La sua parabola meteorica sembra quindi esaurirsi nel giro di pochi mesi, rivelandosi, più che una patologia, il sintomo del malessere del Paese. Da un lato, infatti, i voti di Kukiz non sono tornati a PO. Dall’altro, le rilevazioni demoscopiche mostrano una diffusa apatia: solo il 30% degli astenuti avrebbe disertato le urne con l’obiettivo di far mancare il quorum, mentre un complessivo 41% ha dichiarato di essere disinteressato, confuso o poco informato. Un ulteriore 22% non ha neppure saputo spiegare per quale motivo non ha votato.
Domenica 13, invece, è stato ufficialmente presentato il programma della coalizione unitaria della sinistra, ZL, a cui hanno aderito ex-comunisti (SLD), laici, ecologisti, socialdemocratici, nazionalisti di sinistra e trockisti.
Le proposte ruotano attorno a tre nuclei fondamentali.
Il primo è costituito dal lavoro e dai diritti sociali: aumento del salario minimo, abbassamento dell’età pensionabile, maggiore progressività delle aliquote fiscali, istituzione di un servizio sanitario nazionale (al momento l’assicurazione è provvista dal datore di lavoro) e abolizione delle quote-limite di cure mediche per persona, programma di edilizia popolare e divieto di sfratto “sotto il ponte” (ovvero se l’inquilino non ha trovato una nuova sistemazione).
Il secondo nucleo riguarda le opportunità per i giovani: oltre agli sgravi fiscali per le assunzioni si propone di aumentare la spesa in istruzione per ottenere un maggiore collegamento con il mercato del lavoro e di abolire gli esami di abilitazione per le professioni scientifiche.
Il terzo, infine, riguarda la laicità e la riduzione dell’influenza ecclesiastica nella legislazione: si propone la secolarizzazione completa dell’insegnamento scolastico, l’introduzione dell’educazione sessuale nelle scuole, l’abolizione del finanziamento pubblico alla Chiesa cattolica e del reato di vilipendio alla religione, l’imposizione fiscale sui redditi degli esponenti del clero, il rimborso delle spese in anticoncezionali, l’introduzione delle unioni civili per le coppie omosessuali.
Nel campo dei rapporti con la Chiesa – e anche nella politica estera, in cui ZL si propone come ponte tra la UE da un lato e Russia e Bielorussia dall’altro – c’è una netta virata a sinistra rispetto al periodo di governo, a cavallo dei due millenni, in cui i governanti ex-comunisti polacchi avevano ottimi rapporti con papa Wojtyła ed erano alleati fedelissimi degli USA.
Queste scelte rispondono a un peculiare orientamento dell’elettorato polacco. Kukiz si definì “un uomo di destra con un cuore di sinistra”: è una contaminazione largamente presente nel Paese. I sondaggi mostrano ZL oscillare attorno alla soglia dell’8% necessaria per entrare alla Camera bassa, ma prevedono anche un potenziale massimo del 20%, corrispondente a quanti si definiscono di sinistra o centrosinistra (per un confronto, il 39% risponde di sentirsi di destra o centrodestra e il restante 41% non si identifica) e, addirittura, un “bacino largo” del 41% (che corrisponde in effetti al risultato elettorale di SLD prima della crisi di popolarità del 2003).
Lo slogan della convenzione programmatica di ZL è stato “populismo zero”, con un evidente intento di marcare la distanza da forze politiche con posizioni simili ma di ispirazione ben diversa: soprattutto PiS, il partito reazionario grande favorito per vincere la Camera bassa dopo aver vinto la Presidenza. PiS aveva proposto tre referendum in aggiunta ai tre convocati da Komorowski: uno per abbassare l’età pensionabile (obiettivo, come si è visto, condiviso dalla sinistra), uno per riportare a sette anni l’età scolare (abbassata a sei dal governo liberale), uno per bloccare la privatizzazione delle foreste (una misura che danneggia l’elettorato rurale, che sarebbe costretto a comprare sul mercato i beni ora ricavabili dal bosco).
Si vede come tali questioni facciano riferimento ad un’idea comunitarista e di destra sociale che intende reagire alla politica sviluppista e liberista di PO, giudicata discriminatoria e oppressiva nei confronti delle campagne. Simile convergenza tra la destra reazionaria e la sinistra non è soltanto occasionale su singole proposte: secondo un’indagine pubblicata da Gazeta Wyborcza (il principale giornale liberale), il 23% dei polacchi di sinistra vota PiS (e, all’opposto, il 16% PO), mentre una identica percentuale degli elettori di PiS indica ZL come ipotetica “seconda scelta” di voto. E proprio a queste due forze si dirigono i voti in esodo da Kukiz.
A lungo è stato detto che Komorowski, dato per stra-favorito da tutti i pronostici, abbia perso le presidenziali per essersi impegnato poco in campagna elettorale; altri indicano motivi meno fortuiti, come una presunta faziosità o un carattere incolore. Ma seguendo i movimenti nell’elettorato sembra che in realtà la Polonia europea, capitalista, liberale costruita da PO in otto anni di governo abbia poggiato su basi di argilla: il fatto che un cantante rock sia passato in un mese dal 3% al 20% delle intenzioni di voto per poi sparire è segno del disorientamento di una società che, da un lato, pare diffidare della politica e della corruzione che vi regnerebbe (nei sondaggi, i due terzi dei cittadini ritengono la corruzione un fatto comune, anche se oltre l’80% indica di non essere venuto a conoscenza di alcun episodio nell’ultimo anno) ma, dall’altro, ne chiede con insistenza la protezione.
La sfida per la sinistra sembra dunque quella di raccogliere l’orientamento democratico, civile, innovatore e laico di PO (che prende voti soprattutto nella zona modernizzatrice della Polonia ex-tedesca, proprio come gli ex-comunisti dopo il 1989) e per altro verso di strappare a PiS e a Kukiz la bandiera dello stato sociale.
Una sfida difficile da combattere, a maggior ragione all’insegna del coerente “zero populismo”, se si pensa a quali sono due temi scottanti di questa campagna. Uno è anzitutto la crisi dei rifugiati: PiS rifiuta qualsiasi aumento di rifugiati perché – è il ragionamento – “la Polonia dovrà prepararsi all’arrivo dei rifugiati ucraini a seguito del precipitare della situazione”, mentre il governo ha accusato PiS di xenofobia e ha annunciato un aumento “volontario” nel numero di rifugiati restando contraria alle quote automatiche, che sono invece sostenute da ZL. Un secondo fronte è quello dei mutui in franchi svizzeri, sottoscritti da molti polacchi prima della crisi economica quando la valuta di Berna valeva 2-2,5 złoty, mentre oggi ne vale più di 4. Il governo aveva proposto alla Camera bassa una conversione in divisa polacca per le case più piccole, con il costo da ripartirsi a pari titolo tra banche e cliente, ma a sorpresa era stato approvato un emendamento della sinistra che aumentava al 90% la quota del costo per le banche. L’emendamento è stato poi corretto dal Senato, ma le proteste degli istituti di credito e i timori della Banca nazionale sono rimasti – sono in molti, però, a ritenere che dopo le elezioni si troverà una soluzione che eviti un crollo bancario.