Bene, da giovedì scorso l'interporto è stato nuovamente bloccato dalla minoranza combattiva dei SiCobas, tra i commenti sdegnati dei giornali padronali e le lamentele di chi, nella società dell'uomo a una dimensione, non tenta nemmeno più di nascondere l'assenza di ogni forma di solidarietà. E così nel senso comune coloro che rivendicano il reintegro dei compagni di lavoro licenziati cessano di essere considerati operai, diventano degli ostacoli per chi vuole lavorare, per il consumatore che vedrà la sua merce consegnata in ritardo, per il cittadino stesso che vede questi stranieri protestare invece che spaccarsi la schiena come la buona creanza liberaldemocratica comanda.
Eppure dietro a questi ragazzi stranieri che gli imprenditori della paura spacciano talora come ruba-lavoro talaltra come delinquenti - anche se oggi con le restrittezze statali pare convenga spacciarli come flaccidi approfittatori dell'assistenzialismo statale - abbiamo le solite storie che attraversano l'Italia del caporalato. Se non scandalizzano nemmeno più le condizioni mortifere del lavoro nelle campagne, dove oggi gli autoctoni fanno finalmente compagnia ai migranti (che bella la valorizzazione del capitale umano a cui ci ha condotto la flessibilità!) provare a gettare uno sguardo sulle condizioni del lavoro nei grandi poli industriali non sarebbe cattiva opera. Soprattutto se, com'è avvenuto per i lavoratori agricoli in particolare del mezzogiorno, ma non solo, si assiste al sistematico slittamento verso il basso anche degli autoctoni. Insomma: cari leghisti, leggete e imparate, poiché le condizioni di povertà portano a migrare e non viceversa può darsi che interessi pure a voi un dì. È vero che la Lega è per definizione "Nord", ma un giro nelle campagne saluzzesi (e non solo quelle) potrebbe rovinare la faccia ben levigata del Nord in perpetuo sviluppo economico e coltivatore di un benessere sociale inesistente al Sud.
Tuttavia dicevamo delle condizioni di lavoro ottocentesche dei lavoratori dell'interporto bolognese dove le multinazionali dell'e-commerce, come la Yoox nel caso che andremo a descrivere, affidando il lavoro in appalto a cooperative, la Mr. Job nella fattispecie, realizzano e fanno realizzare profitti crescenti. Procedendo con ordine si scopre che Yoox Group SpA ha ben perseguito la virtù capitalista del profitto, incrementando nei primi sei mesi del 2015 del 38.3% i profitti netti, migliorando notevolmente quella che era la crescita dei profitti del 2014 pari al 9,4%. Capitalisticamente parlando, altrettanto positivamente si potrebbe parlare dell'impresa appaltatrice della Yoox, ossia la Mr. Job che gestisce il ricevimento e lo stoccaggio della merce, il cui fatturato in crescita dai 12 milioni del 2014 si aggira ormai sui 20 milioni. Nei dieci anni di operatività l'espansione dell'impresa sul territorio (è presente oltre che a Bologna anche a Modena, Parma e Sassuolo) le ha consentito di battere sempre nuove nicchie di mercato: dall'agroalimentare, al tessile, al metalmeccanico, fino al settore pulizie, ma certamente l'appalto della Yoox ha giovato particolarmente alla cooperativa la quale ha dovuto far fronte alle commesse crescenti del colosso del marketing online e che oggi teme di perdere in seguito ai malfunzionamenti portati dalla ribellione della merce-lavoro.
I ritmi di lavoro sempre più frenetici hanno del resto portato a casi giunti alla ribalta anche delle cronache nazionali come la denuncia partita dalle 11 lavoratrici Mr. Job, che dissero di aver subito molestie sessuali sul posto di lavoro e che portò la Procura di Bologna al rinvio a giudizio del responsabile del magazzino all’Interporto. La decisione della dirigenza Yoox di avere solo più personale femminile come responsabile dei magazzini per evitare altri spiacevoli inconvenienti fu solo un tentativo di arginare il fenomeno a quanto pare, poiché a distanza di un anno si ripropone il problema con una nuova denuncia che dovrebbe essere presentata a giorni secondo Aldo Milani. Nel frattempo a fine agosto è partita la mobilitazione, giunta ormai al sesto giorno di sciopero continuato per il reintegro delle otto operaie licenziate per aver rifiutato un cambio di sede lavorativa che secondo le operaie le avrebbe costrette ad accettare un demansionamento che non potevano permettersi. I turni frenetici che prevedono di imbustare 5mila abiti al giorno, sotto la minaccia delle sanzioni, del licenziamento e in condizioni poco rassicuranti per il personale in larga misura femminile fanno del caso Yoox l'ennesima vergogna del polo logistico emiliano che viene dipinto nel pulito linguaggio tecnologico e del marketing come un hub fondamentale tanto da indurre le rispettive dirigenze ad inasprire la guerra tra poveri, incentivando scioperi bianchi per evitare ulteriori azioni di protesta, ma che in realtà si rivela essere nient'altro che un laboratorio per la negazione dei diritti e l'abbassamento delle tutele verso i lavoratori