Le schede pubblicate fino ad ora sono state 10.526 (afferenti alle prime tre lettere dell'alfabeto). Ai saluti del vicesindaco Bernini (che ha sottolineato in particolare “il tessuto sociale che ha permesso la Resistenza”) sono seguiti quello di Roberto Timossi della Compagnia di San Paolo (ente che insieme a Coop Liguria ha contribuito al progetto) che ha parlato di “ricerca stimolo per il presente” e di Ivano Bosco, segretario della CGIL genovese. Una banca dati “come un granaio per future ricerche” per Maria Elisabetta Tonizzi, direttrice scientifica dell'ILSREC.
La possibilità di effettuare una ricerca sul totale dei combattenti offre infatti infinite possibilità per nuove ricerche (sulla condizione sociale dei combattenti, sulla loro provenienza geografica, sulla loro età ecc. ecc.). La banca dati, dunque, come un “deposito per far germogliare la ricerca”. Più nello specifico è andato Paolo Battifora, coordinatore scientifico dell'Istituto che ha illustrato le cinque differenti fasi che hanno caratterizzato cronologicamente la Resistenza in Liguria. La prima, nel periodo immediatamente successivo l'otto settembre (a Genova addirittura il giorno seguente) vide la formazione di quella intelaiatura politica, e quindi anche militare-organizzativa, che furono i CLN locali e che vide una primissima attività resistenziale con i GAP urbani e soltanto in seguito la costituzione di bande nei territori extraurbani (per un totale di circa 15 formazioni nel territorio in esame nell'inverno del 1943). Una seconda fase, nella primavera del '44, di consolidamento del movimento resistenziale, le cui fila si ingrossarono per l'effetto paradossale prodotto dal “bando Graziani”. Fase, questa, che si caratterizzò per un grande protagonismo operaio con gli scioperi (non dovunque riusciti nel territorio regionale) di marzo. Una terza fase, coincidente con l'estate del 1944 (segnata dall'incendio di Cichero), che, a seguito della liberazione di Roma e dello sbarco in Normandia donò fiato ed entusiasmo alle formazioni partigiane che aumentarono il numero degli effettivi ed il loro potenziale combattivo. Proprio la città di Genova, e la sua classe operaia, fu una di quelle maggiormente colpita dalle attività di rastrellamento (tra le 1.500 e le 1.700 persone a seconda delle fonti) tedesco. Il numero dei partigiani liguri in questo periodo triplicò in pochi mesi raggiungendo la cifra degli 8.000 combattenti in agosto. Una quarta fase, nell'autunno del 1944, segnata dallo sbarco in Provenza degli Alleati (fu la cosiddetta “operazione Dragoon” che spinse le forze occupanti a rastrellare l'interno ligure per assicurarsi le vie di una eventuale ritirata), dal proclama Alexander sulla sospensione delle attività resistenziali ma anche dai Protocolli di Roma, di cruciale importanza per definire la cornice politico-istituzionale della Resistenza e per il suo pieno riconoscimento agli occhi delle forze Alleate. Infine una quinta fase, siamo nella primavera del 1945, quando il numero di armati raggiunse la cifra di 17.000, contrassegnato dalla liberazione delle città e dalla salvaguardia delle infrastrutture da parte di un movimento partigiano già proiettato verso il futuro di ricostruzione morale, economica e civile del Paese.
A questa, necessariamente breve, spiegazione di contesto è seguito l'intervento del ricercatore Francesco Caorsi che ha legato la banca dati al progetto di digitalizzazione dei fondi ILSREC che ha fatto sorgere l'idea di sistematizzare con una modalità che sia di facile accesso i nomi dei singoli partecipanti al percorso resistenziale. Punto di partenza di questo lavoro sono stati i dati della Commissione per il riconoscimento delle qualifiche nonché l'archivio dell'ANPI di Genova e del RICOMPART, fondo che contiene le schede riepilogative (spesso alquanto asciutte come fonte di dati) di tutti coloro che fecero domanda per il riconoscimento della qualifica di patriota, partigiano combattente o, nel caso di quanti persero la vita, caduto per la libertà. Un database che apre, come si è detto, la possibilità di future ricerche storiche e non soltanto un luogo di pura, per quanto importante, memoria.
E proprio sull'importanza decisiva del fondo RICOMPART (oggi imprescindibile per quanti vogliano fare ricerche sulla Resistenza in Italia) e sulla sua lunga storia si è concentrato l'intervento del ricercatore Alessio Parisi. Da subito infatti, sin dal maggio del 1945, nasce l'esigenza di stabilire con certezza quanti hanno realmente contribuito al movimento resistenziale al fine di evitare tardive ripuliture di personaggi ambigui o addirittura militanti attivi dalla parte degli occupanti. Il 3 maggio 1945 con l'istituzione, per esigenze di ordine pubblico, della polizia partigiana su mandato degli Alleati, diviene chiara la necessità di determinare quali elementi possono beneficiare delle misure di assistenza postbellica e quanti possono, in virtù della loro attività resistenziale, essere a buon titolo inseriti tra i futuri costruttori della nazione. Da poco i fucili hanno smesso di sparare, e nemmeno dovunque hanno ancora smesso, che, per disposizione di Cadorna e sotto la direzione di Emilio Lussu, nasce un archivio vivo, frutto di consultazione attiva per molti anni. Dalle dichiarazioni e dalle attestazioni dei comandanti delle singole unità (e negli ultimi giorni ne spunteranno di finte costituite allo scopo di attribuire falsi meriti ai propri appartenenti) si passa così alla costituzioni di Commissioni (quella ligure sarà presieduta da Enrico Martinengo) che possano censire e definire anche a posteriori delle categorie paragonabili a quelle dell'esercito per quanto concerne le unità (si hanno dunque le definizioni ufficiali di “nucleo”, “distaccamento”, “divisione”...) ed i gradi militari attribuibili.
A chiudere la conferenza il Presidente dell'Istituto, Giacomo Ronzitti, il quale ha voluto rimarcare come la banca dati sia una “ricerca in progress” dello “sforzo di completare il più possibile le biografie dei combattenti” appellandosi quindi a che familiari di partigiani mettano a disposizione della ricerca dati in loro possesso che permettano di arricchire la storia dei loro congiunti. Terminata la conferenza con la consegna simbolica della copia della scheda attestante la qualifica di partigiano ai partigiani presenti ed ai loro parenti (presente, tra gl'altri, la figlia di Paolo Emilio Taviani già capo del CLN ligure e poi più volte ministro).
In conclusione si può affermare che la banca dati del partigianato genovese (che sarà completata entro il prossimo anno) potrà essere base di partenza per ulteriori studi che contribuiscano a fornire un quadro sempre più ricco e articolato su quel movimento di riscatto che ha generato una nazione del tutto nuova, indiscutibilmente più civile (anche rispetto al periodo liberale pre-fascista) ma i cui valori vanno coltivati giorno per giorno: la storia è la terra che deve ospitare quei semi di idee e senza di essa nessuna pianta può crescere.