Niccolò Koenig

Niccolò Koenig

Nato a Pisa nella seconda metà degli anni 90 da padre tedesco, comincio ad interessarmi giovanissimo alla politica, studentesca e nazionale. Faccio parte dell'Unione degli Studenti, sono un iscritto dell'ultima leva dei Giovani Comunisti e milito nella LINKE tedesca. Alla passione per la politica si accompagnano quella per la musica, il cinema e la letteratura.

Il prezzo del potere - Erdogan, esercito, ISIS e fascisti turchi contro il PKK nella lotta per il governo del paese

Da un mese è caos totale in Kurdistan. Dopo l’attentato di Suruc in cui hanno perso la vita decine di giovani socialisti turchi, rivendicato dall’ISIS e con ogni probabilità favorito e agevolato dalla Turchia, e la rappresaglia del PKK - l’uccisione di due poliziotti apparentemente affiliati allo Stato Islamico nel sudest della Turchia - l’intera area si è ancora una volta trasformata in teatro di guerra.

Breve passo indietro: il Kurdistan irakeno è conteso fra le forze di difesa curde, tra cui i combattenti del PKK, e lo Stato Islamico. In quella regione, il PKK, la forza comunista e indipendentista fondata da Abdullah “Apo” Öcalan - ora rinchiuso, unico detenuto, su un’isola-prigione turca adibita a carcere di massima sicurezza - ha spesso e a ragione rivendicato di essere stato l’unica forza organizzata a resistere nei giorni della dirompente avanzata dell’ISIS, mentre esercito regolare irakeno e peshmerga governativi si ritiravano abbandonando nelle mani dello Stato Islamico tonnellate e tonnellate di costoso materiale bellico americano. Materiale bellico che l’ISIS riutilizzava scrupolosamente contro il PKK, unico a resistere anche se armato di vecchi kalashnikov, con zero o quasi supporto aereo da parte della coalizione internazionale e le frontiere alle spalle chiuse dall’esercito turco, che permetteva il passaggio all’ISIS ma lo impediva alla guerriglia curda, sabotandone coscientemente la resistenza.

Uomini Senza Legge e la questione ancora aperta del negazionismo occidentale

L’aspetto forse più piacevole dello scrivere recensioni - di qualsiasi tipo - è il potersi permettere di scrivere e concentrarsi anche su pellicole uscite diversi anni fa, senza doversi fossilizzare su quelle in uscita recente. In questo caso, la mia scoperta di Uomini Senza Legge (titolo originale: Hors-la-loi, Francia/Algeria, 2010) è avvenuta un po’ per caso. Non perché non fosse un film noto - anzi. È stato candidato all’oscar nel 2011 come miglior film straniero e alla 63esima edizione del festival di Cannes.
Nonostante possa sembrare, nel 2015, un film vecchiotto da recensire, la chiave non sta nella trama, seppur avvincente, ma nelle reazioni che ha scatenato nell’opinione pubblica.

Venerdì, 02 Gennaio 2015 00:00

Ken Loach torna in Irlanda

Jimmy’s Hall - Ken Loach torna a raccontare l’Irlanda: storie di odio, di amore, di rivoluzione.

Lotta di classe a trecentosessanta gradi nel nuovo film di Ken Loach, ambientato nell’Irlanda degli anni trenta. Quando il leader comunista Jimmy Gralton torna nella contea natale di Leitrim, dopo anni di esilio forzato in America, decide di riaprire la Pearse-Connolly Hall, sala da ballo che aveva costruito prima dell’emigrazione per permettere ai contadini del posto di ballare liberamente, leggere, discutere e emanciparsi dal tirannico monopolio che la Chiesa locale esercita sull’istruzione. Contro la riapertura della sala, dove Gralton mette ampiamente in circolo le sue idee rivoluzionarie e radicalmente anticlericali, si scagliano padre Sheridan, austero e anticomunista prete locale, e le formazioni fasciste della Contea. Per Jimmy, che aveva deciso di abbandonare la vita spericolata di un tempo e dedicarsi interamente

I beccai si sono attivati per chiedere alle forze politiche della sinistra italiana la loro posizione rispetto alla situazione palestinese. Ecco qui la prima intevista!

Una punizione collettiva e immotivata. Ecco che cosa è l’attacco israeliano di queste ore; mentre il mondo, la politica, l’opinione pubblica fa finta di non vedere gli oltre novanta morti di Gaza e si concentra sui mondiali, il governo israeliano approfitta di un omicidio compiuto da frange di islamisti radicali in una zona sotto controllo israeliano per incolparne tutto il popolo palestinese. E bombardarlo con la complicità degli USA e della NATO.

Questa operazione militare compiuta da uno stato imperialista interessato solamente ad espandere il proprio dominio e a schiacciare “il nemico” non è altro che un attacco a orologeria cinico e sadicamente mirato a destabilizzare il processo di pace. Pace che aveva debolmente preso piede in Palestina con l’accordo Hamas-Fatah e che ora le bombe israeliane che piovono sui civili scardinano, ridando politicamente forza all’ala palestinese estremista.

Dopo mesi di permanenza forzata in Spagna, l’attivista basco Lander Fernandez, insieme al compagno Aingeru Cardaño, tornerà a Roma, la città dove era stato arrestato con un’operazione di polizia in grande stile degna di un pericoloso terrorista il 13 giugno 2012.

Le accuse, tanto ridicole quanto infondate, si riferivano ad alcuni scontri armati nei Paesi Baschi in seguito ai quali Lander sarebbe stato identificato dalla polizia come etarra (membro dell’ETA, il gruppo armato che in Euskal Herria combatte per la libertà e l’indipendenza). In seguito a questo riconoscimento, secondo la procura di Roma, l’attivista sarebbe fuggito in Italia, unendosi al già cospicuo gruppo di militanti baschi in esilio forzato a Roma. Subito la richiesta d’estradizione da parte della magistratura spagnola, tristemente famosa per la sua ferocia nel perseguire gli attivisti politici e per la repressione violentissima che da anni e anni attua nei confronti della sinistra indipendentista basca. Basti pensare che nei Paesi Baschi in soli dieci anni il tribunale supremo spagnolo ha reso illegali oltre quaranta associazioni, gruppi e giornali. Chiunque solo si azzardasse a criticare questo metodo repressivo viene prontamente accusato di connivenza con l’ETA e, spesso, è arrestato.

Novembre 1918.

Sono gli ultimi giorni di guerra, i soldati tedeschi muoiono a grappoli sotto i gas e le bombe inglesi nelle Fiandre. Si prepara la pace di Versailles: l’imperatore Guglielmo II e Max von Baden, il cancelliere, stanno trattando con gli alleati.

Da mesi la capitale Berlino è sconvolta dalle proteste lanciate dallo Spartakus-Bund, la principale formazione comunista tedesca scissasi nel 1914 dai socialdemocratici della SPD.

Lo Spartakus invoca l’immediata fine della guerra e una riforma radicale di stampo socialista nel Reich, e in città scoppiano disordini.

È di pochi giorni fa la notizia dell’esplosione di una potente autobomba nel centro di Belfast, Irlanda del Nord. I sessanta chilogrammi di esplosivo plastico che sono saltati in aria davanti a un esercito di cronisti, civili ed esperti militari non hanno trascinato con sé vite umane, solo intonaco, vetri, macchine e il sonno di tanti residenti della città che si sono visti svegliare da un episodio che mai, da dieci anni a questa parte, si era verificato nella capitale dell’Ulster.

Post-elezioni al cardiopalma per la LINKE, il partito social-comunista tedesco che, dopo esserci presentato sotto lo slogan “100% SOCIALI” e aver sfiorato il 9% dei voti alle elezioni del 22 settembre scorso, deve ora fare i conti con una profonda divisione interna.

Per la campagna elettorale, uno sforzo collettivo verso l’obiettivo comune del miglior risultato ottenibile, le differenze intestine sono state unanimemente messe da parte, per essere tirate fuori una volta concluso il periodo delle elezioni.

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