Lunedì, 04 Marzo 2013 00:00

Mambo italiano e elezioni

Scritto da
Vota questo articolo
(9 Voti)

In questi ultimi giorni non si può negare che la politica del paese stia danzando in modo piuttosto goffo e spaventato. Ma in realtà stiamo danzando tutti ormai, da diversi anni. Danzano, cercando di non cadere a terra, molti personaggi dell’ultima ora che si improvvisano ballerini di prima classe, ma anche e soprattutto tutte quelle parti della società che cercano di non continuare a farsi pestare troppo i piedi. Dopo la destrutturazione del sistema di welfare, dell’università pubblica e del diritto allo studio, dopo la perdita dei diritti sul lavoro abbiamo assistito a un vero e proprio tsunami, ovviamente quello del Movimento 5 stelle.

Si sono lette e ascoltate molte analisi rispetto a questo nuovo fenomeno, che in sostanza non fa altro che chiedere riforme strutturali del sistema politico italiano, da una riforma del sistema elettorale al taglio delle spese per la politica. Ne sono state dette tante sul programma elettorale di Grillo e Casaleggio e se si va a vedere cosa propongono i 5 Stelle, attraverso i blog e la rete, si deve certamente ammettere che questo movimento ha saputo recepire e fare propri tutti quei temi ecologici e legati a proposte alternative di sviluppo economico (si pensi alla green economy) strettamente legati alle condizioni territoriali italiane, che hanno caratterizzato molte delle rivendicazioni dei movimenti sociali italiani in questi ultimi dieci anni.

E non è un caso che Grillo abbia svolto una campagna elettorale come non le si vedevano mettere in pratica da tempo: oltre ad aver compreso la necessità di agire sulla rete, Grillo ha riempito una quantità consistente di piazze, ritornando fra le persone. Ed è così che la baraonda causata dal Movimento 5 Stelle, in termini di consenso, sta ora provocando una paralisi di governo che potrebbe risultare fatale per lo stesso paese. Le ultime dichiarazioni degli esponenti del Movimento non fanno ben sperare: nessuna alleanza diretta, ma piuttosto un “governissimo” principalmente tra PD e PDL, per imporre un’agenda tutta improntata sulla riforma della politica stessa, per poi tornare al voto.

Ancora più inquietanti risultano essere le dichiarazioni rispetto all’eventuale possibilità di poter permettere all’Italia di uscire dall’euro, se le condizioni d’austerity e quelle riguardo alle politiche fiscali imposte dall’Europa non muteranno.

E allora sorge la domanda, che fare? Di certo, non possiamo avere la risposta pronta. Quello che accade è piuttosto una destabilizzazione degli assetti esistenti, anche all’interno del Partito Democratico. È naturale che il primo partito di maggioranza all’interno del centro sinistra, dopo aver perso circa 5 milioni di voti, inizi a interrogarsi su ciò che non è andato. E l’ipotesi che inizia a farsi strada, anche se non ancora possiamo trarre alcuna conclusione, è il fatto che ad andare a guidare la coalizione e il Partito Democratico dovrà essere un altro segretario, alla prossima tornata elettorale: una personalità in grado di competere con Grillo stesso.

Ma andando oltre le questioni interne ai diversi partiti o coalizioni, uno dei dati più rilevanti di questa tornata elettorale è sicuramente la rinascita di Silvio Berlusconi; molti si sono chiesti come ciò possa essere stato possibile, soprattutto nel vecchio continente. Quello che, ad oggi, possiamo fare è, innanzitutto, il chiederci perché in altri luoghi d’Europa non è stato possibile avere vent’anni di berlusconismo o come non sia possibile che un comico, un Grillo qualunque, possa raggiungere un tale consenso anche attraverso il porre temi come quelli di uscire dalla moneta unica.

Ma è necessario fare un distinguo: se Berlusconi è riuscito a conservare un elettorato di centro destra formando una coalizione di un numero spropositato di partitucoli che hanno potuto raccogliere voti e preferenze anche personali, Grillo ha rappresentato la forza che ha saputo pescare da tutti i bacini elettorali. Perché? Sicuramente è insita una componente populista nel modo di procedere del portavoce del Movimento 5 Stelle, ma altrettanto certo è che alcuni temi che, come veniva indicato, erano presenti al centro di un dibattito pubblico oramai sedimentato negli anni, sono stati raccolti da questo stesso tsunami. Le polemiche sorte rispetto al creare o al non creare un’alleanza con il PD all’interno della stessa base grillina, le notizie imbarazzanti su alcuni neo eletti senatori, mostrano tutti i limiti di un’organizzazione che ora dovrebbe prendersi l’onere di andare a contribuire alla formazione del governo di un paese.

Ma questi episodi non dovrebbero indurre ad affrontare la questione in modo meno serio: se c’è una cosa che di sicuro abbiamo compreso è che in Italia le forze politiche di sinistra sono al collasso. Di certo, ci sono responsabilità importanti che hanno portato a questo risultato negativo, che pesano su quelle forze che hanno caratterizzato, nelle diverse forme proprie, la sinistra italiana: quella di non aver scelto di andare al voto un anno fa, prima del governo Monti, quella di continuare a credere al mito dell’opposizione a sinistra interna alle coalizioni o ai partiti, strategia fallita sempre diversi anni fa, in cui in molti avevano creduto. Sicuramente pesa la responsabilità, per una cera parte di sinistra più radicale, di aver avviato in ritardo un processo di aggregazione di movimenti sociali e partiti di opposizione al governo Monti per cercare di portare proposte di sinistra reale in parlamento su scuola, università, welfare, lavoro. Gli errori commessi, dunque, devono essere riconosciuti con serietà. E se non si finirà di non guardare al di là del proprio naso non si potrà di certo fare molta strada, tenendo presente il grande rischio concreto di ritrovarsi in uno scenario politico futuro sempre più spostato a destra, in cui temi e programmi di sinistra reale diverranno semplicemente indifferenti alla maggior parte della società, poiché chi li propone ha perso la fiducia stessa degli elettori. Ma oltre l’analisi e il pentimento vi è anche l’azione, il ritornare ad avere la capacità di comprendere la società in cui si vive: mai come oggi occorre ricominciare a parlare di sinistra, certo, ma fra le persone, per le strade e nelle piazze. Sarebbe più pericoloso non comprendere ciò che rinunciare definitivamente a vecchie e anacronistiche strategie di governo che si sono rivelate totalmente fallimentari.

Immagine tratta da www.fotoarts.org

Ultima modifica il Sabato, 08 Agosto 2015 12:56
Edoardo Raimondi

Nato a Chieti il 26 maggio del 1990, ho studiato presso l’Università di Pisa conseguendo la laurea magistrale in Filosofia e forme del Sapere, con una tesi in ermeneutica, filosofia morale e politica (problematizzando il pensiero di Eric Weil). Da sempre impegnato nell’associazionismo, ho fatto parte, nel corso degli anni, di movimenti e sindacati studenteschi, come di gruppi di ricerca dell’università pisana. Mi occupo principalmente di politica nazionale ed internazionale, cultura, scuola e università. 

Devi effettuare il login per inviare commenti

Free Joomla! template by L.THEME

Questo sito NON utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti.