Si producono le solite commediole, le solite battute trite e ritrite e i soliti volti nazional-popolari ingrossano i loro portafogli. Non importa che vi faccia nomi, immagino che abbiate notato tutto. Basta prendere i manifesti dei film italiani degli ultimi anni. Poi li confrontate e il gioco è fatto.
È giusto segnalare che ogni tanto qualche autore coraggioso, qualche novità c'è. Merce rara però nel panorama cinematografico italiano. Ed ecco che lo spettatore sceglie spesso film di altri Paesi: oltre alle pellicole americane, è molto in voga il cinema francese. Si sa i nostri "cugini transalpini" hanno investito nella settima arte e ora raccolgono i frutti. Non si sa come mai in Italia certe storie non si raccontano più.
Vi ricordate il fenomeno "Quasi Amici"? E il campione d'incassi "Benvenuti al sud" di Luca Miniero? Era ripreso pari pari da "Giù al nord" di Dany Boon che, a sua volta, aveva ripreso una vecchia formula dal principe della commedia all'italiana: un certo Antonio De Curtis, detto Totò.
Questa volta è stata la regista Francesca Archibugi ("Questione di cuore"), insieme a Francesco Piccolo (sceneggiatore de "Il capitale umano" di Virzì e di "Habemus papam" di Moretti), che ha ripreso in esame l'adattamento della piece "Le Prénom" di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaport. Da questa sceneggiatura, nel 2012, ricorderete che i due autori francesi avevano diretto il film "Cena tra amici".
Quindi "Il nome del figlio" dell'Archibugi (che uscirà il 22 gennaio nelle sale italiane distribuito da Lucky Red) è una sorta di remake (nel senso che mancano le idee originali), ma più precisamente è un film "ricalcato". Stesse battute, stessi personaggi, stessi colpi di scena,stesso "scheletro narrativo". Ci sono diversi omaggi: "Carnage" di Roman Polanski, "Piccole bugie tra amici" di Guillame Canet (che a sua volta è remake de "Il grande freddo"), "I nostri ragazzi" di Ivano Di Matteo (nel cast c'è Luigi Lo Cascio e Alessandro Gassman) e, in parte, "Festen" di Thomas Vinterberg. Inoltre c'è l'influenza, piuttosto marcata, di Paolo Virzì ("Tutti i santi giorni","Ovosodo", "Il capitale umano","Tutta la vita davanti") che partecipa anche alla produzione con la sua casa di produzione "Motorino Amaranto", oltre che con la sua famiglia (nel cast c'è la moglie Micaela Ramazzotti e la figlia di un anno Anna).
Detto questo veniamo al film.
Paolo Pontecorvo (Alessandro Gassman), agente immobiliare noto per le sue burle, e Simona (Micaela Ramazzotti), aspirante scrittrice di periferia, aspettano un bambino. Ovviamente di sesso maschile come vuole il padre (questo particolare è importante nell'evolversi della storia).
Vengono invitati a cena dalla sorella di Paolo, Betta (Valeria Golino) e da suo marito Sandro (Luigi Lo Cascio). All'evento parteciperà anche un loro vecchio amico: Claudio (Rocco Papaleo). Confrontandolo con il film francese di riferimento, Paolo è il corrispettivo di Vincent, Betta di Elisabeth, Sandro di Pierre, Claude di Claudio e Simona di Anna. Arrivato a casa della sorella, Paolo comunica con enfasi e convinzione il nome scelto per il nascituro: Benito. In realtà è uno scherzo, atto a far innervosire Sandro. La famiglia, composta da professori universitari, insegnanti e musicisti allineati decisamente a sinistra, non reagisce bene davanti a quel nome che rievoca un vecchio nemico. Da qui parte la bambola: inizia uno scambio di idee, insulti verbali, scelte e persone, offese in cui nessuno è escluso. L'Archibugi cattura le atmosfere acide di quel tranquillo ritrovo che diventa una resa dei conti stile western. I cosiddetti amici e parenti si scagliano addosso accuse, gelosie, segreti inconfessati,pettegolezzi. Ma veniamo all'analisi dei vari personaggi e delle loro contraddizioni:
- Paolo è figlio di un politico, deceduto. È imprenditore a cui piace esibire rolex, SUV e vino da 93 € la bottiglia. Nella realtà Paolo, come il suo interprete Alessandro Gassman, ha sofferto il carisma di suo padre (nel caso dell'attore, ovviamente,con il grande Vittorio);
- Sandro è un radical chic, amante della cultura, della politica, delle citazioni dei libri ma ha anche la malattia del nostro tempo: "la smartphonite" applicabile alla "twitterite". Tutto questo lo spinge a isolarsi dagli altri, compresa la moglie Betta e i due figli Pin e Scintilla. Il nome dei suoi figli sono al centro del dibattito perché hanno dei nomi originali e "folli" allo stesso tempo, sulla scia dei Levante, Libero e Selvaggia del "Ciclone" di Pieraccioni. Forse aveva ragione il regista toscano quando diceva che con quei nomi "a scuola ci prendevano per il culo anche i bidelli";
- Betta è segretamente innamorata di Claudio sin da quando erano giovani al quale ha confidato le sue insoddisfazioni (tra cui il fatto di non fare sesso col
marito da oltre un anno). È ossessionata da ginnastica,diete e quant'altro;
- Simona è un po' ingenua, non ha una grandissima cultura, fuma in gravidanza ma ha un segreto potente riguardante Claudio che riguarda anche il "suo" Paolo e la cognata Betta;
- Claudio non sa che gli altri amici credono che sia gay. Non è mai stato visto con una donna in tutta la sua vita. La verità la sa solo lui e Simona.
La nostalgia del passato, del resto, è il tema di tutta la pellicola (a tal proposito splendida la scena originale con la canzone di Lucio Dalla, "Telefonami tra vent'anni"), così come l’inadeguatezza verso quei padri importanti e ingombranti grazie a cui si è arrivati alla carica universitaria o alla professione. Tema questo di cui si dovrebbe parlare in Italia visto che ci sono lavori che sono prerogativa di dinastie familiari dell'ordine a dir poco secolare (vedi i notai). Un esperimento riuscito quello di Francesca Archibugi che è coadiuvato da un cast in stato di grazia: Luigi Lo Cascio, Valeria Golino, Rocco Papaleo, Micaela Ramazzotti e Alessandro Gassman sono veramente in parte creando una tela di gesti e battute di gran classe.
TOP: Gli attori, tutti bravissimi, la regia accorta e non invadente, i dialoghi taglienti,la scena con la canzone di Lucio Dalla che rievoca i vecchi tempi tra gli amici
FLOP: alcune parti potevano essere un po'tagliate per dare maggiore ritmo alla narrazione. Peccato poi che la storia sia già nota perchè "Il nome del figlio" è un remake piuttosto fedele all'originale.
VOTO ****