È la dottoressa Isetta Tosini direttrice del laboratorio di biologia ad accompagnarci nel tour attraverso le sale dove operano i restauratori, in occasione della visita organizzata dall'associazione “città nascosta”.
Per prima cosa la dottoressa introduce la storia dell'Opificio, di come nasce con Ferdinando I de' Medici quale laboratorio esclusivo di pietre dure e mosaici e poi di come perde importanza di pari passo al declino e la caduta della famiglia fiorentina; in seguito la rinascita nel 1966 anno dell’alluvione di Firenze e la definitiva consacrazione nel 1975 come laboratorio di restauro per tutti i tipi di opere d’arte.
La Tosini parla quindi di com'è strutturato oggi il laboratorio, con il piano superiore diviso nei vari settori che si occupano più propriamente della parte scientifica del restauro e dello studio dei materiali da impiegare e il piano terra dove invece i restauratori si occupano della parte esecutiva, dell’intervento diretto sulle opere. È chiaro quindi che la collaborazione fra i due reparti è molto stretta e che l’uno non può prescindere dall'altro.
Il fiore all'occhiello dell'Opificio è la Scuola di Alta Formazione e di Studio, una scuola dalla durata quinquennale alla quale solo 15 allievi all'anno possono accedere attraverso concorso pubblico. Nonostante il livello di preparazione e formazione con il quale i ragazzi escono dalla scuola il loro futuro si prospetta alquanto incerto. La stessa dottoressa ci conferma che l’ultimo concorso pubblico per l’assunzione di nuove leve è stato quello al quale lei stessa ha partecipato che risale agli ormai lontani anni '80! Dopodiché il nulla.
Ottimi restauratori quindi che spesso per lavorare non hanno altra scelta che aprire attività in proprio o prendere partita iva e ciò esclude automaticamente chi non può permetterselo.
Il problema maggiore è che i settori del tessile e degli arazzi rischiano di chiudere poiché contano ormai soltanto un restauratore ciascuno; gli operatori andati precedentemente in pensione non sono mai stati sostituiti e se le cose continueranno così anche gli ultimi addetti rischiano di non essere rimpiazzati nel prossimo futuro.
Oggi l'ospite più illustre dell'Opificio è senz'altro l'Adorazione dei Magi di Leonardo trasportata in laboratorio l'autunno scorso sarà sottoposta ad un intervento di pulitura che cercherà di riportarne in luce i vari livelli di stesura pittorica mascherati dalle vernici utilizzate nei precedenti restauri ed oggi alterate.
Non mancano altre opere di pregio sulle quali attualmente si sta operando: la Croce di San Marco della scuola di Giotto, la Pala del museo di San Marco del Beato Angelico, le pitture strappate di Paolo Uccello provenienti dal Chiostro verde di Santa Maria Novella, un Botticelli raffigurante Sant’Agostino e appartenente alla chiesa di Ognissanti che presto partirà per una mostra in Brasile, le cinque tavole dell’ultima cena di Giorgio Vasari per le quali, a restauro terminato, sarà da decidere la collocazione.
In definitiva il lavoro c'è, le opere sulle quali intervenire arrivano con una certa continuità e non solo dal territorio italiano ma anche dall'estero. Il problema quindi rimane quello di cui ormai si parla da tempo ma a cui sembra non si riesca a trovare soluzione: mancano i fondi, manca di conseguenza nuovo personale da impiegare e quindi una prospettiva futura per uno dei più importanti centri di restauro al mondo.