Martedì, 05 Febbraio 2013 00:00

Un sogno chiamato rivoluzione

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Il Novecento è stato anche e soprattutto un secolo percorso dai passi concitati di milioni di uomini e di donne che, da un capo all’altro del pianeta, hanno tentato, in condizioni spesso drammatiche, di segnare il corso degli eventi a favore di un “quarto stato” che da figlio illegittimo della modernità capitalista aveva deciso di elevarsi a soggetto della Storia.

“Un sogno chiamato rivoluzione” di Filippo Manganaro- autore di opere e ricerche sul movimento operaio e popolare statunitense- edito da Nova Delphi restituisce grandezza e tragicità del XX secolo attraverso il racconto delle vicende che hanno avuto come protagoniste generazioni successive della stessa famiglia, le cui storie individuali si collocano nella narrazione di una gigantesca impresa collettiva di liberazione che ha permeato di sé un’epoca e che ha condizionato i destini di innumerevoli subalterni.

Una narrazione che vede protagonisti Sholomo, Chaya, Aidan, Paddy: nomi dei membri di una famiglia che, generazione dopo generazione, percorre luoghi ed epoche, abita stamberghe poveramente arredate, conosce i mille volti dello sfruttamento capitalistico, del razzismo e della miseria, stringe in pugno la sensazione della vittoria e assapora l’amaro della sconfitta.

Persone nate e cresciute nel “tempo del disordine/quando la fame regnava” e che seppero battersi, riconoscendo il lato giusto della barricata ovunque si trovassero: dai ghetti ebraici della Russia zarista sconvolti dai pogrom agli scioperi di Lawrence del 1912, dall’Irlanda miserabile e coraggiosa conosciuta attraverso i racconti dei padri alla Spagna repubblicana dove migliaia di volontari accorrono a difendere il “sogno di una cosa”.

La fatica, le delusioni, gli entusiasmi e il dolore sono elementi che vengono pagina dopo pagina scandagliati nella loro dimensione più intima, senza mai scinderli da quel gigantesco assalto al cielo talvolta fallito e sconfitto ma “appena incominciato”, come avverte uno dei figli di Chaya la coraggiosa, mentre riannoda i fili della propria storia e fa pace con essa, in un giorno d’estate sotto i cieli di Madrid, in mezzo a uomini che fondono i loro idiomi in un’unica melodia e fanno sorgere da essa la lingua universale della dignità e del riscatto.

 

Ultima modifica il Lunedì, 04 Febbraio 2013 19:01
Alyosha Matella

32 anni, residente a Omegna. Insegnante precario e collaboratore in qualità di traduttore e recensionista di Le Monde diplomatique/il manifesto. Capogruppo del Partito della Rifondazione Comunista nel Consiglio comunale di Omegna. Appassionato di storia del movimento operaio, jazz, blues e letteratura noir.

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