Venerdì, 10 Febbraio 2017 00:00

L’anima contesa: l’Europa della Guerra dei Trent’anni

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L’anima contesa: l’Europa della Guerra dei Trent’anni

La straordinaria diffusione delle dottrine protestanti ebbe un impatto fondamentale nel continente europeo. Una conseguenza del crollo delle strutture universali medievali, segnale di un passaggio epocale contrassegnato da conflitti. Inizialmente il terreno di scontro fu nell’ambito delle dottrine politiche, in cui ci si chiedeva dell’utilità di una potenza come l’Impero in un continente profondamente mutato come quello dopo il XV secolo. Si spostò in ambito filosofico e scientifico, nel tentativo di strappare al dogmatismo cattolico i principali campi del sapere. Keplero, Copernico, Galileo: nomi dannati e perseguitati dalla Chiesa, eroi e martiri di una rivoluzione scientifica che disegnò un nuovo universo. Sopra il cielo, non c’è solo il Paradiso.

Il conflitto principale divampò in ambito religioso con la diffusione delle dottrine protestanti: le riflessioni riguardo una dilagante corruzione della Chiesa cattolica, la questione spinosa riguardo il pagamento delle indulgenze e la necessità della ricerca di un cristianesimo originario, slegato dal potere temporale e terreno. Una visione che venne ribaltata: un nuovo potere temporale e terreno slegato dal cristianesimo cattolico della Chiesa e degli Asburgo. Lo scontro in Germania tra i principi tedeschi e l’Imperatore e quello tra principi tedeschi protestanti e principi cattolici non si esaurirono con la Pace di Augusta. La ribellione delle Province Unite olandesi protestanti alla Spagna non si esaurì con la tregua del 1609. La diatriba territoriale tra lo Stato pontificio, la Francia e la Spagna nell’Italia settentrionale non terminò con l’occupazione di Milano da parte degli spagnoli.

Furono solo antefatti di una guerra continentale, mascherata come conflitto religioso, che devastò per più di trent’anni l’Europa e ne cambiò definitivamente la fisionomia. Apparentemente un conflitto tra due modelli e progetti ecumenici, quello cattolico e protestante. In realtà uno scontro a viso aperto tra aspirazioni territoriali ed egemoniche. In questa narrazione storica mi slego dalla classica struttura fatta di nomi, date e eventi (molto intricata in questa vicenda) per privilegiare quello che davvero c’era dietro a questo grande conflitto. La scintilla che tutti gli ambasciatori, regnanti e generali si aspettavano si accendesse in Olanda o in Germania prese luce e calore in Boemia.

Un cerchio che si chiude: un secolo prima proprio a Praga si discuteva delle teorie e prediche di Jan Huss, che stimolarono la nascita delle dottrine protestanti. L’abdicazione dell’imperatore Mattia al trono di Boemia e dell’Impero a favore del cugino Ferdinando II d’Asburgo, fervente cattolico e istruito dai gesuiti, animò una terra protestante insofferente al dominio asburgico. Il suo ritiro della libertà di culto e il divieto della costruzione di nuove chiese non cattoliche ai protestanti provocò nel maggio 1618 la celebre defenestrazione di Praga di due delegati imperiali. Venne incoronato come re di Boemia l’elettore del Palatinato, il principe Federico V von Wittelsbach cugino dell’imperatore e capo dell’Unione evangelica dei principi tedeschi protestanti. Il re d’Inverno venne chiamato, tanto breve fu il suo regno: nonostante l’appoggio del generale mercenario Ernst von Mansfeld e del ribelle ungherese Gabriele Bethlen, dopo iniziali effimeri successi, la ribellione boema venne stroncata nella battaglia della Montagna Bianca nel novembre del 1620 dalle truppe del generale cattolico Johann Tserclaes, conte di Tilly, riportando il territorio ribelle sotto dominio asburgico. Il titolo di grande elettore venne dato al cugino dell’imperatore, un altro Wittelsbach: Massimiliano I di Baviera. Il Leone cattolico (dallo stemma della famiglia) era una potenza economica, militare e politica dentro la grande potenza imperiale asburgica, che sosteneva il traballante trono di Ferdinando dagli attacchi dei principi tedeschi protestanti e si assicurò la lealtà del pavido principe protestante di Sassonia, Giovanni Giorgio.

Anche gli Asburgo di Spagna ottennero delle vittorie con il Duca di Olivares contro l’Olanda protestante, nella guerra che riprese nel 1621 dopo la tregua di dodici anni. L’aggressiva azione asburgica mise in apprensione la Francia di Luigi XIII di Borbone e del ministro Armand-Jean du Plessis, conosciuto come cardinale Richelieu. Soverchiati da ogni parte dagli Asburgo, ma impossibilitati a muoversi a causa della risoluzione dei conflitti interni con la nobiltà ugonotta, appoggiarono il campione della causa protestante in Germania e soprattutto il campione delle pretese danesi sul Baltico e sulla Germania settentrionale, Cristiano IV di Danimarca. Il re danese invase il Meclemburgo, ma non fu assolutamente in grado, da solo con le rimanenti forze di Mansfeld, di fronteggiare la reazione delle forze imperiali, senza l’appoggio degli stati protestanti tedeschi e senza un supporto deciso francese. L’avanzata di Cristiano venne stroncata da Albrecht von Wallenstein, generale boemo mercenario padrone di un esercito personale di migliaia di uomini, che ricevette dall’imperatore Ferdinando il titolo di feldmaresciallo dell’esercito imperiale. L’ambizioso condottiero annientò definitivamente il ribelle Mansfeld, sconfisse e respinse nello Jutland il sovrano danese, costretto alla pace. L’impero ottenne la vittoria contro l’invasore, Wallenstein ottenne il Meclemburgo che segnò la sua definitiva consacrazione. Ma la sua ambizione spaventò Massimiliano di Baviera, che costrinse l’imperatore a licenziare Wallenstein. Ferdinando II emanò l'Editto di Restituzione (1629), in forza del quale dovevano essere riconsegnati alla Chiesa cattolica tutti i beni confiscati dopo il 1552. Nella Dieta di Ratisbona (1630) Massimiliano e i principi tedeschi forzarono l'imperatore Ferdinando II a diminuire l'entità delle truppe imperiali, ovvero significò l’ allontanamento di Wallenstein e dei suoi uomini. L’esercito imperiale tornò sotto la guida del timorato di Dio Conte von Tilly.

Sembrava la conclusione del conflitto: la Boemia di nuovo sotto la pace imperiale a suon di roghi, conversioni forzate e armi; la Francia circondata dagli Asburgo; principi tedeschi timorosi; l’Olanda sotto l’attacco delle truppe spagnole. Dal Nord però dopo la ritirata di Cristiano IV sorse un’altra pericolosa minaccia: la Svezia di Gustavo Adolfo Wasa. Sovrano protestante, vittorioso contro i cattolici polacchi e lituani, messia eretico pronto a diffondere la vera fede nei territori dell’Impero. Ma soprattutto ad allargare l’egemonia del moderno ed efficiente stato svedese nel Baltico e nella Germania settentrionale. “È un leone affamato, non di fede ma di potere e di terre”, questo scrisse un inviato osservatore francese a Richelieu. Quanto mai interessato a domare e controllare la “bestia” scandinava che si scatenò sul Nord della terra tedesca. A differenza dell’esercito imperiale fatto di mercenari e truppe di ventura, che hanno più volte cambiato schieramento durante il lungo conflitto vendendosi al miglior offerente di soldi e promesse di saccheggi, la Svezia aveva il primo esempio di esercito moderno con il nucleo centrale nazionale.

Nuove tattiche militari e nuovo utilizzo dell’artiglieria leggera sbaragliarono più volte il quadrato spagnolo di Spinola, fortuna delle vittorie asburgiche. Anche la Francia aveva un esercito dal forte carattere nazionale: l'assolutismo regio francese si poneva in chiave controriformistica ma senza fanatismi ideologici. La corona sostanzialmente voleva risolvere il problema religioso in chiave politica, rispettando cioè le minoranze religiose. La cosa importante era ormai diventata un'altra: affermare un assolutismo regio contro la grande nobiltà feudale, imponendo a tutti i sudditi tasse regolari per costruire un potente esercito nazionale.

Si andò così a concludere un processo di cambiamento rispetto ai precedenti conflitti religiosi: l’alleanza tra Svezia protestante e Francia cattolica contro il cattolico Impero asburgico, il conflitto tra la cattolica Francia e la cattolica Spagna nell’Italia settentrionale per la successione dei Gonzaga nel ducato di Mantova e la lunga guerra che ne seguì definirono il prevalere dell’interesse nazionale o dinastico su quello religioso. Per il disappunto della Chiesa cattolica, che non vide un solo profitto dell’Editto di Restituzione e che si ritrovò i territori di sua influenza occupati da truppe cattoliche francesi e spagnole. Lo sterminio dei protestanti in Valtellina e l’occupazione di quest’ultima da parte delle truppe imperiali, l’assedio di Mantova e la vittoria finale francese segnarono la fine dell’influenza del potere temporale della Chiesa sull’Italia settentrionale, devastata dalla guerra e dalla peste portata dalle truppe di Wallenstein, richiamato dall’imperatore contro Gustavo Adolfo e i francesi. La Milano del cardinale Borromeo raccontata da Manzoni, segnata dalla pestilenza e dal cambio di potere. In Germania Gustavo Adolfo sacrificò al saccheggio delle truppe imperiali la città protestante di Magdeburgo, “la vergine sull’Elba”, per la scultura che ne ornava la porta principale. Questo saccheggio di una città importante tedesca da parte dell’esercito di Ferdinando portò la Sassonia e il Brandeburgo, pur protestanti ancora fuori dal conflitto, dalla parte del re di Svezia. La guerra tra svedesi e imperiali ebbe alterne vicende, fino a quando lo stesso re Gustavo Adolfo non morì nella battaglia di Lützen (1632), la quale, comunque, grazie alla ritirata degli imperiali, si risolse in una vittoria svedese.

L'assenza di un comando nelle file degli svedesi dette la possibilità agli imperiali di riorganizzarsi e, con l'aiuto degli spagnoli, di continuare a combattere fino al 1648. La Francia, visto che la sorte del conflitto sembrava volgere a favore degli Asburgo, decise di aumentare l'appoggio offerto ai protestanti e patrocinò la formazione di una Lega tra Svezia, Renania e Franconia, con il proprio supporto economico. Tuttavia gli Stati orientali, Sassonia e Brandeburgo, sollevarono nuovamente obiezioni, in quanto temevano la presenza commerciale svedese nel Baltico e nella Germania settentrionale, per cui non vi aderirono. La sudditanza del principe Giovanni Giorgio verso Massimiliano di Baviera e la decisione di Richelieu di non attaccare direttamente i possedimenti del principe bavarese determinarono l’esito dell’avventura svedese in Germania. L’attacco della Spagna all’arcivescovo di Treviri, protetto dalla Francia, fu il pretesto per una dichiarazione di guerra agli Asburgo di Spagna. Durante l'ultima fase della guerra dei Trent'anni la Spagna di Filippo IV, impegnata nei Paesi Bassi e sconvolta dalle rivolte separatiste della Catalogna (ma anche Andalusia e Aragona) e del Portogallo, s'era trovata in gravi difficoltà e non aveva potuto ottenere alcun aiuto dagli Asburgo d’Austria, che anzi avevano firmato la pace di Westfalia. La Spagna si vide costretta a firmare una pace separata con l'Olanda, cui riconobbe l’indipendenza politica (poi ratificata anche dall'Impero con la pace di Westfalia).

Al di là delle sue conseguenze politiche principali nella mappa europea (l’indipendenza dell’Olanda e della Svizzera, la frammentazione della Germania, l’occupazione della Lorena da parte della Francia, la crescita politico-militare della Prussia-Brandeburgo sotto la guida del Grande Elettore Federico Guglielmo, il riconoscimento ai Savoia di Torino ecc) la pace di Westfalia e la fine della guerra nelle sue fasi principali sancirono il nuovo ordine politico europeo. Non più conflitti dalla matrice religiosa o dominati da un paradigma dinastico, bensì mossi dagli interessi nazionali. Il concetto di stato nazionale, che troverà il suo definitivo riconoscimento più avanti, nacque a partire di questi eventi e nella forma delle monarchie nazionali europee francese, inglese e spagnola. La guerra tra Francia e Spagna continuerà nei decenni successivi, vedendo prevalere lo stato francese sulla potenza spagnola ormai al tramonto. Parallelamente a questi sviluppi politici, mutava anche la società e la politica europea, come testimonia la grande rivoluzione avvenuta in Inghilterra, esclusa per questo motivo dall’ultima fase del conflitto. Oltre ovviamente ai grandi progressi in campo militare e tecnologico, testimoniati dalla straordinaria avanzata del “Leone del Nord” nel cuore della Germania e della vittoria francese. I segnali di un continente definitivamente cambiato, che si avviava al tramonto dell’epoca moderna. L’emergere degli stati nazionali, caratterizzati dalla conflittualità reciproca e dall’espansionismo, segnò il secolo successivo non solo a livello continentale, ma nelle colonie di tutto il globo terrestre. Il Settecento fu l’epoca dell’Illuminismo, di grandi scoperte scientifiche, dello sviluppo del pensiero politico europeo, ma segnato dalla guerra: la chimera dell’imposizione di un progetto ecumenico cattolico o protestante, come spesso viene raccontata la Guerra dei Trent’anni, produsse un secolo di guerre fra gli interessi degli stati nazionali che di religioso avevano ben poco.

Ultima modifica il Giovedì, 09 Febbraio 2017 21:41
Marco Saccardi

Nato a Bagno a Ripoli (FI) il 13 settembre 1990, sono uno studente laureato alla triennale di Storia Contemporanea presso l’Università di Firenze, adesso laureando alla magistrale di Scienze Storiche. Appassionato di Politica, amante della Storia, sono “fuggito” dal PD dopo anni di militanza e sono alla ricerca di una collocazione politica, nel vuoto della sinistra italiana. Malato di Fiorentina e di calcio, quando gioca la viola non sono reperibile. Inoltre mi ritengo particolarmente nerd, divoratore di libri, film e serie tv.

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