Settimana iniziata con il ritorno dagli Stati Uniti del ministro degli Esteri Taro Kono. A Washington il ministro ha avuto colloqui con il vicepresidente Pence, con l'omologo dimissionario Rex Tillerson e con Kang Kyung Wha, ministra degli Esteri della Repubblica di Corea, alla quale ha chiesto di porre il tema dei cittadini nipponici rapiti dalle autorità nordcoreane al tavolo delle trattative bilaterali tra le due parti della Penisola. 

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Curdi carne da cannone. Sono i nostri compagni eroici, difendiamoli

Quelle milizie curde e quei loro alleati appartenenti alle varie etnie e religioni della Siria (arabi, siriaci, turcomanni, yazidi, alauiti, ecc.) che hanno per primi sconfitto gli stragisti di Daesh armati e pagati da Turchia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar sono da due giorni sotto attacco, nel loro cantone di Afrin, il più occidentale, da parte dell’aviazione e dell’artiglieria della Turchia. La Turchia inoltre ha dichiarato di voler procedere con l’invasione di terra con suoi carri armati e sue truppe. Inoltre ha dichiarato che suo ulteriore bersaglio è la città di Manbij, liberata a suo tempo dai curdi e da milizie arabe e turcomanne loro alleate e governata da un consiglio democraticamente eletto dalla sua popolazione. Nel frattempo sono già in movimento verso Afrin le milizie delle cosiddette Forze Democratiche Siriane, ostili al governo siriano e alla Russia, composte da tagliagole provenienti dal riciclaggio turco dei vari gruppi islamisti radicali in campo in questi anni, da Daesh ad al-Qaeda ad altri minori. Ad essi viene affidato il compito di rompere la tenuta delle milizie curde e di massacrare la popolazione curda.

La Turchia rivendica la sua azione a nome di un suo diritto a difendersi da minacce lungo le sue frontiere: minacce che non sono mai esistite. In realtà la Turchia occupa un tratto di territorio siriano, spezzando così la continuità del territorio in mano curda. In questo tratto c’è la città di Jarabulus, l’antica Hyerapolis: nella quale ha immediatamente operato a cacciare i curdi, ha portato turchi e turcomanni a essa legati, ha imposto l’insegnamento del turco nelle scuole, la legislazione turca, ecc. Attraverso quest’occupazione le truppe turche risultano collegate al complesso delle formazioni islamiste radicali che occupano l’area della città di Idlib, forniscono a queste sistematicamente armi e mezzi di sostentamento, possono trasportarne i feriti in Turchia ecc. Più in generale, la Turchia guarda alla conquista di Aleppo: la cui realizzabilità dipende dal fatto che la situazione siriana anziché evolvere verso la fine delle sue molteplici guerre ne veda il rilancio massimo possibile. Giova rammentare come il governo turco abbia recentemente dichiarato il ripudio di quel Trattato di Losanna (1923) che ne definì gli attuali confini e come essa ora rivendichi aree in mano greca (alcune isole dell’Egeo, la Tracia greca), in mano siriana (l’area di Aleppo), in mano irachena (l’area di Mosul), nella quale anzi ha recentemente spostato truppe in quattro località.

La Russia dopo l’abbattimento da parte turca di un suo aereo militare aveva collocato suoi soldati nel cantone di Afrin e precisamente sul suo confine turco, ciò che significava l’impossibilità per la Turchia di invaderlo, quindi solo la possibilità (continuamente effettuata) di bombardarlo, soprattutto con l’artiglieria. Appena iniziati i recenti bombardamenti aerei la Russia ha ritirato le sue truppe. Il rapporto con la Turchia, l’intenzione di non riconsegnarla agli Stati Uniti sono evidentemente le cose che per la Russia contano, non già i diritti di una popolazione che ha combattuto anche per conto della stessa Russia. Quanto agli Stati Uniti, una settimana fa avevano formalmente dichiarato ai responsabili curdi di non sentirsi impegnati contro un eventuale attacco turco al cantone di Afrin. Evidentemente la logica statunitense risulta simmetrica a quella russa. La Russia ha dichiarato di considerare gli Stati Uniti responsabili di un disagio della Turchia dinnanzi all’armamento pesante da essi consegnato alle milizie curde, e che ha consentito a queste ultime, ripulita la Siria orientale da Daesh, di costruire un’entità fortemente autonoma nella Siria orientale. Ma la Russia non aveva dichiarato di sentirsi impegnata dalla prospettiva di una Siria confederale, dove ogni etnia o religione fosse in grado di esercitare i suoi diritti, cosa questa che in Medio Oriente necessariamente significa essere armati?

Gli Stati Uniti a loro volta hanno ieri chiesto a Turchia e a milizie curde di “fermarsi” e di “trattare” guardando solo al residuo di lotta a Daesh e compagnia. Sarà dura, dopo aver concesso alla Turchia di avviare l’attacco al cantone di Afrin.
Il Regno Unito ha dichiarato ieri di condividere pienamente l’azione di una Turchia minacciata sui suoi confini da un’entità aggressiva. Evidentemente è in ballo una trattativa commerciale tra Regno Unito e Turchia, oppure è in ballo qualche grossa fornitura d’armi. Come dice il proverbio, pecunia non olet. Giova solo rammentare come il traffico di armi sia il secondo grande business planetario, quindi un fattore di guerra addirittura indipendente dalla politica.

Il silenzio dal lato dell’Unione Europea è semplicemente assordante. La RAI ne parla per circa cinque secondi, in attesa di ordini di governo. Insomma l’attuale canagliaio mondiale grande e piccolo ha mostrato per l’ennesima volta di essere, non la soluzione del disastro mediorientale, ma uno dei suoi fondamentali attori. Agiamo come ci è possibile a difesa dei nostri compagni curdi, sono un faro di civiltà e di umanità in un pianeta che sta sprofondando. Se verranno soppressi il pianeta intero ci andrà di mezzo: tutti stanno riarmando, tutto sta marciando verso l’allargamento e la sinergia tra i conflitti in atto, e le armi usate, continuando così, saranno anche quelle atomiche. Già gli Stati Uniti lo dichiarano.

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Venerdì, 02 Giugno 2017 00:00

Bivio Europeo

Bivio europeo

Se un merito al governo della Germania va riconosciuto, è che essa (il suo establishment politico, industriale e finanziario) un’idea di ciò che debba essere l’Unione europea se l’è formata da tempo, inoltre essa quest’idea la pratichi con grande determinazione. altrove si arranca sempre più confusamente. peggio ancora, altrove si rimuovono le ragioni fondamentali di una crisi molto grave e orientata al disfacimento, e con Il disfacimento a un mare di immensi e ingestibili guai per le popolazioni.

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L’eredità dello Zar nelle mire del Sultano: Caucaso e Mar Caspio tra rifornimento energetico e frontiere mobili


“Non dormire cosacco, nella notturna tenebra di là dal fiume va il ceceno”. Una citazione de “Il Canto Circasso” citato nell’opera di Puškin Prigioniero del Caucaso. Parole ancora attuali lungo i confini caucasici della Federazione russa, che si affacciano su un territorio da secoli culla di agitazioni e ribellioni dai tempi dell’Impero zarista.

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L’ultimo lavoro di Samir Amin (Russia and the Long Transition from Capitalism to Socialism) restituisce quello che in Occidente la sinistra cerca da un pezzo, ossia una collocazione nei rapporti internazionali che sia conseguente ad una rigorosa analisi di classe. Il tema è scottante e il libro ha già riscosso il favore della stampa di sinistra anglofona (edito dalla Monthly Review Press, recensito dal giornale statunitense CounterPunch e dal britannico MorningStar).

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Il governo nipponico ha approvato, venerdì 2 dicembre, nuove sanzioni unilaterali verso la Corea del Nord. Tra le nuove misure approvate vi è l'espansione del periodo nel quale è negato l'ingresso in Giappone a quanti hanno compiuto viaggi in RPDC. Colpite con le nuove sanzioni anche la società cinese operante nella provincia di Liaoning, già sanzionata dagli Stati Uniti, accusata di aver fornito ai nordcoreani componenti atte a sviluppare il loro programma missilistico. Ad essere danneggiate dal nuovo, ulteriormente stringente, quadro di limitazioni al commercio della RPDC potrebbero essere anche diverse aziende cinesi che importano prodotti alimentari nordcoreani riesportandoli poi in Giappone. Anche la Corea del Sud ha deciso, il medesimo giorno, di rafforzare le proprie sanzioni verso il Paese confinante.

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L’Occidente in balia di un criminale impazzito? Già accadde

La versione turca degli avvenimenti che hanno portato all’abbattimento dell’aereo militare russo fa acqua. Gli Stati Uniti hanno dichiarato, sulla base delle riprese dei loro satelliti, che l’aereo russo ha sorvolato per 17 secondi una lingua di territorio turco che si insinua in territorio siriano. Questo vuol dire che i 5 minuti nel corso dei quali messaggi turchi avrebbero imposto per 10 volte all’aereo russo di abbandonare lo spazio aereo turco o sono stati effettuati tutti a un aereo russo fuori da tale spazio, oppure che solo un messaggio lo ha raggiunto mentre si trovava in esso.

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Giovedì, 26 Novembre 2015 00:00

Tocchiamo ferro

Tocchiamo ferro

E’ di qualche ora fa la notizia dell’abbattimento di un aereo militare russo, tramite missile aria-aria, da parte di un aereo militare turco sul lato più occidentale del confine tra Turchia e Siria. Da parte turca è stato affermato che l’aereo russo aveva sconfinato e che era stato invitato più volte a uscire dallo spazio aereo turco, e che solo a seguito della continuazione dello sconfinamento e dell’avvicinamento di un altro aereo russo sarebbe avvenuto l’abbattimento. I due piloti russi sarebbero riusciti a paracadutarsi. Il territorio sul quale l’aereo russo si è schiantato e i due suoi piloti sono scesi è siriano. E’ un territorio montagnoso controllato da un gruppo ostile al governo siriano composto da miliziani siriani di etnia turcomanna, probabilmente legata allo Stato Islamico e che aveva recentemente subìto bombardamenti da parte dell’aviazione russa. Questo gruppo ha dichiarato che uno dei due piloti era gravemente ferito e che è deceduto. L’altro parrebbe essere prigioniero. Veniamo alle dichiarazioni russe. L’abbattimento dell’aereo sarebbe avvenuto sulla Siria alla distanza di quattro chilometri circa dal confine con la Turchia, hanno affermato fonti militari. Da parte di Putin c’è stata una dichiarazione molto dura: la Russia è stata “colpita alle spalle” dai sostenitori dello Stato Islamico, ci saranno conseguenze. Una seconda dichiarazione ha affermato che l’aereo abbattuto stava sorvolando il passaggio di una colonna di autobotti che trasportava in Turchia petrolio dal territorio siriano controllato dallo Stato Islamico. Va da sé, credo, che anche se fosse accaduto uno sconfinamento russo l’abbattimento dell’aereo sarebbe totalmente ingiustificato e irresponsabile.

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Lunedì, 12 Ottobre 2015 00:00

La tragedia del Medio Oriente a una svolta?

La tragedia del Medio Oriente a una svolta?

L’editoriale di martedì 6 ottobre sul Corriere della Sera a firma di Paolo Mieli svolge un ragionamento condivisibile salvo però tacere su un punto fondamentale. È inoltre un ragionamento simile, a volte in modo determinato a volte on cautela, a quello di una buona parte delle forze di governo e dei mass-media occidentali (altrimenti Mieli se ne starebbe stato tranquillo a scrivere d’altro). Si tratta di una critica molto netta alle posizioni di Obama verso la crisi mediorientale e in particolare verso il versante siriano di questa crisi. Se l’ISIS (Daesh, l’ISIL, lo Stato Islamico) merita, per ciò che è, ciò che fa e ciò che vuole realizzare, di essere paragonato al nazismo, allora, argomenta Mieli, gli Stati Uniti dovrebbero orientarsi a praticare la medesima linea che praticarono facendo guerra al nazismo: l’alleanza con la totalità delle forze antinaziste.

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Di Marco Fantechi

Gli schieramenti nella trattativa internazionale per la regolamentazione dello sviluppo nucleare in Iran:

- USA, erano l'interfaccia principale dell'Iran. Resistendo al pressing di Israele, caldamente sostenuto dai Repubblicani, hanno puntato all'accordo.
- GB, defilata (non intende avere scontri con gli alleati arabi) allineata su posizioni USA.
- Russia è la realizzatrice degli impianti nucleari, ha sostenuto il ruolo di alleato/protettore dell'Iran e conta su consolidamento blocco sciita grazie al rientro del paese nei circuiti internazionali.
- Cina, pro Iran, rimasta defilata, abitualmente non assume posizioni nette nelle assisi internazionali, per non ostacolare i suoi flussi economici.

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