Disilluso da una società che percepisce andar orientandosi sempre più verso un frivolo consumismo e un alienante individualismo, il giornalista californiano critica profondamente le nuove dinamiche dell’industria musicale americana, la ricerca spasmodica per le next big thing e la sempre maggiore personalizzazione della musica, ormai non più segnata da una serie di musicisti interessati a sviluppare idee artistiche alternative, ma fondata sul carisma della rock’n’roll star e sulla sua omologazione alle logiche di mercato che la hanno creata. Come anche in Philip Dick la paura è quella di una società sempre più chiusa e autoritaria in cui ogni spinta liberatrice, che per il critico di Escondido è spesso veicolata dall’arte, sia stata normalizzata. Bangs alterna fasi di profondo sconforto e frustrazione, di solitudine e nichilismo ad altre in cui sembra ancora attaccato all’illusione di una nuova forza liberatrice, in grado di affrancare la società dalle persistenti concezioni razziste e sessiste che la dominano.
Giornalisticamente è però un periodo molto attivo per Laster che, finita la sua presenza al Rolling Stone, scriverà con sempre più insistenza per Cream. A renderlo popolare nel suo ambito sarà il suo stile di scrittura, profondamente influenzato dalla beat generation: piena di cambi di registro, di bukowskiani contrasti fra lirico e volgare, di lunghe digressioni scritte di getto e di audaci associazioni di idee beatnik, il suo modo così personale di approcciarsi alla materia musicale comincerà a fare proseliti negli Stati Uniti.
Il suo rapporto di amore/odio con la produzione solista di Lou Reed, l’oscura musica garage anni ottanta, i primi vagiti hard rock e metal, sono l’occasione per Bangs di mettere in atto i suoi celebri flussi di coscienza in cui ogni album viene strettamente connesso a questioni socio-culturali di più vasta portata o a considerazioni esistenzialiste che, senza aver nessuna presunzione filosofica, si integrano in maniera stilisticamente ineccepibile con la digressione strettamente musicologica, grazie alla sorprendente capacità di Bangs di raccontare il senso di un disco e il perché esso meriti o meno le dovute attenzioni con apparente semplicità. Il suo capolavoro è probabilmente la recensione di Astral Weeks di Van Morrison, a distanza di 10 anni dalla pubblicazione del disco: un flusso torrenziale di pensieri in cui, senza ruffianeria ma con estrema naturalezza, elementi di tecnica musicale si intrecciano a dolorose vicende private e in cui amare riflessioni sull’esistenza si mescolano alla sua infinita passione per la musica, passione che trasuda da ogni riga fino a diventare sentita commozione di fronte a un disco che lo ha così profondamente segnato. La recensione di Astral Weeks, che si chiude con un confronto fra alcuni versi di Van Marrison e una poesia di Garcia Lorca è da molti considerata la più bella mai scritta in ambito rock e la più influente per tutta quella schiera di giornalisti che credono che il modo più genuino e sincero di parlare di musica, esprimendo a fondo le emozioni che l’ascolto provoca, sia quello di aprirsi e mettersi completamente a nudo di fronte al lettore.
L’ultima fase della breve vita di Bangs sarà segnata da un periodo di grande fermento musicale. Trasferitosi prima a Detroit e poi a New York, sul finire degli anni settanta avrà l’occasione di vivere da protagonista la nascita della scena punk e new wave (due etichette che lui stesso ha contribuito a coniare) proprio a New York dove, attorno al locale CBGB’s, molti degli artisti americani (Talking Heads, Patti Smith, Ramones, Richard Hell, Television) più influenti dell’epoca stavano muovendo i primi passi.
Lester Bangs verrà molto deluso dall’incapacità della nuova scena musicale di creare cambiamento sociale e di proporre nuove forme di libertà radicali insite nel messaggio punk ma inizia ad amare alla follia buona parte della vasta produzione new wave, meritevole di aver creato linguaggi sonori parzialmente originali (quando la sua casa andrà a fuoco, tornerà dentro per salvare dalle fiamme la sua copia di Metal Box dei PIL). La morte, avvenuta in circostanze misteriose, il 30 Aprile di 33 anni fa, a 33 anni, sembra sia dovuta a una overdose di Darvon, un banale tranquillante.
Morto semi-sconosciuto e nelle ristrettezze economiche, Lester Bangs è l’antitesi dell’altro grande critico musicale Simon Reynolds. Se quest’ultimo si fa apprezzare per il suo approccio ordinato, rigoroso e metodico, la travagliata esistenza del primo si rispecchia nel suo stile caotico, frammentario e discontinuo.
Rispetto alle opere di vasta portata del critico inglese, con le loro esaurienti analisi di intere scene musicali inserite puntualmente nel loro contesto socio-culturale (come nel capolavoro post-punk) e utilizzando uno stile quasi accademico, Lester Bangs, fedele al suo spirito beatnik, privilegia l’incompletezza e la disorganicità dei suoi numerosi scritti e recensioni prodotte in situazioni e in momenti differenti nel corso della sua esistenza.
Fortunatamente, oggi, tutti i suoi contributi più significativi sono raccolti nel libro Guida Ragionevole al Frastuono più Atroce (Psychotic Reactions and Carburetor Dung), un vero e proprio manifesto di un giornalismo militante volto a fare della musica rock un mezzo di emancipazione e non un settore del business economico. Lester Bangs è tutt’oggi uno dei più influenti critici musicali di sempre nell’ambito della musica popolare e uno dei massimi punti di riferimento per quanto riguarda la musica americana fra la fine degli anni sessanta e settanta.