Lo scorso 17 ottobre il Parlamento canadese ha dato il via libera alla legalizzazione della cannabis per uso ricreativo. Dopo l’Uruguay, il Canada diventa così il secondo paese al mondo a rendere legale la marijuana per tutti gli usi. Fortemente voluta dal premier Trudeau, la legge rende ad oggi il Canada il più grande mercato di cannabis legale al mondo, riaccendendo il dibattito in molti paesi sulla legalizzazione delle droghe leggere, argomento che questa settimana abbiamo deciso di trattare “a dieci mani”.
Leggere l’ultimo libro di Vera Pegna (Autobiografia del Novecento. Storia di una donna che ha attraversato la Storia, Il Saggiatore, 2018) è stato davvero emozionante e appassionante. Quest’ultimi non sono degli aggettivi scelti a caso ma sono i tratti comuni a tutta la vita dell’autrice. L’emozione e la passione dunque.
Déjà vu in Sicilia
L'espressione più appropriata per definire, in maniera accurata, le elezioni regionali siciliane è déjà vu. Un'espressione semplice, efficace ma di profondo significato che trova un riscontro storico e politico.
Caso Riina: let's talk about... carceri!
La Cassazione ha dichiarato che "Totò Riina ha diritto a una morte dignitosa". Poche parole negli ultimi tempi sono state oggetto, come in questo caso, di riflessioni (e speculazioni talvolta) se ad un boss mafioso debba o meno essere concesso il diritto di morire in pace.
Vincenzo Di Salvo, la voce che non muore
Lo scorso 18 Marzo, nell’ambito delle tappe di avvicinamento al XXI giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie (appuntamento regionale a Trapani), si è celebrata a Licata (Ag) la giornata in memoria dell’operaio e sindacalista dell’omonimo paese ucciso brutalmente da Cosa Nostra il 18 Marzo 1958, Vincenzo Di Salvo. Una giornata storica a cui hanno collaborato tra gli altri Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, Comune di Licata, AGESCI Licata, CGIL e FILLEA. Una data importante, nel (quasi)sessantennale della scomparsa del fervente Vincenzo DI Salvo, voce di lotta e speranza per una comunità intera, alle prese ieri (come oggi) con l’incipiente fenomeno mafioso. È la storia del nostro Paese, da Bolzano fino a Palermo, uomini che prevaricano altri uomini nel nome dell’ “onore” e del “rispetto”. Il parastato che si fa Stato dove quest’ultimo per precisa scelta politica troppo spesso è mancato, lasciando uomini e donne giusti troppo spesso a combattere soli una battaglia ardua quanto estremamente perigliosa.
Un ritratto ricordo di Mario Nicosia, testimone della strage di Portella, avvenuta il primo maggio del 1947 a Piana degli Albanesi.
Un uomo carismatico che ha vissuto la sua vita all'insegna dell'impegno civile antimafioso.
Lo rivedo attento con gli occhi vispi, con la mano tesa a stringere un'altra mano, il giornale sotto il braccio, i piedi ben saldi e la schiena dritta, il bastone che gli conferiva nobiltà, la stessa che gli ha permesso di iniziare e proseguire il viaggio verso la conservazione della memoria, ponendosi come testimone della strage di Portella delle Ginestre del primo maggio 47', avvenuta a Piana degli Albanesi, per mano mafiosa, di cui i mandanti però rimangono tutt'oggi ufficialmente ignoti, è infatti definita la prima strage di Stato.
Il nome che fa più rumore nell'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Firenze è quello di Fabrizio Palenzona, vicepresidente di Unicredit, indagato con altri manager della banca di reati finanziari, con l'aggravante di aver favorito Cosa Nostra. Quest'ultimo tassello riconduce al vero protagonista dell'indagine, il costruttore edile Andrea Bulgarella, accusato di riciclaggio e di favoreggiamento verso l'organizzazione criminale guidata dal latitante per eccellenza, il trapanese Matteo Messina Denaro.
Storie di uno Stato di mafia
Il nostro è un paese sedato, un malato cronico schizofrenico tenuto tranquillo, pronto a esplodere a seconda di determinati momenti in brevi attacchi isterici senza troppe conseguenze. Non si capisce quali siano i reali sentimenti della popolazione, nel confuso ma abilmente orchestrato valzer di notizie: immigrazione, riforme presentate con un tecnicismo ignorato da gran parte degli italiani, guerra allo Stato Islamico, cronaca nera ecc. In questo confuso e ciclico teatrino, portato avanti da una stampa sempre meno indipendente, la notizia dei funerali del boss mafioso Vittorio Casamonica irrompe come un fulmine a ciel sereno nei telegiornali e nella stampa cartacea, oscurando allo stesso tempo la notizia dell’inizio del maxiprocesso per gli imputati dell’inchiesta “Mondo di Mezzo”.
Con il voto in Senato, il cosiddetto “DDL ecoreati” ha incontrato l’approvazione definitiva a larga maggioranza lo scorso 19 maggio, concludendo un iter iniziato nel febbraio 2014 con la presentazione da parte del gruppo parlamentare del PD di un disegno di legge di disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente, poi integrato con le iniziative dei gruppi parlamentari di M5S e SEL.
Questo provvedimento si inserisce in un contesto normativo preesistente disorganico e dispersivo, drogato dall’inflazione di leggi specifiche. I fondamenti dei precedenti interventi normativi sono stati il principio della prevenzione del danno, con l’articolazione del sistema di valutazioni di impatto ambientale (le famose VIA, spesso troppo ottimistiche…) e permessi da parte di amministrazioni pubbliche alla realizzazione di opere potenzialmente dannose, il principio di precauzione per il contenimento del danno e il famigerato principio «chi inquina paga», tradotto dalla prassi in «chi paga può inquinare».
I semi della rivolta
La lunga storia della lotta alle mafie alle ingiustizie e alla disuguaglianza sociale, ha tantissimi attori. Uomini e donne pronti a dare la vita, in pieno spirito socratico, per difendere, ma soprattutto per far valere le proprie idee. Luce abbagliante che deve arrivare alle comunità troppo spesso depresse e represse da ritmi quotidiani e da concezione del sociale come qualcosa di avulso rispetto al contesto in cui si vive. Finiamo per isolarci, per buttarci giù senza una via maestra da seguire. I detentori del potere hanno un unico obiettivo dividere per rendere tutto il resto debole, facilmente attaccabile. Le comunità spesso si sono mosse in impeto d’orgoglio anche grazie alla sapienza e alla temerarietà degli “attori” di cui sopra.
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