Propedeutiche ad una ripresa delle trattative potrebbero essere, ma il condizionale è d'obbligo, le dimissioni, a sorpresa, del principale responsabile dei conti ellenici Yanis Varoufakis, il quale ha lasciato l'incarico proprio per facilitare una ripresa dei negoziati interrotisi alcuni giorni fa, dopo l'annuncio della messa a referendum della “lista della spesa” di Bruxelles.
Per un accordo tra Grecia e creditori anche i cinesi, che con il Primo Ministro Li Keqiang, si sono augurati, negli scorsi giorni, una chiusura della vicenda all'interno dell'Europa. Un inequivocabile segnale, di quello di Pechino, di non disponibilità a concedere prestiti ad alto rischio e a chi non si è accordato con gli attuali creditori.
Da Russia ed America Latina, sono giunte invece alla Grecia, ed al suo popolo, bellissime parole ma poco altro. Tolto infatti il Turkish Stream (importantissimo anche per l'italiana Saipem), la cui importanza non va sottovalutata ma che è altro affare rispetto alla vicenda del debito, il basso prezzo del petrolio ed i problemi che economie che sull'esportazione di quello vivono, limitano di fatto una possibilità di intervento – sostitutiva rispetto al'Eurogruppo – da parte di quei Paesi.
Buon senso vorrebbe, adesso, che le parti tornassero a discutere, al fine di evitare una “Grexit” giuridicamente complessa da realizzare e disastrosa per tutti, in primo luogo per i greci. Per un Paese dalla bilancia commerciale in passivo, comprare petrolio e medicine in dracme non sarebbe un grande affare.
Segnali di disponibilità potrebbero arrivare dal Fondo Monetario ed, in misura più limitata, dalla BCE.
I prossimi giorni ci diranno se la paura di Podemos e Sinn Fein impedirà, oppure no, la mediazione.