Mariano Mingarelli, dell’Associazione di Amicizia Italo-Palestinese, introduce così l’iniziativa che è stata fortemente voluta per il mese di aprile all’interno della Biblioteca Comunale delle Oblate di Firenze.
Una lezione sulla “letteratura della Diaspora” tenuta dal professor Wasim Dahmash, dell’Università di Cagliari: la presentazione del libro “La terra degli aranci tristi”, una raccolta di 10 racconti brevi dello scrittore palestinese che sarà assassinato “a trentasei anni in un attentato terroristico rivendicato dai servizi segreti israeliani”, ricorda la quarta di copertina.
La pulizia etnica in terra palestinese ha scosso l’intero mondo arabo. Tra le conseguenze più drammatiche rientrano i campi profughi, che non possono essere compresi nella loro natura senza viverci per anni (non basta visitarli per qualche giorno, anche se ripetutamente). Un altro aspetto, più raramente affrontato, è che “la società palestinese ha perso anche la borghesia urbana, la parte più istruita e colta che gestiva la vita sociale”: chi aveva qualche competenza spesso riusciva a trovare lavoro senza finire nei campi profughi. È il caso della famiglia Kanafani, che si rifugia da Acri in Libano, per poi spostarsi a Damasco.
La figura dello scrittore viene tratteggiata con efficaci ricostruzioni biografiche e analisi della sua vasta produzione giornalistica e letteraria. Ne esce un quadro di uno dei primi intellettuali palestinesi che affronta il riconoscimento della tragedia dell’olocausto di cui sono stati vittima gli ebrei d’Europa, richiamando direttamente le opere principali: sul sito de Il Becco saranno disponibili l’audio e il video integrali dell’iniziativa.
Il 9 aprile è il giorno in cui si può ricordare la Palestina attraverso uno dei messaggi di Kanafani: il senso di una lotta che deve essere costante, che non spera in aiuti esterni, che conosce l’unico strumento di cui nessun esercito potrà mai privare il popolo palestinese, la cultura. Perché la storia è fatta di memoria, storia e arte. Perché fino a che c’è memoria, nessuna civiltà potrà essere sconfitta del tutto. Il 9 aprile è quindi un giorno di lotta, non di dolore, non di speranza. Perché per “restare umani” occorre avere la Palestina nel cuore ogni giorno.
Immagine tratta da frontierenews.it