Chávez d’altra parte è bersaglio da sempre di una tale comunicazione. L’origine di essa è spagnola, esattamente nel quotidiano el País, “centro-sinistra” liberista, strettamente imparentato a la Repubblica, altrettanto orientata.
Tra le ragioni dell’accanimento spagnolo c’è il fastidio per le nazionalizzazioni operate dal governo venezuelano, che hanno colpito diversi capitalisti spagnoli, operanti in settori che il governo venezuelano, ritenendoli strategici, non vuole che rimangano nelle mani di imprenditori privati né che dipendano dalle dinamiche di mercato, ma vuole che siano al servizio dello sforzo dello stato di sviluppo economico programmato.
Gli aggettivi correntemente usati nei confronti di Chávez sono “populista” (per i liberisti, e per le parti politiche borghesi in generale, sono “populisti” non solo quelli veri ma anche tutti quelli che guardano alle richieste popolari anziché a quelle della grande borghesia e, in America latina, degli Stati Uniti) e “caudillo” (che fu il titolo ufficiale che il fascista spagnolo Franco adottò dopo aver sconfitto la Repubblica).
Come Chávez è diventato un rivoluzionario socialista - La sua, all’inizio, è parte di una storia di duecento anni condivisa da tanti altri giovani ufficiali latino-americani. Le forze armate dei paesi latino-americani sono state storicamente, quasi sempre, uno strumento di repressione antipopolare aperta e brutale, e questo perché in mano, negli alti ranghi, alle oligarchie economiche e politiche, a loro volta sorrette dagli Stati Uniti. Tuttavia le forze armate hanno anche rappresentato per molti giovani del popolo uno strumento di emancipazione individuale dalla miseria e dall’emarginazione, soprattutto quando questi giovani erano meticci, neri, discendenti di popolazioni native. Non mancano perciò nella storia latino-americana figure, anche di grande rilievo, di militari democratici, progressisti, rivoluzionari. Quello che diverrà il capo del Partito comunista del Brasile, Luís Carlos Prestes, fu inizialmente un capitano che, dopo essersi ribellato all’oligarchia, guidò, dal 1924 al 1927, una “lunga marcia” nell’interno brasiliano, quella cosiddetta dei tenenti, più lunga (24 mila chilometri!) di quella guidata da Mao in Cina. Chávez dunque all’inizio della sua vicenda era un giovane tenente colonnello dell’aviazione di sentimenti democratici e nazionalisti. Nel 1992 il governo venezuelano (normalmente in Venezuela si alternavano governi dell’oligarchia, a guida COPEI cioè sedicente democristiana o Acción Democrática cioè sedicente socialdemocratica, oppure governi militari di estrema destra, risultato di qualche golpe), che era in mano ad Acción Democrática, aumentò enormemente, convertito dal FMI al liberismo, i prezzi della benzina e di molti generi alimentari, determinando una rivolta popolare (che passerà alla storia come il “caracazo”), alla quale rispose con la repressione militare. Molte migliaia di manifestanti (a oggi non si sa il numero), furono uccise dalla polizia e dai soldati. Una parte delle forze armate, soldati, giovani ufficiali, i cadetti dell’accademia militare, rifiutò però di partecipare al massacro e si ribellò. Chávez fu il capo della rivolta, coadiuvato da altri tre tenenti colonnello. Si appellò al complesso delle forze armate perché cessassero la repressione e arrestassero il governo: la cosa non avvenne, la caserma dove era Chávez fu circondata, egli non volle resistere e si arrese. Radiato dall’esercito, processato, condannato a una pesante pena detentiva, due anni dopo un’ondata di manifestazioni popolari obbligherà il governo a liberarlo.
E’ in carcere che Chávez diventa marxista: per merito di una notevole figura, Jorje Giordani, figlio di un comunista italiano accorso in Spagna nel 1936 a difesa della Repubblica, e che lì prese moglie. La famiglia riparò fortunosamente, nel 1939, a Santo Domingo, dove nascerà Jorje, poi si trasferirà in Venezuela. Attualmente Giordani è Ministro dell’Industria e della Pianificazione. Egli introdusse Chávez in particolare alla lettura di Gramsci; lo portò, perciò, a una concezione assai evoluta e profondamente democratica del marxismo e del socialismo, per tanti aspetti sostanziali radicalmente alternativa al “socialismo reale” autoritario e burocratico sperimentato nell’Europa dell’Est. Alla lezione di Gramsci, come abbiamo visto in questi anni, Chávez rimarrà fedele.