per iscrivermi alla Facoltà di Scienze per i Beni Culturali, laureandomi nel lontano 2009 con una tesi su donne e Resistenza. Sono stata presidente dell'Udi aretina e attualmente sono membro nella Commissione Pari Opportunità della Provincia di Arezzo. Da qui si possono evincere le mie passioni: politica e diritti. Attualmente sono assessora nel Comune di Monte San Savino, ridente paesino in provincia di Arezzo

Pochi giorni fa in Inghilterra si sono celebrati alcuni matrimoni gay. La legge è stata approvata in via definitiva dal Parlamento nel 2013, con conseguente assenso reale del 17 luglio dello stesso anno. Un atto dovuto poiché in Gran Bretagna le coppie omosessuali godono già degli stessi diritti genitoriali delle coppie etero: possono ad esempio adottare bambini, ricorrere alla fecondazione assistita o alla maternità surrogata.  

Mercoledì, 12 Marzo 2014 00:00

Quote rose, male necessario

Ieri l'altro il Parlamento ha bocciato tre emendamenti alla legge elettorale in tema pari opportunità: almeno il 40% delle posizioni di capolista per le candidate (e il 60% ai candidati), parità di rappresentanza (al 50%) e alternanza di genere nella composizione delle liste. Questi tre No hanno subito riaperto il dibattito su quote rosa Si, quote rosa No, senza però che si vada ad approfondire bene la questione. Spesso, invece, basterebbe guardare chi ci è vicino per capire meglio.

Martedì, 13 Agosto 2013 00:00

Femminicidio: il decreto legge non basta

Finalmente il Governo ha partorito un decreto legge sul femminicidio. Erano mesi che se ne parlava ma ancora non avevamo visto niente. E invece eccola qua. Un decreto voluto fortemente anche dall’ex ministra Josefa Idem, e che per mio personale parere, l’aveva pensato in maniera totalmente diversa da quello che poi è stato presentato ieri. Non l’ho studiato attentamente ma da una prima analisi emergono dei punti non molto chiari né precisi.

Martedì, 25 Giugno 2013 15:23

Il Mugello in difesa della 194

Si torna di nuovo a parlare della 194. Il 19 giugno 2013 la direzione della Asl 10 di Firenze ha previsto la chiusura del servizio di Ivg nel presidio ospedaliero di Borgo San Lorenzo, presidio di riferimento della zona sociosanitaria del Mugello. Questo verrà trasferito presso lo IOT di Firenze, creando ovviamente notevoli disagi a tutte le donne che decidono di ricorrere a questo tipo di intervento. Fin dal primo momento alcuni partiti politici e la società civile hanno creato un coordinamento a difesa della 194, che sta lavorando sul territorio per evitare un’ulteriore sconfitta della Legge 194 e per garantire il diritto all’autodeterminazione delle donne. Ho intervistato alcuni esponenti del coordinamento per verificare con loro la situazione e capire cosa è stato fatto a livello politico.

 

Giovedì, 16 Maggio 2013 00:00

Contro il femminicidio, il metodo Scotland

Mentre ero a Londra mi arrivavano costantemente notizie dall’Italia su casi di femminicidio; quasi trenta donne uccise o ferite a morte dal gennaio ad oggi.

Giovedì, 25 Aprile 2013 22:47

Fecondazione assistita: ennesimo rinvio

Ennesimo rinvio alla corte costituzionale per una delle leggi più discusse in Italia. Stiamo parlando della “famigerata” legge 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita. Solo negli ultimi mesi abbiamo assistito a ben tre rinvii per legittimità costituzionale da tribunali diversi: Milano, Catania e Firenze.

Sabato, 23 Febbraio 2013 00:00

Una macabra soap opera mediatica

Il 14 febbraio mentre molte donne scendevano in piazza per il “One Billion Rising”, un flash mob internazionale contro il femminicidio, nei tg di tutto il mondo rimbalzava la notizia dell’omicidio di Reeva Steenkamp. Una giovane donna laureata in legge e testimonial per una campagna contro gli stupri, sempre a fianco delle donne per la difesa dei loro diritti; ma famosa soprattutto per la sua bellezza e per essere la fidanzata di Oscar Pistorius.

Lunedì, 04 Febbraio 2013 00:00

Memoria e diritti mancati degli omosessuali

Qualche giorno fa, e più precisamente il 27 gennaio, abbiamo celebrato la Giornata della Memoria. Questa viene istituita con la legge 211 del 2000, al fine di “ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonchè coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.

Spesso però ci fermiamo solamente sul primo aspetto e quindi sullo sterminio degli ebrei, ma, a volte, è giusto ricordare anche il resto. Perché nei campi di concentramento ci venivano deportati anche gli zingari, i disabili, gli oppositori politici e gli omosessuali; tutti coloro, cioè, che non rientravano nella normalità, nel puro progetto della razza ariana. È importante ricordarsi di tutte le vittime senza particolari distinzioni, soprattutto oggi, che si sta sempre più tornando al concetto di normalità. Ma cos’è la normalità? È un preconcetto che ci viene imposto dal mondo esterno senza reali dimostrazioni e prove concrete, non esiste la perfezione ma tante peculiarità.

Come mai abbiamo tanto paura del diverso? Cosa ci spaventa? Vorrei per una volta concentrarmi sull’omocausto e dimostrare che è forse un tema più attuale che mai. Contraddistinti da un triangolo rosa cucito sulla divisa a righe, gli omosessuali affollavano i campi di concentramento sparsi in tutta Europa; il loro dramma fu duplice: da un lato le torture naziste, dall’altro l’isolamento degli altri prigionieri; i gay erano ultimi tra gli ultimi. Molti di loro venivano castrati, a volte anche su propria richiesta, per dimostrare che volevano guarire dalla loro “malattia”, altri venivano usati per sperimenti scientifici.

L’ossessione nazista per i gay si era palesata già con la notte dei lunghi coltelli. Per Hitler esisteva “una congiura omosessuale che minava la concezione normale di sana nazione.” Deliri che non stupiscono, purtroppo, nemmeno oggi, visto che in alcuni Paesi l’omosessualità è un reato, non ultima la Russia di Putin. Notizia di pochi giorni fa l’emanazione di una legge nazionale che vieta la propaganda omosessuale. Da oggi sarà, quindi, reato parlare in pubblico di diritti, amori e qualunque altra cosa inerente al mondo gay. Ovviamente il termine propaganda è volutamente vago, così da poter essere utilizzato dal giudice a suo piacimento, decidendo di punire i “colpevoli” con multe fino a quindici mila euro. Nel mirino ovviamente artisti, attori, cittadini e contestatori, e di conseguenza stop a concerti, eventi, manifestazioni, ma anche a semplici baci scambiati per la via. La Russia non è un paese per gay e neanche per chi protesta. Oggi, come allora, i gay sono vittime senza voce e senza giustizia.

immagine tratta da static.blogo.it/queerblog

Martedì, 22 Gennaio 2013 00:00

Il pacco mamma e la Costituzione

Per una volta non voglio fare una denuncia o sottolineare il continuo scarso interesse dai mass media nelle tematiche di genere e dei diritti, intensi in senso lato. Ma voglio raccontarvi la mia esperienza che può servire ad altri amministratori locali. Io mi ritrovo ad essere assessore in un momento difficile a livello economico: blocco assunzioni, patto di stabilità e spending review sono i temi cardine di questa mia esperienza.

Siamo creativi o politici? Beh, oggi a mio avviso entrambi. Ma a volte nelle scelte che fai prevale la parte politica e dunque ci sono delle scelte che gli amministratori o le amministratrici devono fare per mandare segnali e per far capire quali sono le priorità che uno intende portare avanti.

Questa riflessione mi è sorta oggi quando ho consegnato il primo “pacco mamma”. Cos’è il pacco mamma? Sono una serie di prodotti che il comune regala, attraverso la farmacia comunale, a tutte le neomamme. A creme e salviettine si unisce un regalo “civico”: la Costituzione Italiana. Il semplice pensiero ha un valore commerciale di 50 euro, ma è comunque un’attenzione che l’amministrazione verso i futuri genitori.

L’iniziativa prende spunto da un progetto europeo sulle buone pratiche a favore della conciliazione tra vita individuale, famigliare e lavorativa. Quindi si, qualcosa si può fare, senza nasconderci dietro a delle scuse, vere non lo metto in discussione, ma comunque scuse perché è l’ora di fare delle scelte politiche intelligenti.

La nostra è stata quella di capire la necessità di un sostegno alla genitorialità (n.b. genitorialità e non famiglia) e sul senso universale di maternità, che deve essere “a carico” della società, e non della singola donna.

Mercoledì, 26 Dicembre 2012 00:00

Asili nido, parcheggi di lusso?

“L'asilo nido è una istituzione di carattere assistenziale ed educativo derivante da esigenze della società moderna: la madre, pur avendo il diritto di usufruire di periodi di assenza dal lavoro per il primo anno di vita del bambino, ha spesso difficoltà a provvedere all'assistenza del piccolo; qui si inserisce il nido, che le viene in aiuto accogliendo minori dai tre mesi ai 3 anni di età.” Questa è la definizione che viene fornita da wikipedia quando cerchiamo asilo nido.

In Italia questa istituzione nasce in ritardo rispetto al resto dell’Europa, soprattutto se ci riferiamo a quello pubblico. La legge che li istituisce è la 1044 del 1971, che definisce il nido come un servizio sociale di interesse pubblico, sottolineando così la sua funzione assistenzialistica e non educativa-sociale. Come possiamo notare, la nascita di questo servizio coincide con il momento del boom-economico, quando le donne entrano in maniera massiccia e significativa nel mondo del lavoro, e necessitano quindi di aiuti e di un welfare che permette loro di uscire di casa senza ulteriori preoccupazioni. Ed ecco perché il riferimento solo al carattere assistenziale, tipo parcheggio, dell’asilo.

In realtà le finalità di un nido sono altre: educative, affiancando i genitori nella crescita dei loro figli; sociali, offrendo ai bambini un luogo di socializzazione e di relazione con altri bambini loro coetanei; culturali, in quanto offrono un modello culturale che non opera discriminazioni nell’erogazione del servizio, e inoltre sono luoghi di promozione. Oggi, purtroppo, il valore sociale dell’asilo si sta smarrendo, dimenticandoci, così, la sua reale importanza.

È notizia di pochi giorni fa che le iscrizioni agli asili nido sono in netto calo anche nella fiorente e ridente Toscana. “Non abbiamo ancora dati definitivi sul fenomeno – ha dichiarato Stella Targetti, assessore regionale alla Pubblica Istruzione – ma questo ci dicono Comuni, soggetti del privato sociale e operatori del settore. Sono preoccupata per una tendenza che emerge e che, oltretutto, ha anche una ricaduta negativa sull’occupazione. La tendenza a iscrivere numeri sempre minori di bambini ai nidi è chiara ed è diretta conseguenza della grave situazione economica, che colpisce in particolare donne e giovani”.

Il nido diventa un lusso per un numero sempre maggiore di famiglie. Questa è la cartina di tornasole di una crisi che colpisce duro da farci regredire agli anni Quaranta, con le mamme relegante in casa a badare ai figli. Le mamme che hanno perso lavoro si dedicano alla cura della casa e dichi vi abita, figli inclusi; a volte si fa ricorso, per risparmiare, ai nonni, sempre se questi siano in pensione o comunque disponibili. Una fotografia doppiamente sconvolgente. Da un lato perché evidenzia le difficoltà economiche delle famiglie, dall’altro perché gli esperti concordano sull’importanza di far frequentare ai bambini il nido. Certo, i servizi di infanzia costano, ma tutti i Comuni attuano politiche di riduzioni ed esoneri, pur di incentivare la partecipazione dei più piccoli.

L’isolamento casalingo dei bambini comporta anche dei problemi di sviluppo delle loro capacità relazionali; i nonni, pur svolgendo perfettamente il loro ruolo, non si possono sostituire ad educatrici ed educatori preparati e formati, e soprattutto, non posso diventare coetanei dei loro nipoti, condividendo con loro giochi e passioni. La situazione è dunque allarmante, ma non dimentichiamoci anche dall’altro aspetto della medaglia, cioè la perdita di posti di lavoro. Il calo di iscrizioni, fa, ovviamente, diminuire il numero di addetti e assistenti dentro gli asili, e spesso, chi vi opera, sono donne e ragazze, diventando così una crisi ciclica e senza uno spiraglio di uscita. Non voglio concludere con i soliti discorsi e riflessioni, e per questa volta le lascio fare a voi, sono state giuste le politiche adottate dal governo Berlusconi prima, e dal governo Monti poi, per incentivare il lavoro femminile e giovanile?

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