In Inghilterra quasi tutti i quotidiani hanno sbattuto la notizia in prima pagina, mentre in Italia il fatto ha faticato a conquistarsi un po’ di spazio. Infallibilmente, poche ore dopo l’esplosione, è arrivato il comunicato: “l’esplosione di stanotte è stata provocata da una nostra azione”. La firma, scarabocchiata in basso a destra, era “Oglaigh Na hEireann - the new IRA”.
Oglaigh Na hEireann, che in gaelico significa “volontari d’Irlanda”, è la definizione che da tempo immemorabile usa per firmare le proprie azioni il movimento repubblicano irlandese, e in particolare il suo braccio armato, l’“Irish Republican Army” o IRA. Il movimento repubblicano, nato nel 1800 con l’intento di scacciare le truppe di occupazione inglesi dalla propria terra e di instaurare in Irlanda una repubblica socialista, cattolica e nazionalista, ha da sempre fatto ricorso alla violenza. Violenza di cui l’IRA ha fatto la sua bandiera in oltre un secolo di lotta armata.
Dal primo “esercito repubblicano irlandese”, quello di Michael Collins e della rivolta del 1916, il nome IRA è arrivato, dopo un lungo periodo di scissioni, caos e regolamenti di conti interni, al gruppo terrorista che si oppone alla divisione dell’Irlanda in due parti, la Repubblica d’Irlanda con capitale a Dublino e l’Ulster, o Irlanda del Nord, con capitale a Belfast, sottoposto al controllo militare inglese e retto da un governo-fantoccio di protestanti controllati da Londra.
Dal primo esperimento di forza armata repubblicana, un esercito di contadini e operai armati di vecchi fucili Remington e di bombe molotov che insorsero tra il 1916 e il 1921 scacciando gli inglesi dal Sud dell’Irlanda e costringendoli a riparare nel Nord, il carattere dell’organizzazione è molto cambiato. Oggi, al posto delle molotov vengono usate autobombe di plastico, strategicamente piazzate davanti alle basi militari, o sofisticati fucili di precisione (donati all’IRA da Gheddafi) per abbattere i soldati nemici di pattuglia.
Per 30 anni l’Irlanda del Nord ha sofferto sotto una guerra civile senza quartiere, condotta dall’IRA da una parte e dagli inglesi, con i loro alleati protestanti, dall’altra. Agli elicotteri, agli arresti di massa e allo spionaggio militare dei britannici, gli irlandesi opponevano bombe e omicidi, ma anche l’arma della sommossa popolare e del digiuno in carcere, come Bobby Sands e i dieci prigionieri dell’IRA che si lasciarono morire di fame in carcere nel 1981 per protestare contro le condizioni disumane delle prigioni inglesi.
Infine, nel 1998, IRA e inglesi hanno sottoscritto un trattato, il Good Friday Agreement, in cui si poneva bilateralmente fine alle ostilità: Nord e Sud dell’Irlanda sarebbero rimasti divisi, ma i britannici erano disposti a fare concessioni ai repubblicani riguardo al governo e alla politica interna dell’Ulster.
Ma qualcuno ha deciso di non starci. Gridando che il trattato era un tradimento alla causa, quella causa per cui si erano immolati, tra gli altri “martiri” dell’IRA, anche Bobby Sands e i suoi compagni, si sono staccati dall’IRA gruppetti intenzionati a continuare la guerra. “Die-hards”, dicono gli inglesi, gente dura a morire; teste calde, fanatici, elementi radicali e fuori controllo che hanno formato nuove organizzazioni, con nuovi nomi, nuove armi e vecchi scopi: i cosiddetti gruppi “dissidenti”.
Composte da poche centinaia di militanti, le due organizzazioni che si definiscono eredi della causa repubblicana non hanno, ovviamente, la forza, gli armamenti e il seguito della vecchia IRA. La “Continuity IRA” è solo un gruppetto di terroristi in erba definiti addirittura “amatoriali” dall’esercito inglese. In venti anni, sono riusciti a compiere un solo attentato mortale, e sembrano essersi dedicati più al narcotraffico organizzato e al contrabbando che non alla lotta di liberazione irlandese. Già più pericoloso è il cartello di gruppi dissidenti che si è dato il nome di “New IRA”: la bomba esplosa in questi giorni a Belfast va sul loro conto, al pari di altre azioni terroristiche di un certo rilievo, come l’uccisione di due militari inglesi nel 2007 e una strage di 30 civili nel 1998.
Ancora oggi la società delle sei contee che compongono l'Ulster è profondamente divisa: di fatto, i cattolici irlandesi ne occupano gli scalini più bassi, facendo i lavori più umili e guadagnando meno. A questo va aggiunto il forte clima di paura e tensione che si vive, a causa delle frequenti rappresaglie e azioni ad opera dei gruppi unionisti ed orangisti (coloro che supportano il governo di Sua maestà). La crisi economica che tutta Europa sta vivendo si è scagliata con particolare forza sull'Irlanda ed è andata ad accentuare quei disagi economici e sociali che giacevano in ombra.
Aprendo la pagina web di qualsiasi quotidiano irlandese, ad esempio il Belfast Telegraph, si viene subito bombardati di messaggi rassicuranti secondo cui le forze di polizia dell’Irlanda del Nord (note per la loro brutalità) siano già da giorni al lavoro per impedire un picco di violenza intorno a Natale. Da anni si notano drastici aumenti nelle azioni armate repubblicane in questo periodo, e qualcuno ipotizza che ciò sia legato al più alto numero di militari in libera uscita, che rappresentano bersagli facilmente raggiungibili.
A Belfast e dintorni, la polizia ha già montato un alto numero di posti di blocco e si prepara per una raffica di perquisizioni e arresti natalizi. I dissidenti, a loro volta, risponderanno con altre azioni, altri omicidi, altre bombe.
Natale è il periodo preferito per fare del bene. In Irlanda del Nord, evidentemente, anche quello per fare del male.