Domenica, 02 Febbraio 2014 00:00

Yo decido. Da Madrid a Firenze, le ragioni di una protesta

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Madrid, scritto da Nilo Di Modica

«Ma, in che senso lo eliminano?». È questa in genere la prima reazione che si registra dando la notizia del nuovo disegno di legge sull'aborto presentato lo scorso 20 dicembre al parlamento spagnolo, a firma del ministro della salute Alberto Ruiz-Gallardón.

Abituati da sempre all'intemperanza con la quale la chiesa affronta l'inesorabile scorrere dei secoli fuori dai confini vaticani, resi quasi insensibili dai suoi continui tentativi d'intervenire nella vita pubblica, di fronte alla notizia dell'eliminazione pura e semplice dell'interruzione volontaria di gravidanza in Spagna la cognizione dei più ha un sussulto.

Qualcosa non torna: come se ci avessero appena comunicato l'abolizione del divorzio o del suffragio universale.

Perché anche stando così le cose, il fatto che nell'Europa del 2014, peraltro vessata dalla crisi, si pensi a limitare così ferocemente un diritto apparentemente scontato fa subito pensare ad un fraintendimento, o al massimo ad una sicura parzialità di chi porta la cattiva notizia. Dimostrazione ulteriore che gli anni '70 (che in Spagna sono arrivati tutti insieme negli '80) non sono dati una volta per tutte e che sempre, in qualunque momento, potranno perdersi nella dinamica degli eventi se solo ci si azzarda a lasciarli scritti su un codice, senza incarnarli in braccia, gambe, testa e azioni di una vigile comunità.

Ben lo hanno capito gli oltre 30mila, donne e uomini, che questo pomeriggio hanno marciato compatti per le strade di Madrid, in ideale compagnia dei tanti, in tutta Europa, che si sono ritrovati in piazza un po' in tutto il continente. Un corteo coloratissimo e molto, molto combattivo, che ha visto la presenza di più generazioni di donne unite nel chiedere che la proposta di legge sull'aborto venga semplicemente cancellata.

Una proposta che in Europa rischia di avere il primato assoluto quanto a restrizioni imposte alla donna che si trovi nelle condizioni fisiche, ma soprattutto psicologiche, di dovere o voler abortire.

La “ley de protección de la vida del concebido y de los derechos de la mujer embarazada”, legge per la protezione della vita del nascituro e dei diritti della donna in gravidanza, cancella infatti non solo 4 anni di applicazione della legge voluta dal governo socialista di José Luis Rodríguez Zapatero, una delle più avanzate del continente, ma fa retrocedere la Spagna di oltre 30 anni, riportandola a quel 1985 in cui, per la prima volta, il paese ebbe una legislazione in merito.

Un diritto, quello che si mette in crisi, che anche dal punto di vista giuridico diviene, di fatto, un reato depenalizzato, e che rischia di perdersi in un mare di doppi procedimenti, relazioni di potere, certificati, tempistiche serrate e, naturalmente, obiezioni di coscienza. Il tutto condito da un tombale obbligo alla segretezza circa i “chi” e i “dove” tale diritto sarà ancora praticabile, ma comunque e tassativamente solo in caso di malformazioni e rischi per la salute.

Uno e uno solo è lo spazio lasciato alla volontà della donna, ed anche questo è emblematico: il caso in cui essa sia stata vittima di stupro. La libertà di scelta dunque viene concepita solo come eccezione. Graziosa concessione, quando serve a riparare ad un torto che un'altra volontà, quella dell'uomo, ha orribilmente realizzato imponendosi con la forza. Anche in questo la donna, concepita come pura passività, viene lesa nel profondo: le si da la possibilità di sceglie quando è sfortunatamente incappata nella libertà dell'unico genere che la detiene. La libertà è roba da maschi, e quando questi ne abusano allora anche alla donna la si può concedere. Per il resto no, in tutti gli altri casi la libertà non è accettabile. Nessuna determinazione concepibile nella donna si genera e per la donna, per il bene che essa si sceglie e si vuole, resta. Niente, nella vera solitudine della sua coscienza, la riguarda. E quando uomini, genetica o sfiga non si mettono di mezzo, ecco solidale la legge che s'impone. L'altra, quella del 2010, mai lo faceva. Dove prima nessuna era obbligata ad abortire, oggi, relegate alla minore età, son tutte madri a forza.

Il corteo.

Contro tutto questo si è mosso il corteo di oggi, che sotto il nome di Tren de la Libertad, treno della libertà, ha visto decine e decine di organizzazioni per i diritti delle donne da tutta la Spagna unirsi sotto la piattaforma ¡Yo decido! (Io decido).

Un fiume in piena partito dalla centralissima stazione ferroviaria di Atocha e che nel primo pomeriggio ha attraversato tutto il Paseo do Prado, per radunarsi sotto il Ministero della Salute. Un grande appuntamento nato dall'iniziativa delle due organizzazioni Tertulia Feminista “Les Comadres” e la asturiana Union de las Mujeres por la Igualdad de Barredos, ma che ha visto la partecipazione di moltissime organizzazioni, sindacati, partiti politici e manifestanti provenienti da Catalogna, Andalusia, Asturie, Castiglia, Mancha e da altri regioni del paese parti del paese.

Presenti molti esponenti del Partito Socialista e di Izquierda Unida. Il corteo, scortato da un buon numero di agenti, ha avuto il suo culmine di fronte al Ministero, dove le manifestanti, in un clima di festa e senza incidenti, hanno chiesto a gran voce le dimissioni del ministro Ruiz-Gallardón, considerato il grande artefice di questa riforma. Tanti gli slogan in odore di anni '70, ma non solo.

Il messaggio, chiarissimo: «el útero es nuestro, nuestra elección», l'utero è nostro, nostra la scelta. Parole che, nei tanti cartelloni e striscioni della marea viola, hanno unito la rabbia delle ragazze più giovani al il doloroso ricordo di tutte coloro che, prima dell'85, si sono viste costrette ad abortire clandestinamente o ad andare nelle cliniche di altri paesi.

La manifestazione si è conclusa davanti alla Camera dei Deputati, quando i rappresentanti delle principali associazioni sono entrati per consegnare il documento (disponibile in fondo all'articolo in italiano) indirizzato al Primo Ministro, ai ministri della Giustizia e della Sanità e ai rappresentanti dei gruppi parlamentari. Dopo il presidio di fronte al Ministero della Salute, il Treno della Libertà ha fatto la sua ultima fermata presso il vicino auditorium Marcelino Camacho, sede dell'assemblea a cui hanno preso parola più di cinquanta organizzazioni femminili, sindacati, partiti politici e semplici cittadini.

Il disegno di legge.

Con la nuova legge, di fatto, l'interruzione di gravidanza sarà permessa solo a fronte di “rischi gravi e duraturi” le salute psico-fisica della donna o presenza di un forte rischio per la sua vita, o infine, nel caso in cui vi sia stato stupro. Il termine ultimo per effettuare l'aborto, nel primo caso, deve essere di 22 settimane dal concepimento, mentre scendono a 12 per i casi di stupro, che potranno essere riconosciuti solo in caso di una denuncia alle autorità.

Il rischio per la salute fisica o psichica della madre dovrà essere “sufficientemente accreditato da due relazioni adeguatamente motivate e trasmesse da due medici diversi”. Questi ultimi dovranno essere rigorosamente "specialisti nella patologia da cui deriva l'interruzione di gravidanza". Dopo questa valutazione la donna otterrà informazioni circa alternative e conseguenze della scelta di interrompere la gravidanza; decisione che comunque potrà essere comunicata e messa in atto dopo almeno “sette giorni” (rispetto agli attuali tre). I medici chiamati a fare la valutazione non dovranno inoltre lavorare nello stesso centro dove l'aborto sarà praticato. Nel caso in cui i rischi per la vita della madre derivino da "anomalia fetale incompatibile con la vita" saranno necessarie una relazione sullo stato di salute della donna ed uno sul feto.

Per quanto riguarda i minori, saranno considerati “informati e liberi” solo con il permesso dei titolari della patria potestà. Resta inalterato, naturalmente, il diritto all'obiezione di coscienza di tutti gli operatori sanitari che partecipano o cooperano nel processo di interruzione della gravidanza (diagnostica e interventistica). Il medico obiettore di coscienza dovrà informare il suo dirigente in forma scritta entro cinque giorni dall'inizio de informa per iscritto il direttore del centro entro cinque giorni dall'inizio del rapporto di lavoro. La loro decisione sarà inclusa nel fascicolo personale del medico e sarà assolutamente confidenziale. In tutto questo sarà tassativamente vietata la pubblicità delle cliniche praticanti interruzione di gravidanza, dato che, come ha commentato lo stesso ministro «non stiamo parlando di un prodotto di consumo».

Grande vanto dei propugnatori della legge è invece l'eliminazione del reato penale per la donna in caso di aborto clandestino, reato di cui però sarà riconosciuto colpevole il medico, secondo la legge già in vigore.

Non ci sono ancora state prese di posizione specifiche circa l'eventualità, per la donna, di una sanzione amministrativa.

Il contesto.

Eppure le premesse di questo attacco inusitato ai diritti delle donne c'erano, eccome. Già in primavera, quando il governo Popolare del cattolico Mariano Rajoy si era appena insediato, l'argomento era sulla bocca di molti. La Chiesa Cattolica in primis si mobilitò per rendere quella che era questione assodata un'assoluta priorità del nuovo governo. Una Campaña por la Vida indetta dalla Conferenza Episcopale, che in poche settimane ha riversato oltre 150mila euro in pubblicità in giro per tutta la Spagna, al grido di “Questo sono io...umano dal principio”, per un totale di 1.300 cartelloni pubblicitari, 100.000 santini, 15.000 manifesti, 50.000 volantini e 12.000 copie di una lettera (dati reperibili sul sito della Conferenza). Il tutto condito da un video di due minuti sparato su tutti i social-network.

Pochi giorni prima della presentazione del disegno di legge al Consiglio dei Ministri, poi, anche l'Europa aveva fatto la sua parte. Lo scorso 10 dicembre il parlamento europeo ha infatti bocciato la Risoluzione Estrela, che chiedeva il diritto all’aborto legale e sicuro per le donne di tutti i paesi dell’Unione. Una legge bocciata anche grazie alla decisiva astensione di sei deputati italiani del Partito Democratico(Silvia Costa, Franco Frigo, Mario Pirillo, Vittorio Prodi, David Sassoli, Patrizia Toia). Tutto questo in un'Europa nella quale la futura legge spagnola potrebbe rappresentare però una specie di record, fissando il limite a 12 settimane di gestazione, mentre in altri 20 paesi del continente sono come minimo 14. Senza contare gli studi dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che da sempre mostrano quanto le leggi più restrittive non siano in grado di ridurre il numero degli aborti e, tuttavia, sollevino rischi per le donne a causa degli interventi clandestini e del limitato monitoraggio della salute. Un panorama che in questo vede i dati italiani molto simili a quelli della Spagna governata dall'attuale legge.

E se il governo popolare si prepara a trasformare la proposta di legge in una triste realtà, il movimento femminista spagnolo si darà un nuovo appuntamento entro il mese, forse già per la prossima settimana. Vientres libres harán hombres libres, ventri liberi faranno uomini liberi, proclamava uno degli striscioni. Quanto dovremo aspettarli, questi uomini, solo il futuro può dircelo.

Il testo consegnato al parlamento cliccando qui.

Firenze, scritto da Erica Rampini, Diletta Gasparo e Chiara Del Corona

Primo febbraio giorno di mobilitazione europea a sostegno delle donne spagnole. Molte città sono state invase, infatti, da cortei e manifestazioni al coro di "yo decido". Questo è il titolo della lettera-appello che è stata consegnata a Madrid al Primo Ministro Mariano Rajoy, alla Ministra al sociale e pari opportunità Ana Mato e all'autore della legge il ministro alla Giustizia Alberto Ruiz Gallardón.

Una legge che modifica l'attuale sulla salute sessuale e riproduttiva e sull'interruzione volontaria della gravidanza, restringendo e limitando il ricorso all'aborto solo in caso di violenza sessuale o di gravo rischio per la salute della donna, certificato da ben due medici. Un duro attacco, dunque, alla legge introdotta dal governo Zapatero e che nel 2012 ha portato alla riduzione di 6 mila casi di aborto rispetto all'anno precedente, a dispetto delle enormi critiche avanzate dai movimenti per la vita in Spagna come altrove.

Infatti gli attacchi a queste leggi stanno avvenendo in tutta Europa, e come sappiamo anche da noi la situazione non è certo tra le migliori: quello che sta succedendo in Spagna potrebbe presto verificarsi anche in Italia, dove l'attuazione della legge 194 è continuamente messa a dura prova dal costante aumento dei medici obiettori nelle cliniche e negli ospedali italiani.

È questo il motivo che, nonostante l'incessante pioggia che sta per far straripare l'Arno, oggi circa 250 persone sono scese a manifestare davanti al Consolato spagnolo in via De' Servi a Firenze. Il colore, la gioia e la vitalità di coloro che hanno animato la strada con canti e balli contrastava non solo con il grigiore del cielo ma anche con le infami accuse che vengono mosse contro le donne che ancora oggi, nel 2014, sono costrette a combattere per la propria autodeterminazione.

Qualsiasi argomento di chi, erettosi a sacro ed assoluto protettore della vita in tutte le sue forme (anche di quelle che ancora non sono di fatto vita), accosta l'aborto all'omicidio è crollato di fronte alla spensieratezza di chi oggi era in via De' Servi. Come scriveva Calvino in una lettera a Magris sul tema, "mettere al mondo un figlio ha un senso solo se questo figlio è voluto, coscientemente e liberamente dai due genitori. Se no è un atto animalesco e criminoso. Un essere umano diventa tale non per il casuale verificarsi di certe condizioni biologiche, ma per un atto di volontà e d’amore da parte degli altri. Se no, l’umanità diventa – come in larga parte già è – una stalla di conigli. Ma non si tratta più della stalla «agreste», ma d’un allevamento «in batteria» nelle condizioni d’artificialità in cui vive a luce artificiale e con mangime chimico."

Dobbiamo quindi ricordare che oltre alla vita stessa, altrettanto importante è la qualità della vita. Ed è per questo motivo che migliaia di donne oggi sono scese in piazza a manifestare per il diritto di poter scegliere di dare qualità a quella che sarà una vita. E lo hanno fatto in Spagna dove questo diritto è stato negato de facto con lo strumento di una legge bigotta e reazionaria e lo hanno fatto in Italia dove se il diritto all'interruzione volontaria di gravidanza è sancito solo sulla carta ma non di fatto. Tra presidi sanitari che vengono chiusi con la scusa dei conti che devono tornare e tra movimenti pro life che con i loro obiettori di coscienza sono riusciti ad arrivare ovunque, per le donne italiane interrompere una gravidanza sta diventando un'impresa titanica. Speriamo quindi che i grandi numeri di questa giornata di protesta possano far vedere al mondo intero, in particolare a quello bigotto, la grande rete di solidarietà che le donne sono riuscite a creare ma soprattutto possano avere un ruolo per un cambiamento al "rialzo" dei diritti in tutti i paesi europei: i progressi fatti da uno, possono servire per migliorare le condizioni di tutti!

Ultima modifica il Domenica, 02 Febbraio 2014 00:01
Beccai

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