Venerdì, 25 Agosto 2017 00:00

Perché tutti parlano del terrorismo?

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Perché tutti parlano del terrorismo?

Perché tutti parlano del terrorismo? (Spesso a sproposito).

Ci risiamo: anche a Barcellona è arrivato il terrorismo, un attentato 'firmato' Isis (e pare altri due nelle ultime ore, uno in Germania ed un altro addirittura in Finlandia). Oltre al naturale sgomento per quanto accaduto e al cordoglio per le vittime (e un po' di umana paura) c'è un'altra piaga che ossessiona il 'day after': i discorsi della gente che, da una parte e dall'altra, si susseguono sempre uguali ad ogni occasione.

Da una parte abbiamo il partito dei #NoMuslim che attaccano a prescindere le scelte governative in materia di immigrazione, scordando che non si sta parlando dell'Italia ma di paesi esteri, che ovviamente hanno una propria legislazione in materia (che spesso i detrattori ignorano del tutto).

È veramente desolante dover ascoltare e/o leggere per giorni gli sproloqui di coloro che blaterano di "risorse boldriniane" (la Boldrini in Spagna non è nessuno, ma tant'è) o di "chiudere le frontiere" (le nostre? Tra l'altro sappiamo che spesso gli attentatori sono nati nel paese che attaccano).

Veramente chi fa uso di queste 'armi' dimostra di non interessarsi minimamente alle vittime dell'attentato, ma di voler solamente farsi scudo di quanto accaduto per avvalorare (secondo lui) una sua tesi.

Ritengo che essere costretti a leggere ogni volta (anzi, ogni volta 'scelta', poiché il premio tocca soltanto a determinate occasioni) renda ancora più penosa la situazione, dal momento che ovviamente non si dà una sola soluzione al problema (e non sto dicendo che sia semplice).

Dall'altro lato ci sono coloro che fanno la 'contro-manifestazione': se gli uni ragliano "chiudete le frontiere!", "maledetti musulmani!", gli altri si prodigano a dimostrare che i terroristi sono soltanto una mela marcia (e qua sono d'accordo), che casomai la colpa è nostra perché non siamo riusciti a integrarli e far sì che non sentissero il desiderio di fare quello che hanno fatto.

Certo, il fatto che i terroristi spesso provengano dal paese 'attentato' e addirittura vi siano nati è un grosso punto di domanda per noi (intendendo popolo ospitante e vittima): cosa non ha funzionato? Ovviamente gli attentati sono una spia anche del fallimento delle politiche di accoglienza ed integrazione degli stranieri, ma ripetere come un mantra le solite frasi (talvolta 'stucchevoli' anche per chi non è assolutamente un fan di Salvini) senza offrire alcuno scudo al fatto che gli attentati sono accaduti, accadono ed accadranno anche in futuro, non fa altro che 'aizzare' sempre più il popolo, che non si sente né ascoltato né tantomeno compreso nel suo disagio e nella sua paura.

Quindi, ben vengano le manifestazioni pacifiste, possono essere una prima presa di posizione contro i fatti accaduti, un dire "siamo tutti uniti contro di voi". Certo, sappiamo tutti che 'l'unione fa la forza' (dicono...). Dopo di queste però sarebbe auspicabile che si impegnasse il tempo, tra una manifestazione e l'altra, tra un attentato e l'altro, a fare qualcosa di molto più concreto (cosa al momento non è dato saperlo) e soprattutto di comprensibile ed accettabile per il Popolo.

Ovviamente nessuno si auspica che la politica parli solo 'alla pancia' dell'elettore (cosa che non pochi personaggi già fanno), ma che trovi il modo di parlare anche al suo intelletto.

La questione Sicurezza (anche vista da un'angolazione più 'quotidiana') rispetto al problema del terrorismo non può essere un tabù della Sinistra, ma deve riuscire a calibrare le esigenze di tutti, così da evitare anche la 'demonizzazione' dell'Altro da me. Purtroppo, ripeto, non è facile dare ricette. Ma perlomeno credo sia necessario un cambio di atteggiamento: non si può fare 'muro contro muro' e liquidare coloro che non si sentono a loro agio nella situazione presente dicendo che "nulla deve cambiare" e che "Paura non abbiamo".

Non so voi, ma io un po' di paura la ho...


Immagine liebramente ripresa da www.lagazzettadelmezzogiorno.it

Elena Papucci

Nata a Firenze il 17 novembre 1983 ha quasi sempre vissuto a Lastra a Signa (dopo una breve parentesi sandonninese). Ha studiato Lingue e Letterature Straniere presso l'Università di Firenze. Attualmente, da circa 5 anni, lavora presso il comitato regionale dell'Arci.

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