Mercoledì, 04 Ottobre 2017 00:00

Tempi di lavoro e tempi di vita

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Tempi di lavoro e tempi di vita

Come si deve comportare il mondo del lavoro di fronte a l'annosa questione degli edifici che, per la loro stessa funzione, devono restare aperti anche nei giorni in cui l'uomo comune è libero di starsene a casa con la famiglia? Va da sé che nessuno penserebbe mai di chiudere un Pronto Soccorso perché è sabato oppure Natale. Ma, che fare in quei casi che non rientrano nella definizione di servizio essenziale?

Siamo seri: chi non è andato di domenica o a Ferragosto (ma anche per Natale) al ristorante o a mangiarsi un gelato? Eppure tutti questi non sono strettamente definibili come servizio essenziale, però la persona che serve, il cuoco che cucina, la cassiera che ti fa pagare, sono senza ombra di dubbio lavoratori. Saremmo davvero tutti pronti a rinunciare a svolgere queste attività? E con cosa le potremmo sostituire? Anche se in TV guardassimo un programma in diretta si tratterebbe comunque di sfruttare il lavoro di qualcuno che durante la giornata festiva non è libero di stare con la propria famiglia. Quindi dovremmo auspicarci che la TV trasmettesse, per tutti i giorni festivi, solamente film, o comunque materiale registrato in precedenza (rigorosamente dal lunedì al venerdì!). E come la mettiamo con i TG? Per loro natura hanno bisogno di una certa 'attualità': non credo sia possibile registrare più di tanto tempo prima una puntata da mandare poi in onda il sabato e/o la domenica. 

D'accordissimo con voi che alcune attività possano essere ridotte, se non eliminate, durante i giorni dai più consacrati al riposo: ad esempio ritengo che non ci sia tutta questa necessità di fare la spesa alle 23. Certo, chi fa lavori particolari magari non riesce ad organizzarsi diversamente ed ha ovviamente diritto di mangiare. Ma, prima ancora che garantire a chi lavora fino a tarda sera il diritto di comprare fino a tarda sera, dovremmo capire se questo lavorare senza orari può essere evitato, o almeno arginato e controllato. Perché il problema non è soltanto di chi lavora nei supermercati, poiché a questo si può ovviare facendo dei turni o chiedendo aiuto alla tecnologia, ma anche del compratore, di colui che si trova a non trovare altri orari per fare spesa.

Credo che il perno della questione sia questo: non ci possiamo limitare a fissare degli orari limite entro i quali stare tutti a casa, ma dobbiamo far sì che le esigenze di lavoro non sovrastino e addirittura uccidano quelle di vita: dobbiamo riuscire ad equilibrare la necessità del singolo di stare con la propria famiglia (o comunque avere tempo per sé) con quelle della società, che è appunto composta da tanti singoli, di godere di determinati servizi, essenziali e non. 

Quando riusciremo a fare ciò importerà poco lavorare una domenica, poiché saremo tutti convinti che quello che diamo in termini di tempo speso a lavorare sarà ripagato non soltanto dal punto di vista prettamente economico (che è pur sempre un punto fondamentale) ma anche per quello che concerne la possibilità di sentirci rispettati e liberi di vivere appieno la nostra vita, con ognuno le proprie caratteristiche. Certo, detta così sembra un po' una "lista dei sogni", un qualcosa molto bello in teoria ma che tutti sanno (sappiamo) di non poter mai vedere realizzato. Sta a tutti noi invece rendere reale una tale situazione, avere ben chiaro che, nonostante il lavoro sia una parte fondamentale della vita di tutti, questo non deve essere l'unica ragione di vita di nessuno. Non possiamo essere felici perché ci viene permesso di lavorare sempre di più: ad esempio garantendoci asili aperti anche tutto il giorno. Dobbiamo capire che non è questa la strada, infatti non è pensabile che babbo e mamma debbano entrambi lavorare tutto il giorno, magari senza la possibilità di chiedere un cambio di turno. Dobbiamo insomma tenere a mente che "si lavora per vivere, non si vive per lavorare": altrimenti, a cosa serve stare a casa ogni domenica o ogni Natale? Questi diritti li pagheremmo troppo cari. Possiamo senz'altro, a mio parere, barattarli talvolta con un clima di lavoro più a misura d'uomo.

Ultima modifica il Martedì, 03 Ottobre 2017 16:15
Elena Papucci

Nata a Firenze il 17 novembre 1983 ha quasi sempre vissuto a Lastra a Signa (dopo una breve parentesi sandonninese). Ha studiato Lingue e Letterature Straniere presso l'Università di Firenze. Attualmente, da circa 5 anni, lavora presso il comitato regionale dell'Arci.

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