Ma mai come quest'anno è stata chiara la cantonata che abbiamo preso in tutti questi anni. Limpida è risultata l'impronta che in realtà ha sempre contraddistinto il Lucca Comics and Games: l'inclusività, la transmedialità; che ormai è caratteristica di cui deve tener conto chiunque voglia fare cultura e riuscire a viverne.
A poco servono i lamenti per i bei tempi che furono, a Lucca hanno sbagliato poco o niente e i numeri parlano chiaro. L'edizione del cinquantesimo anniversario ha stracciato il record del 2014 ed è arrivata ai 271.208 biglietti staccati, oltre 500.000 i visitatori stimati nelle 5 giornate. Il nostro errore è stato non renderci conto che da questa integrazione non abbiamo che da guadagnarci.
Se è vero per esempio che il film di Rocco Siffredi stride parecchio con le proiezioni di La storia della principessa splendente di due anni fa, o con quella di Wolf Children dell'anno prima, per dirne due; è anche vero che per la prima volta abbiamo potuto avere ospiti del calibro di Frank Miller o Kazuhiro Fujita e Kaoru Mori, nonché il nostro Manara in una sola edizione.
Il pubblico stipava i padiglioni per le prenotazioni degli autografi già dal mattino presto, non appena venivano aperte le porte. Se il festival continua a mietere questi successi, forse siamo noi che siamo stati troppo ottusi sin'ora da capire che questa era la strada giusta.
Discutendo con amici a proposito di LuccaC&G poco prima che il festival iniziasse, mi sono ritrovata a scrivere che “non volevo che Lucca perdesse la sua anima” e poi mi sono detta, ma che cavolata... L'anima di Lucca siamo noi.
E nessuno ci toglierà gli incontri emozionanti, gli abbracci con le amicizie che si ritrovano magari solo lì perché uno viene dalla Sicilia e l'altro dal Piemonte.
Nessuno ci impedirà di sorridere di fronte all'ennesima coda e di gioirne un po' perché “cavoli, allora (autore X) piace ad un sacco di gente!”
Personalmente ho passato dei momenti splendidi a chiacchierare con delle studentesse durante l'attesa per la proiezione de La tartaruga rossa; l'ultimo film prodotto da Takahata l'anima più adulta e poetica dello Studio Ghibli.
Oppure al padiglione Napoleone mentre, emozionati ragazze e ragazzi, attendevamo che Kaoru Mori ci concedesse il suo tempo e il suo talento per regalarci uno sketch fuoriprogramma.
Il cuore del Lucca Comics and Games è ancora lì, nei nostri sorrisi di fronte alle difficoltà di una manifestazione così affollata in un centro storico che di certo non ha gli spazi del Tokyo Comiket o del SanDiego Comicon. Nella volontà di far funzionare le cose, nel lavoro instancabile dei ragazzi e delle ragazze dello staff che spesso si fanno il mazzo in cambio del solo pass. Nei negozianti e nei lucchesi che “siete tanti ma siete tutti bravi ragazzi educati”.
È lì l'anima del festival e nessuno ce la toglie, perché ce l'abbiamo dentro.
Anzi, sono molto d'accordo con Mauro Longo e il suo “Abbiamo vinto e non ce ne siamo neanche accorti.” Lucca Comics and Games è diventato il punto di riferimento non solo per gli appassionati ma per la gente normale.
Personalmente credo che se uno youtuber serve a far entrare un tredicenne al Games e a fargli provare anche un gioco da tavolo o di carte; e alla ragazzina ad emozionarsi con una graphic-novel che ha detto una mia amica ci ha pianto un sacco; allora ben venga, ripeto, abbiamo solo da guadagnarci.
Se Lucca fosse rimasta ingessata al solo Comics al palazzetto dello sport sarebbe forse più intima, certo, ma siamo sicuri che vogliamo perderci tutto quello che oggi può offrire e quello che con l'indubbio successo economico potrà offrire da ora in avanti?
Io no, non ci rinuncio e tra un anno sarò ancora lì a svegliarmi all'alba per sentire il mio autore preferito ridere alle nostre domande impertinenti, a veder disegnare quell'illustratore che sembra volare sulla tela.
E a vedere altri emozionarsi per cose diverse dalle mie e contaminarci, imparare, condividere.
Ci rivediamo a Lucca 2017.
Fotografia di Dmitrij Palagi