Mercoledì, 22 Novembre 2017 00:00

La Guerra civile americana tra storia e memoria

La Guerra civile americana tra storia e memoria

Nel panorama politico in ebollizione degli Stati Uniti, uno dei temi che più è al centro di una controversa e feroce battaglia politica è la rimozione, in alcuni Stati, dei monumenti intitolati ai personaggi confederati della Guerra Civile. Il tema si è mescolato con le recenti tensioni razziali che sono riemerse (in realtà mai risolte) in molti sobborghi delle maggiori città statunitensi. Una battaglia che aveva preso di mira le forze di polizia, poi è diventata uno scontro tra i Democratici e comunità afroamericana, da una parte, e suprematisti bianchi, dall’altra, che hanno riportato alla luce una retorica neonazista che divampa in ogni parte del mondo cosiddetto occidentale.

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Martedì, 22 Agosto 2017 00:00

Charlottesville, Trump e il domani

Charlottesville, Trump e il domani

Charlottesville si iscrive tra gli eventi per cui sarà ricordata l'era Trump. Una manifestazione contro la rimozione di una statua di Robert Lee, generale degli sconfitti Stati Confederati, è stata promossa da forze di estrema destra (compreso il tristemente noto Ku Klux Klan), suscitando una reazione di piazza da parte della cittadinanza antirazzista.

Dopo alcuni scontri, Heather Heyer, giovane donna di 32 anni, è stata uccisa da un suprematista bianco, lanciatosi con la propria auto su un gruppo di dimostranti. Il presidente degli Stati Uniti in carica è stato accusato di aver preso una posizione di condanna in ritardo, oltre ad essere al centro di furiose polemiche per aver argomentato come le violenze siano da ascrivere ad entrambe le parti in piazza.

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Venerdì, 02 Giugno 2017 00:00

Bivio Europeo

Bivio europeo

Se un merito al governo della Germania va riconosciuto, è che essa (il suo establishment politico, industriale e finanziario) un’idea di ciò che debba essere l’Unione europea se l’è formata da tempo, inoltre essa quest’idea la pratichi con grande determinazione. altrove si arranca sempre più confusamente. peggio ancora, altrove si rimuovono le ragioni fondamentali di una crisi molto grave e orientata al disfacimento, e con Il disfacimento a un mare di immensi e ingestibili guai per le popolazioni.

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Trump e sauditi: il filo di sangue che li unisce

Gli eventi della settimana appena trascorsa restituiscono un quadro definito dalla visita storica di D.Trump a Riad. Una visita che è centrale per capire il quadro mediorientale e non solo. Il Presidente americano infatti ha voluto stabilizzare l'asse coi sauditi e le monarchie del Golfo Persico al fine di incrementare il fatturato della macchina militare statunitense, divenuta sempre più vorace. L'accordo siglato per la vendita di armi statunitensi ai sauditi per 110 miliardi di dollari ne è la dimostrazione.

Come sempre il discorso economico è abbellito dai discorsi ideologici e quindi troviamo la solita retorica americana del Bene contro il Male, per cui secondo Trump con i sauditi "si può vincere (il terrorismo) solo se le forze del bene saranno unite". Queste le forze del Bene: gli Stati Uniti e i loro alleati wahabiti. Le forze del Male vengono invece identificate chiaramente nei musulmani sciiti. Un discorso che è un toccasana per la pace in Medio Oriente come può intuire qualsiasi. Ma non solo, Trump è stato ben più esplicito, definendo l'Iran la "punta di lancia dei terroristi nel mondo". Ecco che il nuovo nemico in Medio Oriente è identificato.

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Crisi in Venezuela: che destino per la rivoluzione bolivariana?

Il governo venezuelano di Maduro in questi ultimi mesi si trova di fronte a una grave crisi di consenso che tuttavia andrebbe indagata a fondo per capirne le reali cause. Se da un lato vi sono stati errori strategici di gestione della rivoluzione, già chiaramente riconoscibili nell'ultimo periodo di governo Chavez, oggi siamo di fronte alla stretta finale di ciò che resta della rivoluzione bolivariana.

La borghesia compradora ancora fortissima in un paese dal passato coloniale così importante è tornata a sferrare il suo attacco nel momento di maggior fragilità e isolamento del Venezuela incamminato sulla strada del Socialismo del XXI secolo. Non ci sono più né Fidel Castro né Hugo Chavez e il contesto internazionale, con l'imperialismo di Trump scatenato, appare propizio.

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Globalizzazione: nuova fase o post-globalizzazione?

Dopo una sola settimana i provvedimenti del tycoon stanno già facendo scalpore, in particolare l’abolizione del Tpp e la detassazione per le imprese che producono sul territorio con tassa di confine per chi produce all’estero stanno facendo preoccupare i mercati, più che rassicurarli, per una possibile guerra commerciale. Parallelamente, il discorso di Xi Jinping a Davos in difesa della globalizzazione ha sconvolto molti. Tuttavia, se gli Stati Uniti che stanno per entrare nel decimo anno di crisi (nessuna ripresa significativa è in atto) sembrano voler adottare politiche rivolte al protezionismo, la Cina invece è pronta a difendere l’ordine economico della globalizzazione anche ponendosi al posto del gigante in decadenza. A tutto ciò si aggiunge il riassestamento geopolitico con la Russia (vedi dichiarazioni di Lavrov sul riavvicinamento Usa-Russia nella lotta all’Isis). Nulla di stupefacente in un mondo non più unipolare, come sognavano gli Stati Uniti dopo il 1989. Più complesso è analizzare cosa ne sarà del mondo multipolare.

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Mercoledì, 25 Gennaio 2017 00:00

Una democrazia d’ancien régime 2

Una democrazia d’ancien régime

Maître à penser d’annata e giornalisti di fama più o meno larga hanno espresso la loro autorevole opinione sull’esito delle elezioni presidenziali americane. La vittoria di Donald Trump – secondo costoro - è dovuta in gran parte, se non esclusivamente, al voto degli operai bianchi della cosiddetta rust belt (cintura della ruggine), ovvero le città e le contee un tempo sedi di grandi industrie – per lo più siderurgiche e meccaniche - che dagli anni ottanta hanno subito un drastico processo di deindustrializzazione.

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Lunedì, 23 Gennaio 2017 00:00

Stati Uniti: catastrofe post Obama?

Stati Uniti: catastrofe post Obama? (a dieci mani)

Il 10 gennaio, a quasi dieci anni dall’annuncio della candidatura alle primarie (10 febbraio 2007), Obama ha tenuto a Chicago il discorso di commiato alla nazione. Alla porta della Casa Bianca lo accompagnano 75 mesi di espansione occupazionale, un tasso di approvazione che sfiora il 60% e lo colloca al medesimo gradimento di fine mandato di altri popolari Presidenti (Eisenhower, Reagan e Clinton) e la convinzione – espressa poche settimane fa – che se la Costituzione gli avesse consentito un terzo mandato avrebbe potuto ottenerlo battendo Trump.
Questa convinzione è riecheggiata nel grido «Four more years» scandito a Chicago una folla ben più vasta di quella radunata in campagna elettorale da Hillary Clinton.
Ancora una volta il Presidente uscente ha tentato di salvaguardare il rispetto istituzionale ed evitato qualsiasi polemica verso il suo successore, cui ha assicurato «una transizione il più agevole possibile, proprio come il Presidente Bush fece per me», nonostante decine di parlamentari democratici stiano contestando la legittimità di Trump come Presidente.
Ma in effetti, oltre a difendere la propria eredità, Obama ha messo in guardia contro i quattro pericoli che a suo avviso minacciano la democrazia: l’iniquità sociale, il razzismo, il fanatismo politico e, soprattutto, la separazione tra cittadini e partecipazione politica.

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Martedì, 10 Gennaio 2017 00:00

Una democrazia da ancien régime (1)

Una democrazia da ancien régime (1)

Il provincialismo consiste nella duplice predisposizione degli abitanti di Frittole, Piovarolo o Canapale a pensare che l’abito mentale che muove le loro azioni, muova anche quelle dei cittadini di Pechino, Londra, Parigi, Mosca… E che tutto quanto usa farsi a New York, Buffalo o Chicago possa tale e quale farsi a Frittole, Piovarolo o Canapale!

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Il quadro mediorientale ha preso da qualche settimana a cambiare tutta la sUa parametratura; al tempo stesso le sue prospettive continuano ad apparire indeterminate. L'evoluzione di tale quadro ha il suo evento decisivo nella vittoria di Aleppo da parte del regime siriano, della Russia, dell’Iran e dei loro alleati minori.

A essa ha corrisposto una serie di fatti politici di grande portata, su iniziativa della Russia. la capacità di iniziativa degli stati Uniti, di converso, dato anche il risultato delle lezioni presidenziali, che già era debolissima e incoerente è precipitata a zero, essi sono stati addirittura esclusi da parte russa, finché sarà presidente Obama, dalla discussione in avvio sulle sorti politiche e istituzionali della Siria.

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