Il lavoro di Bruno Donati (Claudio Santamaria), apparentemente, sarebbe quello di far conoscere ai dottori i nuovi farmaci della Zafer. In realtà lui DEVE vendere questi prodotti altrimenti c’è il rischio licenziamento. Come per un suo collega che, in apertura di film, si suicida dopo aver ricevuto il benservito dal suo capo area (Isabella Ferrari).
Nel film la cosa viene raccontata come una qualsiasi vendita forzata basata su manipolazione e corruzione nei confronti del malcapitato medico di turno e soprattutto del paziente che è ignaro della sua “sorte”.
Pressioni, omaggi, regali, viaggi premio: ogni strumento sembra essere lecito. Come nella peggior politica italiana. Basta rientrare nella “regola dell’undici”, dice la capoarea: tradotto si può comprare qualsiasi cosa a patto che l’azienda farmaceutica mantenga un profitto undici volte superiore alla spesa. Una cosa non da poco, francamente vergognosa. Un medico vuole la BMW ultimo modello? Gliela compra la Zafer, che problema c’è, basta rientrare in questo teorema.
Ovviamente i tagli sono enormi e i venditori come l’esperto Bruno sono pochi. Gli affari, con la crisi e con la loro fama, diventano sempre più difficili.
Ma si sa in questo mondo tutto è comprabile e vendibile, esseri umani compresi. Si possono comprare senatori, figuariamoci i medici e i pazienti. Basta trovare la leva giusta per corrompere i primi e poi i secondi se vogliono guarire devono adeguarsi ai consigli del medico di famiglia.
Il problema è che Bruno Donati è carnefice e allo stesso tempo vittima del sistema: prima corrompe i medici per ottenere quello che la sua azienda vuole ma lui stesso si fa prescrivere farmaci dal suo medico perché ha bisogno di antidepressivi, stimolanti. E poi c’è sua moglie Anna (Evita Ciri) che a 35 anni vuole avere un figlio a tutti i costi ma non riesce a rimanere incinta (chissà perché…).
Bruno, pur di tenersi stretto il lavoro, in un momento di grande instabilità sociale, si dimostrerà capace di tutto. Intanto la sua capo area gli chiede di vendere a tutti i costi un farmaco su cui l’azienda ha investito ingenti capitali senza successo. Viene “costretto” a piazzare il farmaco invenduto (a cui è stata cambiata la confezione e applicata la dicitura fasulla “nuova ricetta”) a un primario di oncologia ritenuto incorruttibile: “l’antipatico” dott. Andrea Maliverni (Marco Travaglio, il vice direttore del “Fatto Quotidiano").
Bruno inizia a lavorare ai fianchi del medico per ottenere dai suoi collaboratori le informazioni giuste per farlo capitolare ma c’è bisogno di tempo e le industrie farmaceutiche non danno tregua. Un attacco diretto a Big Pharma, una delle lobby più potenti, in Italia e nel mondo. In America il medico deve dichiarare se è pagato da un’azienda o no. Da noi non esiste una legislazione altrettanto chiara. E immagino quante false testimonianze verrebbero fatte in nome del dio denaro se si facesse come da loro.
Bruno, come spiega il regista Antonio Morabito, si muove al di sopra della soglia della morale. Come lui, medici e farmacisti, case farmaceutiche sono disposti a tutto. Al di sotto stanno i malati, gli amici, sua moglie. E chi se ne frega dei pazienti. “Non sono malati, meglio chiamarli pazienti” – dice il politico a Bruno durante la sua campagna elettorale.
Ha ragione: oggi ognuno agisce per sè, per il suo posto di lavoro, per mantenere un cosiddetto stile di vita che sia ben accetto dalla società. Però bisogna pazientare,ovvio.
Bruno è una pedina piccola, ma si comporta esattamente come la sua classe dirigente.
Prima ancora della sua uscita in sala, il film è stato preso di mira: gli informatori lo hanno attaccato sul Web, e anche la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri ha preso le distanze. Anche le riprese stesse dell’opera sono state in qualche modo ostacolate. L’Ospedale di Bari, dopo aver concordato tre giorni di riprese con la troupe, ha ritirato l’autorizzazione subito prima del ciack. Un ostracismo, da parte della classe medica e farmaceutica, che testimonia la bontà del lavoro di ricerca del regista e sceneggiatore Antonio Morabito. Il regista è infatti partito dalla malattia del padre, che per curarsi aveva bisogno di un farmaco non in commercio in Italia. Morabito è così entrato in contatto con la realtà dell'intermediazione tra gli informatori e i medici.
Non l’avesse mai fatto…
In Italia non si può andare contro le industrie farmaceutiche. Questa è la verità.
Anche se qualche interrogativo sorge spontaneo: può un farmaco,usato per curare le persone,essere trattato come un qualsiasi bene di consumo? E può la salute pubblica essere trattata come un mercato delle vacche?
A Voi l’ardua sentenza.
VALUTAZIONE: *** 1/2
TOP: la storia funziona, Claudio Santamaria dà profondità al suo personaggio
FLOP: qualche taglio mirato poteva dare maggior ritmo alla narrazione
IL VENDITORE DI MEDICINE (Italia 2013)
Di Antonio MORABITO
Cast: Claudio SANTAMARIA, Isabella FERRARI, Marco TRAVAGLIO
Distribuzione: Istituto Luce
Durata: 105 minuti
Immagine tratta da: www.leonardo.cinenma.it