Roberto Capizzi

Roberto Capizzi

Nato in Sicilia, emiliano d'adozione, ligure per caso. Ha collaborato con gctoscana.eu occupandosi di Esteri.

Incontro, lo scorso 16 ottobre, tra parlamentari dell'opposizione e gruppi civici per discutere sulle strategie da intraprendere per cancellare la legislazione che consente l'impiego all'estero delle Forze di Autodifesa.
Hanno partecipato alla discussione rappresentanti comunisti, democratici, socialdemocratici, del Partito dell'Innovazione (alle prese con l'abbandono del leader Hashimoto, intenzionato a formare un partito locale basato sul proprio feudo elettorale di Osaka) e di quello della Vita del Popolo di Ichiro Ozawa oltre a diverse realtà civiche (l'Associazione degli Studiosi Contro le Leggi sulla Sicurezza, gli Studenti per un'Azione di Emergenza per la Democrazia Liberale e la Federazione delle Associazioni Forensi).

Un ampio rimpasto nel governo è avvenuto lo scorso 7 ottobre. Rimasti al loro posto ministri chiave (Finanze, Difesa, Esteri), sostituzioni hanno riguardato, tra gli altri, Trasporti (con l'ingresso di Keiichi Ishii del Nuovo Komeito che subentra al compagno di partito Akihiro Ota), Istruzione e Sport (con l'ex wrestler Hase che ha sostituito Shimomura) e Ambiente, con l'ingresso della deputata ed ex giornalista televisiva Tamayo Marukawa.
Taro Kono (figlio di Yohei, già Segretario Generale del Gabinetto, noto per la sua dichiarazione ufficiale sulle comfort women), conosciuto per la sua contrarietà al nucleare, ha assunto, invece, il dicastero della Funzione Pubblica e la guida della Commissione Nazionale di Pubblica Sicurezza.

Firmato ad Atlanta, negli Stati Uniti, lo scorso 5 ottobre, l'accordo quadro del Trans-Pacific Partnership Agreement (TTP). L'accordo di libero scambio interessa alcune delle più importanti economie che si affacciano sull'Oceano Pacifico (su tutte: Stati Uniti, Giappone, Vietnam, Perù, Australia) e che rappresentano il 40% del PIL mondiale.
Soddisfazione è stata espressa dal viceministro allo Sviluppo Economico italiano Carlo Calenda, intervistato da Il Sole 24 ore di martedì, per il quale la firma dell'accordo per l'area del Pacifico faciliterà quella del suo gemello euro-americano TTIP.
L'accordo dovrà ora essere approvato dai parlamenti nazionali. Scontata l'approvazione da parte della Dieta del Giappone, meno quella del Congresso statunitense.

L'approvazione dei disegni di legge “di guerra” da parte della maggioranza conservatrice della Dieta ha rimescolato le carte nella frastagliata opposizione favorendo l'avvicinamento dei vari partiti: uniti, sia pure tra mille distinguo, sulla non opportunità dell'affermarsi di politiche militariste.

Lo scorso 25 settembre hanno discusso sulla necessità di formare una coalizione volta a ristabilire la tradizionale politica pacifista del Sol Levante il Presidente del Partito Comunista Shii ed il suo omologo democratico Okada.

Incontri sono stati tenuti da Shii anche con il leader del Partito della Vita del Popolo Ichiro Ozawa (“Ho molto apprezzato la proposta del PCG. Lavoreremo sodo per realizzarla”) e con quello del Partito Socialdemocratico Tadatomo Yoshida, il quale vorrebbe spingere l'accordo anche su altre materie: “abbiamo bisogno di promuovere la cooperazione elettorale tra noi se concordiamo sugli obiettivi politici di fare del Giappone un Paese libero dall'energia nucleare, ridurre il divario tra ricchi e poveri ed impedire l'aumento della tassa sui consumi

Lunedì, 28 Settembre 2015 00:00

Catalogna: Junts pel sì, sì que es pot

Risultato elettorale ampiamente previsto, quello che arriva dalla Catalogna, meno prevedibili saranno gli scenari che interesseranno la regione nell'immediato futuro.

A scrutinio quasi concluso la coalizione attualmente alla guida della Generalitat Junts pel sì (composta dai moderati di Convergenza Democratica - orfani dei meno separatisti di Unione Democratica - e dalla sinistra di Esquerra Republicana de Catalunya, uniti in funzione indipendentista al di là delle divergenze ideologiche) ha ottenuto 62 seggi (sui 135 del locale parlamento), che sommati ai 10 (dai 3 uscenti) della lista Candidatura d'Unitat Popular (movimento senza leader che raggruppa molte sensibilità della sinistra indipendentista), assicurano al fronte indipendentista la maggioranza nel Parlament. In crescita l'affluenza (oltre sei punti in più rispetto alle scorse consultazioni), in quello che la propaganda indipendentista ha definito “il voto della tua vita”.
Seconda lista (si vota con il proporzionale e le liste bloccate) quella dei Ciudadanos, formazione di centro-destra recentemente cresciuta nella propaganda anti-corruzione, e sulla quale si è concentrato buona parte del voto anti-indipendentista. Alla formazione guidata da Albert Rivera vanno 25 seggi (9 i consiglieri uscenti).

Al terzo posto il PSOE (16 seggi), formazione politica che si è già liberata, negli scorsi anni, di quei socialisti favorevoli all'indipendenza, e che localmente propone, in sostanza, una autonomia ancora maggiore ai catalani. Dietro la formazione guidata da Iceta, si piazza la composita lista unitaria della sinistra Catalunya, sì que es pot. La lista, composta dalla locale federazione di Izquierda Unida (comprendente a sua volta i comunisti catalani del PSUC-viu), Podemos e ICV (i verdi catalani), con 11 seggi presidia uno spazio politico a sinistra ma non cresce, contrariamente a quanto era avvenuto pochi mesi con le vittoriose comunali di Barcellona. Al contrario la sinistra perde due seggi rispetto alle precedenti consultazioni, nelle quali era presente unicamente Izquierda Unida (appare dunque scarso il contributo del partito di Iglesias in queste elezioni).

Estremamente probabile che il mancato decollo del listone della sinistra sia attribuibile alla sofferenza che la sinistra nazionale spagnola ha sempre avuto rispetto alle varie spinte indipendentistiche che attraversano il Regno dei Borbone (non soltanto nel caso catalano, ma anche, ad esempio, in quello basco). L'appiattirsi di tutta la discussione politica catalana sul tema dell'indipendenza ha, con ogni evidenza, polarizzato il voto, penalizzando chi come Podemos ed IU non ha preso una posizione definita sul tema (limitandosi ad affermare il diritto ai catalani ad un referendum).

11 seggi il Partito Popolare, che ne lascia per strada otto rispetto al 2012. Non sono infatti bastati gli appelli anti-indipendensti di Obama e Merkel, nonché la chiusura della campagna elettorale con la presenza dell'ex presidente francese Sarkozy per compattare il voto “spagnolista” sull'ex sindaco di Badalona Xavier Garcia Albiol.

Acquisito il risultato si proporranno, fatalmente, le incognite sul destino prossimo della Catalogna. Scontato che altre spinte indipendentiste (baschi, galiziani) otterranno maggiore legittimità dai risultati usciti dalle urne di Barcellona, sarà inevitabile un irrigidimento del governo centrale rispetto ai passi, già indicati dal capo della Generalitat Artur Mas, verso l'indipendenza.
Già in passato, la corte costituzionale di Madrid aveva tolto ogni legittimità alla consultazione indipendentista (che ebbe largo sostegno popolare, in primo luogo dai sindaci) ed alle altre prove di forza verbali rispetto allo statuto catalano (come l'inserimento del concetto di nazione catalana). Altre tensioni potrebbero interessare il complesso dei “paesi catalani” - definizione politica dentro la quale stanno insieme anche Valencia ed un pezzo (La Franja) di Aragona - stretti tra spinte di unione con la Generalitat (impossibili per l'attuale Costituzione spagnola) e sofferenze per la supremazia di Barcellona (recenti, in tal senso, le polemiche suscitate tra Valencia e Barcellona per le parole del Consigliere alla Giustizia della Generalitat Germà Gordó, per il quale "la costruzione di uno stato non deve far scordare la nazione intera").

Rimane inoltre da capire, e gli ultimi comunicati della Commissione non aiutano a capirlo, i rapporti tra una Catalogna indipendente e l'Unione Europea.
Quel che è certo è che dentro l'attuale Europa sono sempre più le insofferenze (di destra, di sinistra e di centro, come nel caso di Mas) verso diversi stati nazionali (i casi più clamorosi riguardano Scozia e Belgio) e che non sarebbe più così sorprendente trovare tra qualche anno una Spagna priva del 16% della sua popolazione e del 25% del proprio PIL.

Venerdì, 02 Ottobre 2015 00:00

Grecia: la sfida che, complicata, continua

La riconferma, tutt'altro che scontata, di Alexis Tsipras alle ultime elezioni fa tirare, alla sinistra europea, un sospiro di sollievo, ancorché non a pieni polmoni. Il risultato elettorale di Syriza, pur non discostandosi molto, in termini percentuali, da quello di gennaio, registra un preoccupante calo in termini assoluti: segno, mi sembra analisi fin troppo semplice, di una certa sfiducia dei cittadini ellenici, nel loro complesso, verso il processo democratico.

Approvati definitivamente i contestatissimi disegni di legge volti a consentire un ampio impiego all'estero delle Forze di Autodifesa e che trasformano - di fatto - il Giappone in un Paese in grado, in alleanza con altri, di ingaggiare conflitti.
I disegni di legge (che complessivamente modificano dieci norme) hanno avuto l'approvazione finale della Camera alta della Dieta lo scorso 19 settembre, in un clima di fortissima tensione.

Eliminato, lo scorso 11 settembre, il tetto di tre anni per i rinnovi contrattuali dei lavoratori interinali. La modifica della legge sull'uso di tali contratti è uno dei punti cardine delle politiche del lavoro della maggioranza conservatrice. Hanno votato contro tutte le opposizioni.
“Non credo ci sia mai stata una così pessima legislazione che, platealmente, aiuta le aziende sfruttatrici che hanno tratto profitto dall'uso illegale del lavoro interinale ed, allo stesso tempo, tradisce i lavoratori in un momento nel quale essi potevano ottenere migliori condizioni” ha affermato il senatore, ed ex sindacalista, democratico Michihiro Ishibashi.
“Il lavoro interinale rappresenta un problema se si guarda alla prospettiva di creare una solida base per l'economia giapponese” ha dichiarato il deputato ed ex ministro del Lavoro nel governo Hatoyama, Akira Nagatsuma.

Interrotti, lo scorso 7 settembre, i colloqui, concernenti la ricollocazione della base di Ginowan a Nago, tra l'amministrazione della Prefettura di Okinawa, guidata da Takeshi Onaga ed il governo centrale. La rottura si è consumata subito dopo il colloquio intercorso tra Abe ed Onaga. Al termine dell'incontro, il Segretario Generale del Gabinetto, Yoshihide Suga, ha confermato la volontà del governo di riprendere i lavori preparatori per la costruzione della nuova installazione militare per la metà di settembre

“Userò ogni mezzo a mia disposizione per interrompere i lavori” ha, invece, dichiarato Onaga. Una manifestazione anti-base, che aveva visto la partecipazione di quasi quattromila persone - tra essi il sindaco di Nago, Inamine, ed il deputato comunista Akamine - si era tenuta il 5 settembre.

Quest'anno si è celebrato il settantesimo anniversario dei bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki. Da allora il mondo è stato più volte colpito dal rischio di un nuovo utilizzo, sui civili, delle armi nucleari mentre test ed incidenti (il più recente, quello di Fukushima, proprio nel Sol Levante) hanno provocato immensi danni, vittime e suscitato apprensione in miliardi di persone.
Poco nota, in Italia, è la Confederazione delle Organizzazioni delle Vittime delle Bombe A e H (Hidankyo), che raggruppa e rappresenta i superstiti dei due bombardamenti dell'agosto 1945.
Per conoscere meglio questa importante realtà civica abbiamo intervistato il suo Segretario Generale, il professor Terumi Tanaka.

 

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