L'atmosfera che si respirava alla Circolo Arci dell'Isolotto era allegra anche solo a naso: bambini, vestiti con la camicia per l'occasione, che ripassavano la propria parte di poesia da leggere sfoderando grandi sorrisi, donne con cesti pieni di fiori che sono stati regalati ai presenti e tanti baci e abbracci sintomatici di una gioia di vivere difficile da vedere a giro di questi giorni.
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Tocca poi a Barbara Orlandi della CGiL Firenze, la quale riporta la forte preoccupazione che avverte il suo ed altri sindacati che affrontano le enormi difficoltà che soprattutto oggi sta vivendo il mondo del lavoro; ma la preoccupazione ulteriore è che in tempi di crisi la tentazione sia quella, pericolosissima, di poter accantonare i diritti fondamentali, della cittadinanza, del lavoro, della libertà, del voto... E continua il suo intervento citando le parole di Yvan Sagnet, sindacalista in CGIL che ha scritto un libro, Ama il tuo sogno, sulla propria esperienza, a cominciare da quella terribile, vissuta come bracciante nel campo di pomodori di Nardò, nel 2011: “Appena arrivati, i caporali requisiscono i documenti ai braccianti e li usano per procurarsi altra mano d'opera, altri immigrati, ma clandestini. Il rischio che i documenti vadano persi è altissimo e quando accade i braccianti diventano schiavi. Le condizioni di lavoro sono agghiaccianti: diciotto ore consecutive, di cui molte sotto il sole cocente. Chi sviene non è assistito e se vuole raggiungere l'ospedale deve pagare il trasporto ai caporali. Il guadagno è di appena 3,5 euro a cassone”. A proposito della sua e di altre migliaia di esperienze simili, Orlandi sottolinea come si debba reintrodurre nel
“La libertà è una sola: le catene imposte a uno di noi pesano sulle spalle di tutti”
Nelson Mandela
Come tutti i primo marzo, ormai dal 2010 anche quest’anno la prima giornata di questo mese si è svolta all’insegna dei diritti dei migranti. La rete Primo Marzo, assieme a Prendiamo la Parola e alla Rete Antirazzista fiorentina, ha rinnovato la mobilitazione animando piazza dei Ciompi con interventi di vari relatori e con musiche e canzoni per ricordare a tutti noi, che, anche in tempo di crisi, o soprattutto in tempi di crisi, non bisogna smettere di lottare contro discriminazione, razzismo e disumanità, che è proprio forse in momenti come questi che rischiano d degenerare maggiormente. Ed è proprio quando si comincia a dire che “i diritti umani non sono la priorità – prima vengono il pareggio di bilancio, la crescita del PIL, il lavoro!” – che li si uccidono. I diritti
Se è vero che viviamo in una società in cui l'immediatezza è sempre più centrale e in cui la funzione dell'immagine tende a soverchiare il ruolo della parola, allora sarebbe impossibile non restare sconvolti davanti alle immagini uscite dal Cie di Lampedusa e che hanno fatto il giro del mondo. I detenuti, per manifesta colpa d'esistenza, si ritrovano imprigionati in questi centri per un periodo che può prolungarsi fino ai 18 mesi. Vengono fatti incolonnare in un capannone, nudi, in pieno mese di dicembre, e disinfestati dalla scabbia col getto di una pompa come neanche nei canili. Una scena che inevitabilmente rimanda ai lager, e che fa scalpore, per un giorno, forse due. Poi le anime belle torneranno a dormire, come sono tornate a dormire dopo i tragici naufragi
La scorsa settimana, mentre divenivano di pubblico dominio le intercettazioni che ritraggono il ministro della Giustizia italiana nel pieno del suo “intervento umanitario” in favore di Giulia Ligresti, i licenziamenti politici e le denunce ai lavoratori in sciopero si attuavano con costanza e spietata freddezza.
Mentre emergeva che il ministro e la compagna di Salvatore Ligresti entrarono in contatto diretto fin dai primissimi giorni dell'arresto e che l'anoressia della detenuta diveniva un problema grave a tal punto da mobilitare il ministro della Repubblica, giunto a spendersi personalmente per monitorare le condizioni dell'arrestata Ligresti; l'inedia tra i lavoratori che negli scorsi mesi rivendicarono i propri diritti rimettendoci il posto di lavoro ha cessato di essere un problema di competenza della politica.
Il giorno in cui, a dispetto delle altisonanti politiche austeritarie di abbattimento del debito, il rapporto debito/Pil tocca il suo picco più alto, ossia il 133,3% (dati Eurostat) viene battuta la tragica notizia che potrebbe riportare molti italiani coi piedi per terra: un 19enne di Lecco è stato massacrato domenica sera a calci e pugni nella sua camera in affitto sopra al ristorante italiano Vesuvius di Maidstone, nella contea inglese del Kent, dove il ragazzo aveva trovato lavoro come cameriere.
La domanda con la quale Mercedes Frias ha aperto l'incontro con Bill Fletcher organizzato dall'associazione Prendiamo la parola lo scorso 21 settembre al Circolo Le Torri a Firenze non poteva fornire un migliore spunto: è possibile pensare, nell'Italia di oggi, ad un'alleanza a sinistra che riesca a costituire il filo conduttore per la creazione di un fronte trasversale in difesa (ed organizzazione, aggiungo) tra gli esclusi?
Di Alex Marsaglia
Articolo uscito sul numero cartaceo di agosto scaricabile in pdf qui
Nella notte tra giovedì 21 e venerdì 22 marzo inizia la lunga mobilitazione dei lavoratori della logistica. Milano, Piacenza, Bologna, Torino, Genova, Padova, Brescia, Verona, Treviso, tutti i più grandi centri logistici del Nord Italia vengono bloccati da uno sciopero dei facchini dal forte carattere etnico (più del 50% sono immigrati) oltre che di classe. I siti interessati dalla mobilitazione sono i nuclei della grande distribuzione legati a multinazionali come l’Ikea, la Coca-Cola, la TNT, la DHL, la GLS e ad altre sigle di portata nazionale quali l’SDA, la Bartolini, l’Esselunga, Coop e Bennet. Le rivendicazioni degli scioperanti organizzati dai sindacati Si Cobas e Adl Cobas abbracciano un ampio spettro di richieste che vanno dalla rivendicazione di maggior democrazia sindacale con il riconoscimento dei sindacati di base nel CCNL, alla tutela dei lavoratori nei cambi d’appalto, passando per la limitazione del subappalto e le otto ore lavorative con pagamento dell’eventuale straordinario, per arrivare al pagamento totale di malattia, infortunio, Tfr, festività e permessi, fino all’aumento salariale uguale per tutti al fine di recuperare l’inflazione.
Intervista a Roberto Iovino (Responsabilità Legalità Nazionale CGIL) a cura di Diletta Gasparo e Alyosha Matella
1. Cominciamo con una domanda un po’ più generica. Come nasce l’Osservatorio Placido Rizzotto e di cosa si occupa?
L’Osservatorio nasce nella primavera del 2012, in un momento di forte spinta emotiva per l’intero movimento sindacale italiano. Erano proprio i giorni delle celebrazioni dei funerali di Stato per Placido Rizzotto, sindacalista e partigiano, morto ammazzato per difendere i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici delle terre siciliane. Rizzotto era uno dei tanti capi lega e sindacalisti (se ne contano circa 62) ammazzati dalla mafia tra il ’44 e il ’61. Il movimento bracciantile siciliano si mobilitò attraverso una straordinaria stagione di lotte con l’obiettivo di rivendicare il pezzo di terra che i Decreti Gullo avevano garantito per legge a tutti e che la mafia si rifiutava di consegnare ai contadini. Erano gli anni della strage di Portella della Ginestra, passati alla storia come stagione di terrorismo politico/mafioso, perché caratterizzata da connivenze, insabbiamenti e depistaggi: non è un caso che quasi tutti questi omicidi siano rimasti impuniti e che i processi non abbiamo mai portato a condanne processuali. L’Osservatorio, composto da operatori interni e esterni al mondo
Articolo di Simone Ferretti - Responsabile politiche per l'immigrazione ARCI Toscana
Il quadro nazionale non tende a variare rispetto all’incisività relativa alle politiche collegate al tema dei migranti. Nonostante le elezioni dello scorso febbraio, è sotto gli occhi di tutti che le incertezze della situazione politica restano. La scelta di creare un dicastero dedicato ai temi dell’Integrazione, così come il momento inedito e dirompente generato dalla nomina di una donna ‘di colore’, hanno sicuramente dato un segnale forte sul piano culturale, in grado di indicare una strada diversa da quella percorsa dal nostro Paese negli ultimi anni. Ma al tempo stesso, le politiche del settore dell’immigrazione non compaiono come priorità nelle dichiarazioni programmatiche del governo.
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