Venerdì, 21 Settembre 2018 00:00

26 gennaio 1994: Antonio Gibelli e la discesa in campo di Berlusconi

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Laterza ha inaugurato una serie di testi dedicata ai «10 giorni che hanno fatto l’Italia».

Il terzo volume, uscito a settembre 2018, è quello più vicino al tempo presente.

«26 gennaio 1994», la data in cui identificare l’esordio politico di Silvio Berlusconi. La "discesa in campo" spiegata su videocassetta e diffusa in modo diverso sulle varie reti televisive nazionali (ventisei milioni di spettatori raggiunti, di cui almeno sei «ricevono il messaggio nella sua interezza»).

L’autore, Antonio Gibelli, è uno storico noto anche per la qualità delle sue ricerche (e pubblicazioni) inerenti la prima guerra mondiale. È possibile leggerlo inoltre sulle pagine de «il manifesto» e non è estraneo a interventi politici sulla situazione contemporanea italiana. Firma in questo caso oltre 250 pagine tese a ricostruire l’avvio di un fenomeno di cui ancora fatichiamo a vedere la conclusione, nonostante il continuo annuncio di una presunta fine della parabola berlusconiana.

L’argomentazione non segue una logica cronologica, preferendo toccare diversi aspetti della vicenda come nuclei tematici collegati, prima e dopo l'evento. Come fu possibile la nascita di un'anomalia italiana, che in alcuni aspetti richiamerebbe la svolta fascista del primo dopoguerra? 

Chi scrive questo articolo aveva solo 5 anni nel periodo preso in considerazione, ma alcuni nomi sono sicuramente familiari anche ai più giovani. A titolo esemplificativo può essere citato Enrico Mentana, direttore del TG5, la cui declamata autonomia aiutò la narrazione con cui Berlusconi legittimò il suo impegno diretto in politica.

La tesi centrale di Gibelli è militante: lo scandalo di un colpo di stato virtuale fu sottovalutato e non contrastato in modo adeguato. Le poche reazioni capaci di comprendere la rilevanza di quanto stava accadendo furono caratterizzate da una sensazione di impotenza destinata a prolungarsi fino all'oggi. Si tratterebbe di un populismo proprio della (giovane) tradizione italiana, ma il primo radicato nel settentrione (a differenza di Achille Lauro e del Fronte dell’Uomo Qualunque). Forza Italia si avvia a sconfiggere, in nome dell'antipolitica, raccogliendo i frutti di Tangentopoli, quella coalizione progressista a cui anche la stampa internazionale dava un credito di governo (immaginare Occhetto sicuro di governare fa effetto, in questo 2018).

Nonostante la peculiare posizione di dominio nel campo delle telecomunicazioni larga parte del mondo moderato e della borghesia preferì un atteggiamento di disponibilità. Eppure Fininvest poteva muoversi senza le regole della RAI e le altre emittenti private (a partire dalla Telemontecarlo in cui lavorava Sandro Curzi) non potevano certo competere con Mediaset.

Almeno in due aspetti questo libro ci parla chiaramente del nostro presente.

  1. Lo sdoganamento del Movimento Sociale Italiano, attraverso l’operazione di Fini e la nascita di Alleanza Nazionale, unito alla forte pregiudiziale anticomunista, trovò la sinistra italiana impreparata, se non complice, di fronte all’opportunità di liberarsi di un peso ingombrante di inizio Novecento (il marxismo). Gibelli non affronta il tema direttamente, ma appare evidente la questione di una galassia della sinistra italiana continuamente impegnata a vivere in una condizione di subalternità impotente.
  2. Il mutamento della politica, con una nuova relazione tra comunicazione e realtà, tra verità e senso comune. La continuità tra Forza Italia e Movimento 5 Stelle può essere discussa, ma è innegabile la possibilità di un suggestivo raffronto (del resto non inedito, ma qui ripreso con uno sguardo complessivo sul 1994).

Con uno stile asciutto, ma non neutrale, ci ritroviamo di fronte a un’utile sintesi di una pagina decisiva del nostro recente passato. Resta poco di quello che fu, ma ancora molto può essere capito da quegli eventi.

Gibelli si concentra sul rapporto tra Berlusconi e il Paese, sull’impatto che ha avuto la nascita di Forza Italia nella società.

In questo il suo essere militante non snatura il valore del libro: non si tratta di propaganda, ma di un intellettuale drammaticamente impegnato a rileggere un processo di fronte al quale si è misurata l’incapacità della sinistra (e degli intellettuali).

Inviti per il futuro non ne troverete, le lezioni del passato (anche di quello recente) devono essere utile terreno per far vivere nuove storie.

Capire come sia stato possibile arrivare fino a qui può però emancipare chi si sente ancora immobile di fronte al disastro che ci circonda.

Resta da capire quanto fosse ingenuo quel mondo progressista impegnato a presentarsi come forza di governo responsabile per la gestione del debito pubblico ("il partito delle tasse").

Lenire le contraddizioni della globalizzazione sarà un obiettivo che accompagnerà le sinistre a lungo, di disfatta in disfatta, non solo in Italia.


 Immagine di copertina (riferita a una manifestazione DC precedente al 1994) ripresa liberamente da it.wikipedia.org

Ultima modifica il Martedì, 18 Settembre 2018 23:21
Dmitrij Palagi

Nato nel 1988 in Unione Sovietica, subito prima della caduta del Muro. Iscritto a Rifondazione dal 2006, subito prima della sconfitta de "la Sinistra l'Arcobaleno". Laureato in filosofia, un dottorato in corso di Studi Storici, una collaborazione attiva con la storica rivista dei macchinisti "ancora IN MARCIA".

«Vivere in un mondo senza evasione possibile dove non restava che battersi per una evasione impossibile» (Victor Serge)

 

www.orsopalagi.it
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