Risultato elettorale ampiamente previsto, quello che arriva dalla Catalogna, meno prevedibili saranno gli scenari che interesseranno la regione nell'immediato futuro.
A scrutinio quasi concluso la coalizione attualmente alla guida della Generalitat Junts pel sì (composta dai moderati di Convergenza Democratica - orfani dei meno separatisti di Unione Democratica - e dalla sinistra di Esquerra Republicana de Catalunya, uniti in funzione indipendentista al di là delle divergenze ideologiche) ha ottenuto 62 seggi (sui 135 del locale parlamento), che sommati ai 10 (dai 3 uscenti) della lista Candidatura d'Unitat Popular (movimento senza leader che raggruppa molte sensibilità della sinistra indipendentista), assicurano al fronte indipendentista la maggioranza nel Parlament. In crescita l'affluenza (oltre sei punti in più rispetto alle scorse consultazioni), in quello che la propaganda indipendentista ha definito “il voto della tua vita”.
Seconda lista (si vota con il proporzionale e le liste bloccate) quella dei Ciudadanos, formazione di centro-destra recentemente cresciuta nella propaganda anti-corruzione, e sulla quale si è concentrato buona parte del voto anti-indipendentista. Alla formazione guidata da Albert Rivera vanno 25 seggi (9 i consiglieri uscenti).
Al terzo posto il PSOE (16 seggi), formazione politica che si è già liberata, negli scorsi anni, di quei socialisti favorevoli all'indipendenza, e che localmente propone, in sostanza, una autonomia ancora maggiore ai catalani. Dietro la formazione guidata da Iceta, si piazza la composita lista unitaria della sinistra Catalunya, sì que es pot. La lista, composta dalla locale federazione di Izquierda Unida (comprendente a sua volta i comunisti catalani del PSUC-viu), Podemos e ICV (i verdi catalani), con 11 seggi presidia uno spazio politico a sinistra ma non cresce, contrariamente a quanto era avvenuto pochi mesi con le vittoriose comunali di Barcellona. Al contrario la sinistra perde due seggi rispetto alle precedenti consultazioni, nelle quali era presente unicamente Izquierda Unida (appare dunque scarso il contributo del partito di Iglesias in queste elezioni).
Estremamente probabile che il mancato decollo del listone della sinistra sia attribuibile alla sofferenza che la sinistra nazionale spagnola ha sempre avuto rispetto alle varie spinte indipendentistiche che attraversano il Regno dei Borbone (non soltanto nel caso catalano, ma anche, ad esempio, in quello basco). L'appiattirsi di tutta la discussione politica catalana sul tema dell'indipendenza ha, con ogni evidenza, polarizzato il voto, penalizzando chi come Podemos ed IU non ha preso una posizione definita sul tema (limitandosi ad affermare il diritto ai catalani ad un referendum).
11 seggi il Partito Popolare, che ne lascia per strada otto rispetto al 2012. Non sono infatti bastati gli appelli anti-indipendensti di Obama e Merkel, nonché la chiusura della campagna elettorale con la presenza dell'ex presidente francese Sarkozy per compattare il voto “spagnolista” sull'ex sindaco di Badalona Xavier Garcia Albiol.
Acquisito il risultato si proporranno, fatalmente, le incognite sul destino prossimo della Catalogna. Scontato che altre spinte indipendentiste (baschi, galiziani) otterranno maggiore legittimità dai risultati usciti dalle urne di Barcellona, sarà inevitabile un irrigidimento del governo centrale rispetto ai passi, già indicati dal capo della Generalitat Artur Mas, verso l'indipendenza.
Già in passato, la corte costituzionale di Madrid aveva tolto ogni legittimità alla consultazione indipendentista (che ebbe largo sostegno popolare, in primo luogo dai sindaci) ed alle altre prove di forza verbali rispetto allo statuto catalano (come l'inserimento del concetto di nazione catalana). Altre tensioni potrebbero interessare il complesso dei “paesi catalani” - definizione politica dentro la quale stanno insieme anche Valencia ed un pezzo (La Franja) di Aragona - stretti tra spinte di unione con la Generalitat (impossibili per l'attuale Costituzione spagnola) e sofferenze per la supremazia di Barcellona (recenti, in tal senso, le polemiche suscitate tra Valencia e Barcellona per le parole del Consigliere alla Giustizia della Generalitat Germà Gordó, per il quale "la costruzione di uno stato non deve far scordare la nazione intera").
Rimane inoltre da capire, e gli ultimi comunicati della Commissione non aiutano a capirlo, i rapporti tra una Catalogna indipendente e l'Unione Europea.
Quel che è certo è che dentro l'attuale Europa sono sempre più le insofferenze (di destra, di sinistra e di centro, come nel caso di Mas) verso diversi stati nazionali (i casi più clamorosi riguardano Scozia e Belgio) e che non sarebbe più così sorprendente trovare tra qualche anno una Spagna priva del 16% della sua popolazione e del 25% del proprio PIL.