Il ciclo di Eymerich è senza fine. I suoi romanzi possono essere letti più volte senza mai perdere il loro coinvolgimento emotivo.
La società umana nasce in teoria (si dice) per impedire una condizione di barbarie e sfruttamento indiscriminato, in cui dominano i più forti, a prescindere da qualsiasi principio di giustizia. La Chiesa di Eymerich è (nella sua testa) un baluardo di ragione e volontà, a difesa di chi accetta la vera fede, l'unica in grado di garantire l'ordine. Il problema nasce, non nel romanzo, ma nella vita, nel momento in cui ogni sistema viene affidato all'uomo, essere in cui convivono elementi irrazionali e pulsioni represse da ogni orizzonte escatologico che abbia la pretesa di proporsi come esaustivo.
L'inquisitore domenicano si erge come un campione del tomismo in grado di non dubitare mai della propria volontà, seguendo la via della razionalità e provando a svelare ogni inganno del demonio, celato in qualsiasi forma di misticismo e magia. Nella battaglia per affermare la dottrina dell'aquinate quale unica forma di fede, il Magister dovrà di nuovo affrontare un nemico dai contorni sfumati, attraversando le contraddizioni interne alla cristianità e alle sue comunità. Gregorio XI, impegnato a tornare Roma, ponendo fine alla cattività avignonese, convince Eymerich a rinunciare alla calma a cui l'inquisitore crede ormai di "avere diritto". L'intrigo da dipanare coinvolge la misteriosa setta ispirata a Valdo e la scandalosa alleanza della corona aragonese con frange eterodosse dello spiritualismo. Non mancheranno creature mostruose ed opere di apparente negromanzia.
Eymerich risorge, Mondadori, pp. 278, € 20,00
Nato nel 1988 in Unione Sovietica, subito prima della caduta del Muro. Iscritto a Rifondazione dal 2006, subito prima della sconfitta de "la Sinistra l'Arcobaleno". Laureato in filosofia, un dottorato in corso di Studi Storici, una collaborazione attiva con la storica rivista dei macchinisti "ancora IN MARCIA".
«Vivere in un mondo senza evasione possibile dove non restava che battersi per una evasione impossibile» (Victor Serge)
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