Quando altre sono le sedi nelle quali vengono decise le “cose che contano”, per quale ragione recarsi alle urne?
Molto distaccata dalla formazione della sinistra, Nuova Democrazia conserva però un significativo peso (poco sotto il 30% dell'elettorato). Ai minimi storici, nonostante l'alleanza con Dimar, il Pasok, il cui, oramai definitivo, ridimensionamento colloca il partito che fu dei Papandreou (e che è stato per un lungo tempo tra le maggiori forze socialiste europee) in una posizione marginale nella dinamica parlamentare.
Risultato modestissimo per l'ex corrente di Syriza “piattaforma di sinistra”, diventata Unità Popolare, del già ministro Lafazanis, incapace di accedere al parlamento. Sostanzialmente immutato, invece, il consenso dei comunisti del KKE (5,5%). A destra della destra, il paventato boom di Alba Dorata, pronosticato da anni, non è, fortunatamente, giunto. Rimane però un elemento preoccupante il consolidarsi di questa organizzazione come terza forza del Paese.
Archiviati i risultati e con il via al governo quasi fotocopia Syriza-Greci Indipendenti (questi ultimi usciti ridimensionati dalle urne), la battaglia di Tsipras è ben lungi dall'essere vinta. Il governo si troverà infatti ad applicare le pesantissime condizioni imposte dai creditori: privatizzazioni del privatizzabile (in primo luogo gli asset strategici che potrebbero far ripartire l'economia greca), riforma delle pensioni, aumento della pressione fiscale per agricoltori e nelle aree turistiche, flessibilità estrema nei contratti di lavoro.
Una strada, quella dell'austerità, già sperimentata, e le cui premesse teoriche sono state brutalmente smentite dal 2009 (ma ugualmente consentendo il raggiungimento di obiettivi politici per i conservatori europei e lucrosi affari per i loro sponsor).
Ogni singolo cambiamento al memorandum, ogni tentativo di reperire risorse in maniera alternativa a quanto stabilito due mesi fa a Bruxelles, andrà verificato ed approvato dai rappresentanti dei creditori (la troika, mai andatasene veramente da Atene), in una situazione di commissariamento di fatto di un Paese a forze esterne (un neocolonialismo del debito potremmo definirlo).
La sfida della sinistra greca per una ragionevole discussione sul debito (vera partita che trova oramai concorde anche il Fondo Monetario) e per un mutamento delle politiche sociali ed economiche, in una Europa che ha “costituzionalizzato” il liberismo, può risultare vincente unicamente se giungeranno buoni risultati per i partiti “fratelli” (principalmente Podemos e Izquierda Unida in Spagna e Sinn Fein in Irlanda) e per altre formazioni di sinistra (potrebbe essere il caso del new new labour di Corbyn che su questo attenderemo al varco) capaci di spostare l'equilibrio europeo.
Più lontana, ma ugualmente degna di attenzione e di riflessione, appare l'ipotesi di un "piano B", che ha avuto il suo avvio di elaborazione durante l'ultima festa nazionale de L'Humanité, sponsorizzato dal marxista irriverente Yanis Varoufakis, dall'ex leader della Linke Oskar Lafontaine, dal portavoce del Fronte de Gauche Jean-Luc Mélenchon e dall'italiano Stefano Fassina.