Lunedì, 03 Luglio 2017 00:00

La Gabbia dei Trattati

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La Gabbia dei Trattati
Il saggio di Matteo Bortolon sui trattati di libero scambio

«Uccidere o fare del male in modo aperto è potenzialmente inefficace, suscita ripulsa e senso di ingiustizia, ed è dispendioso; opprimere attraverso meccanismi più anonimi (come l'innalzamento dei prezzi dei generi alimentari o il taglio ai redditi medio-bassi) suscita meno opposizione e rende difficile individuare l'avversario. Un tratto di penna, sprofondando milioni di persone nella miseria, può fare più morti di una colonna armata».

Le grandi trasformazioni della nostra epoca sono spesso il frutto di ciò che viene negoziato e deciso da un gruppo molto ristretto di individui nelle posizioni di potere all'interno della governance globale. L'aspetto più pericoloso e inquietante dei Trattati di libero mercato deriva proprio dal loro presentarsi come dei semplici accordi commerciali e sugli investimenti fra stati quando in realtà, queste misure, non hanno quel carattere tecnico e asettico che i suoi sostenitori gli attribuiscono, né hanno come unico obiettivo quello di accrescere il commercio mondiale. Quello che il saggio "La gabbia dei Trattati" (Dissensi, 2015), mette molto bene in luce è il disegno politico di fondo che si cela dietro degli accordi solo apparentemente innocui: diffondere il dogma neoliberista ovunque, definire i contorni di un utopia in cui tutto possa essere ridotto a merce e scambiato, compresi i più basilari e preziosi beni comuni (per l'economia: "servizi") come l'assistenza sanitaria o l'istruzione.

Si spiega così il titolo del saggio presentato lo scorso 23 giugno a Firenze: CETA, NAFTA, TTIP, TTP sono tutte single che nascondono quel medesimo intento che lo studioso statunitense Stephen Gill definisce di "nuovo costituzionalismo": una miriade di accordi commerciali e di investimenti che piuttosto che stabilire misure economiche, impongono un sistema di regole fra i vari stati firmatari che si traduce in un meccanismo che lungi dal difendere i diritti dei cittadini, garantisce quelli della proprietà privata e le condizioni di piena circolazione del capitale, mettendo dei paletti all'iniziativa e al controllo statale. Il nuovo costituzionalismo è così per Gill il "fulcro giuridico dell'ortodossia economica neoliberista": "esso mira a isolare i vertici decisionali della politica economica dal controllo democratico e dal voto, per porlo nelle mani degli interessi del capitale, in specie finanziario". Si crea così una gabbia d'acciaio di regole volte a limitare fortemente i meccanismi decisionali democratici in favore degli attori del marcato globale.

L’autore, Matteo Bortolon, che scrive di economia per Il Manifesto e che milita in varie organizzazioni e movimenti della società civile, sceglie di approcciarsi all’argomento con il preciso intento di cogliere gli elementi cardine e gli aspetti più rilevanti che caratterizzano e accomunano questi trattati, mettendo però in evidenza anche i grandi cambi di paradigma che sono intervenuti nelle modalità di realizzazione dei trattati, dall'approccio globale e ambizioso del WTO, fino al proliferare di accordi bilaterali e regionali che ricalcano anche gli interessi e le alleanze geopolitiche attuali (basta pensare al TTIP o al TPP). Si tratta dunque di un lavoro di analisi rigoroso, interessato a descrivere i meccanismi di funzionamento di un sistema astratto e pervasivo allo stesso tempo, ma non di un’opera tecnicistica poiché si vuole giustamente privilegiare la dimensione divulgativa. Il libro si propone infatti di essere uno strumento teorico-pratico rivolto a militanti, simpatizzanti della sinistra e più in generale al popolo nella convinzione che l’opposizione ai Trattati possa passare solo per una consapevolezza diffusa. La linearità dei ragionamenti e la chiarezza della trattazione lo rendono lo strumento ideale per raggiungere questo scopo. Coerentemente con questo proposito, viene giustamente riservato uno spazio rilevante alle forme di opposizione e di protesta che hanno accompagnato la negoziazione dei vari trattati, dalle marce dei contadini messicani contro il NAFTA fino al grande corteo contro il TTIP di Bruxelles dove è stato eretto un cavallo di Troia a simboleggiare l'inganno dell'accordo.

Come anche nel libro "TTIP" di Di Sisto, Ferrero e Mazzoni, si postula un salto di qualità nel funzionamento del capitalismo contemporaneo, che sembra aver trovato nei Trattati una modalità efficiente per sbarazzarsi delle vecchie istituzioni liberal-democratiche in favore di una gestione tecnocratica da parte di una governance globale oligarchica e poco trasparente. Bortolon però mette giustamente in guardia dal dare una lettura semplicistica della situazione (i buoni stati contro le cattive multinazionali) ricordandoci che sono proprio i governi dei vari stati, guidati da partiti o colazioni di centrodestra o centrosinistra, ad aver firmato i trattati che sono in vigore e a promuoverne l'adozione di nuovi. Da questo punto di vista, allora, è fondamentale il recupero della dimensione nazionale della lotta, come spiega bene l'autore nelle conclusioni:

«i due soggetti più attivi paiono polarizzarsi su due estremi: da un lato costruzione di percorsi locali, che per quanto incisivi in quell'ambito non riescono a produrre un reale spostamento di rapporti di forza. Dall'altro inseriti in dinamiche internazionaliste di marca cosmopolita, poco in contatto con le realtà di base e che non vanno oltre un coordinamento apicale. La parte mediana, propriamente il ruolo della politica tradizionale, è rimasta abbandonata ai soliti protagonisti. Eppure è a questo livello che si iscrive l'insieme dei poteri propri della forma statuale classicamente intesa».

Si comprende così il sottotitolo del saggio: "per una riconquista della sovranità democratica" è la necessità di rianimare la lotta anche al livello nazionale per ridare forza e vigore alle assemblee legislative in modo che riescano a vincolare con efficacia i governi firmatari dei trattati. Legando così una critica politica a una economica, e avanzando anche proposte di opposizione al disegno egemonico che si nasconde dietro gli accordi di libero scambio, "La Gabbia dei Trattati" è da accogliere come uno strumento di enorme utilità per la comprensione di uno degli aspetti più complessi ma anche più inquietanti del capitalismo globale attuale.

Ultima modifica il Domenica, 02 Luglio 2017 16:48
Alessandro Zabban

Nato nel 1988 a Firenze, laureato in sociologia. Interessi legati in particolare alla filosofia sociale, alla politica e all'arte in tutte le sue forme.

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