Lunedì, 30 Aprile 2018 00:00

Intelligenza Artificiale

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Intelligenza Artificiale

Da Blade Runner a WestWord, verso un futuro popolato da macchine sempre più “intelligenti”. Dove può arrivare l’intelligenza artificiale?

La fantasia degli scrittori e dei registi distopici degli anni ’70 e ’80 ha prodotto la creazione di veri e propri capolavori del cinema e della televisione, come Blade Runner, Terminator o Westword (la serie attuale è infatti ripresa dal film “Il Mondo dei Robot” del 1973), in cui era ricorrente il tema della rivolta delle macchine contro l’uomo. Robot, androidi, umanoidi e simili in fondo sono entrati così nella nostra immaginazione e, lentamente, si sono rivelati sempre più vicini alla realtà. Lo sviluppo, parallelo e contemporaneo, dell’informatica ha portato all’esplosione della robotica come branca dal potenziale sviluppo infinito in termini di miglioramento e di utilizzo da parte delle società umane. Pensiamo solamente a una fabbrica di auto: se Henry Ford fu il pioniere del sistema della catena di montaggio1, inizio ‘900, in cui l’operaio ripeteva, nella sua postazione, sempre lo stesso gesto, la sostituzione dei robot agli operai è stata e sarà sempre più la rivoluzione nell’industria di fine XX – inizio XXI secolo.

Quindi, per ricapitolare, in un primo momento i robot sono stati utilizzati al posto degli operai, che restavano comunque indispensabili per manovrarli. Erano macchine non automatizzate, che dovevano essere manovrate da operatori specializzati. Oggi, invece, stiamo andando verso una rivoluzione fatta da macchine capaci di “prendere decisioni” come, se non meglio, degli uomini. Ma come funziona una macchina intelligente? E soprattutto, siamo sicuri che questo sorpasso avverrà? E se ciò accadesse, lo accetteremo di buon grado? L’intelligenza artificiale è, in qualche modo, l’evoluzione dell’informatica: i computer sono capaci di elaborare input per trasmettere output, tutto tramite un linguaggio fatto esclusivamente da una sequenza di zero e uno. Ricondurre tutta la complessità del Mondo al codice binario è stata, senza dubbio, una delle più grandi invenzioni della storia umana, un salto in avanti che ci ha letteralmente fatto cambiare prospettiva sulla realtà.

Le macchine computerizzate riescono dunque a muoversi e a compiere azioni in seguito ad una serie di comandi basati su input forniti dagli uomini (ecco dove è ancora necessaria la presenza dell’uomo); quando queste macchine iniziano a imparare dall’esperienza, a mettere in rapporto causale l’input con l’output, viene gradualmente meno la necessità della presenza umana al fianco della macchina. L’intelligenza artificiale consiste proprio in questo processo!

Prendiamo come esempio i computer progettati per giocare a scacchi o a Go2: queste macchine, all’inizio, erano capaci di rispondere alle mosse umane avendo immagazzinato un’enorme serie di scenari possibili ed essendo, con l’aumento della velocità di calcolo, in grado di andare a pescare dalla loro memoria lo scenario di gioco in cui si trovavano, in modo da rispondere secondo uno schema prefissato. Ma fondamentalmente le partite le vincevano gli umani. Poi arrivò Deep Blue3. Il computer IBM specificamente progettato per giocare a scacchi riuscì nel 1996 a vincere la prima partita contro un campione del Mondo, il russo Kasparov. La serie finì comunque 4-2 per quest’ultimo, ma un muro era caduto e, infatti, la versione successiva del computer vinse l’intera serie già l’anno dopo.

Da quei giorni, dal sapore pioneristico, siamo arrivati ad AlphaGo4, il sistema progettato da Google per giocare a Go, un gioco dell’Asia orientale in cui alla bravura e alla tattica è necessario aggiungere un’enorme dose di intuizione e di visione strategica a lungo termine, elementi molto difficili da poter trovare nei computer o in un sistema operativo. Ebbene, il sistema di Google è riuscito abbastanza velocemente a sconfiggere un campione di Go e lo ha fatto imparando dai propri errori, correggendosi e mostrando alcuni aspetti molto simili all’intuito umano. Lo scopo della IBM prima e di Google poi non era solo quello di vincere una partita a scacchi o a Go, ma bensì quello di sviluppare un sistema di intelligenza artificiale in grado, ad esempio, di guidare automobili, eseguire diagnosi mediche, stilare documenti legali o condurre trattative economiche.

Faccio un altro passettino indietro. Da tempo tutti noi usiamo internet e i motori di ricerca, questi (Google in testa) lavorano seguendo un semplice algoritmo che migliora la qualità della ricerca basandosi proprio sulle ricerche già fatte, cioè si autocorreggono. Se questa capacità di correzione riuscisse a integrarsi con la capacità di rispondere a stimoli esterni, avremo quella che viene definita intelligenza artificiale. Torniamo al presente. Una delle applicazioni possibili per l’AI si trova nella auto senza conducente. Lasciando stare ogni possibile questione etica, civile e penale, le auto di questo tipo, già in sperimentazione da parte di molte aziende (Google, Tesla, etc), si basano proprio su tutta una serie di recettori per stimoli esterni (distanza, presenza di movimenti, luci, suoni) che permettono al sistema di condurre il veicolo nel suo tragitto attraverso l’elaborazione dello stimolo in una successiva risposta.

Ma come funziona più “nel dettaglio” l’intelligenza artificiale? Per capire questo dobbiamo prima immergersi nel mondo dell’intelligenza umana. Il cervello umano è fondamentalmente una rete di neuroni collegati tra loro che ricevono stimoli dalla periferia del corpo e rimandano comandi ad essa per compiere azioni. Quello che noi chiamiamo “intelligenza” o “mente” è, dal punto di vista strettamente fisiologico, una serie di modulazioni degli impulsi elettriciche ogni neurone riceve e trasmette. Semplificando al massimo: un neurone singolo riceve uno stimolo e si attiva, l’informazione corre lungo la cellula fino alla sua terminazione, dove viene trasmessa al neurone successivo. Questo secondo neurone, però, non riceve lo stimolo solo dal primo, ma ha connessioni con numerose altre cellule, così che la sua attivazione risulta mediata. Inoltre quando un neurone, o un gruppo di neuroni, risultano attivati spesso insieme, le loro connessioni si rafforzano, dando vita a quello che chiamiamo memoria.

Nello stesso modo le reti dell’intelligenza artificiale funzionano grazie alla connessione di molti interruttori e alla strabiliante capacità delle nuove tecnologie di apprendere dall’esperienza, rafforzando o indebolendo alcuni canali d’informazione. Dobbiamo ricordare ancora che in informatica tutto deve essere ricondotto al sistema binario (zero/uno; acceso/spento), ma che collegando tra loro migliaia e migliaia di sistemi binari, possiamo immaginare come la rete, nel suo insieme, possa arrivare a rispecchiare bene ogni sistema complesso. Non si tratta più di ragionare sul singolo punto o nodo, ma di guardare alla rete neurale nella sua interezza. Questa è l’intelligenza artificiale nel bene e nel male. Nel bene perché il progresso può aiutarci in molti aspetti pratici della vita quotidiana, nel male perché i limiti di questo tipo di tecnologia sono, al momento, tanto evidenti quanto difficilmente  superabili.

Torniamo, per esempio, alle auto. Di poche settimane fa la notizia dell’incidente mortale che ha fatto sospendere negli USA i test sulle auto senza pilota. Cosa è andato storto? Semplice: la donna rimasta vittima dell’incidente stava attraversando fuori dalle strisce! È lapalissiano che morire per aver attraversato fuori dalle strisce non sia concepibile, ma per il modello di intelligenza artificiale semplicemente quella donna in quel punto non doveva esserci! Anche se il sistema adesso dovesse aver “imparato dall’errore” avremo già varcato quel limite dettato dalle tre leggi della robotica di Asimov5: i robot non possono causare danni all’uomo.

Gli aspetti sullo sviluppo delle intelligenze artificiali sono molto vasti: dalle politiche del lavoro a quelle dei trasporti, dalla diagnostica sanitaria alle applicazioni nell’istruzione, dall’informatica alla statistica. Senza considerare i potenziali utilizzi di guerra o per scopi criminali. Immaginate, ad esempio, un Mondo dove droni senza pilota possano sganciare bombe “intelligenti” su obiettivi scelti dal loro sistema interno senza alcun intervento umano. Da paura vero? Ci sarebbe molto da approfondire sui risvolti della questione, ma in questo pezzo mi fermo ad una breve introduzione scientifica sull’argomento, concludendola con quello che rimane, ad oggi, il miglior modo per testare la capacità di pensiero di una macchina: il Test di Touring6

Questo test prevede che un osservatore A sia chiamato a distinguere tra due persone B e C (una che lo aiuta e l’altra che cerca di imbrogliarlo) senza vederle, ma solo dalla voce o da altri stimoli. Poi la macchina si sostituisce alternativamente a B e a C e si valuta la capacità dell’osservatore A di distinguere B da C, la macchina dagli umani. Se la percentuale di successo dell’osservatore non cambia tra la situazione “tutta umana” e quella “robotica”, allora la macchina è capace di sostituirsi all’uomo, pensare come l’uomo e trarlo in inganno. Per tranquillizzare tutti: al momento nessuna macchina ha superato questo test!



1 http://www.linkiesta.it/it/article/2013/06/16/henry-ford-cosi-ho-inventato-la-catena-di-montaggio/14405/

2 https://it.wikipedia.org/wiki/Go_%28gioco%29

3 https://www.research.ibm.com/deepblue/meet/html/d.3.2.html

4 https://deepmind.com/research/alphago/

5 https://it.wikipedia.org/wiki/Tre_leggi_della_robotica

6 https://web.archive.org/web/20080702224846/http://loebner.net/Prizef/TuringArticle.html

 

Immagine ripresa liberamente da pixabay.com

Ultima modifica il Sabato, 28 Aprile 2018 18:04
Samuele Staderini

Sono nato nel 1984 vicino Firenze e ci sono cresciuto fino alla laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche nel 2009. Dopo il dottorato in Chimica, tra Ferrara e Montpellier, ho iniziato a lavorare al CNR di Firenze come assegnista di ricerca (logicamente precario). Oltre che di chimica e scienza, mi occupo di politica (sono consigliere comunale a Rignano sull'Arno), di musica e di sport. E si, amo Bertrand Russell!

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