Mercoledì, 05 Settembre 2018 00:00

Razzismo e colonialismo hanno radici comuni

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Il dibattito e scontro principale, in questi giorni, è legato al tema del razzismo. Non potrebbe essere diversamente visto le politiche nefaste del Ministro degli Interni. Il popolo dei social è diviso tra sostenitori delle politiche governative e quelli assolutamente contrari.

Di recente a Milano si è tenuta una manifestazione alla quale hanno aderito numerose forze politiche e sociali. Tutto questo farebbe pensare a un blocco politico e sociale solido, in grado di fermare le politiche scellerate di questo governo. Nondimeno in virtù delle tante anime presenti alla manifestazione milanese oppure leggendo commenti dei politici o militanti sui mezzi di comunicazione, mi par che si evidenzi una certa piccola problematica.

È possibile essere anti razzisti senza mettere in discussioni le politiche neo colonialiste che hanno visto protagoniste assolute, in questi ultimi decenni, le maggiori nazioni occidentali? Si può essere contro il colonialismo ma allo stesso tempo razzisti? Sono due problemi diversi e non comparabili oppure, in realtà hanno degli elementi comuni? In un certo senso la questione mi è venuta in mente mentre scrivevo i due articoli sui rossobruni. Costoro puntano molto su tematiche anti-imperialiste e anti colonialiste, almeno in apparenza, ma spesso sostengono teorie su un improbabile esercito di riserva composto da migranti che porterebbero via il lavoro agli italiani.

Capita anche che politici liberali o di sinistra facciano la voce grossa contro il razzismo delle destre e nello stesso tempo non abbiano nulla da dire sul governo fascista di Kiev o sulle avventure colonialiste in Libia e non solo. Non è razzismo difendere uno straniero quando è ridotto malissimo, ma attaccarlo quando vive in un sistema (giusto o sbagliato) indipendente verso le politiche economiche, commerciali, affaristiche occidentali? Non vi è una certa contraddizione in questo atteggiamento? Come vedete sono tutte domande. Credo sia sempre giusto porsi quesiti quando agiamo politicamente.

Ovviamente non è mia intenzione, né in questo articolo né mai, mettere in discussione la presenza dei comunisti in piazza. Anche (anzi soprattutto) quando note forze liberali cercano di recuperare terreno cavalcando l’anti razzismo come strumento di propaganda partitica. Abbandonare una piazza perché ci sono partiti o personalità non gradite è un gesto di codardia politica. Non vi è altro da dire o aggiungere. L’elemento importante è invece comprendere con quale idea scendiamo in piazza per la difesa della vita e della dignità di persone, esseri umani, che per un capriccio del destino hanno il colore della pelle diversa dalla nostra.

Potrebbe esserci d’aiuto il caro, vecchio dizionario! Vediamo cosa ci dice alla voce razzismo. Razzismo: “Ogni tendenza, psicologica o politica, suscettibile di assurgere a teoria o di esser legittimata dalla legge, che, fondandosi sulla presunta superiorità di una razza sulle altre o su di un'altra, favorisca o determini discriminazioni sociali o addirittura genocidio”. La storia è piena di guerre terribili condotte contro popolazioni giudicate inferiori, selvagge, degne di essere civilizzate con la forza. Come anche di casi di razzismo quotidiano fatto di insulti e discriminazioni assurde.

Ok, ora diamo una controllata a ciò che concerne la definizione di “colonialismo”. Colonialismo: “Direttiva di politica estera mirante all'accaparramento di territori oltremare ricchi di materie prime e manodopera; tipica di alcuni stati europei, spec. fra il 1870 e il 1914”. La definizione par aver a che fare più col capitale che con una questione razziale. Una nazione per vivere ha bisogno di risorse che si trovano in altre terre. Mostrando i muscoli possenti delle loro macchine da guerra, invadono e derubano, sottomettendole alle proprie leggi ed usanze, gli abitanti di quei luoghi.

Per cui è possibile essere contrari alle politiche di respingimento e di barbare discriminazioni razziali, ma applaudire la gloriosa storia degli stati colonialisti europei e americani. Perché nel secondo caso abbiamo a che fare con fatti di politica economica ed estera, atti a perseverare la nostra posizione di dominio in vaste zone del mondo. Mentre nel primo caso ci ritroviamo i risultati di quelle politiche direttamente a casa nostra, il senso di colpa ci impedisce di chiudere gli occhi e quindi usiamo un anti razzismo borghese, umanitario e umanista, ma che ben si vede di criticare le ragioni di questa drammatica situazione.

Mi spiego meglio: oggi dobbiamo attaccare e debellare il razzismo becero delle destre populiste e dei confusi rossobruni. Per farlo non possiamo né dobbiamo andare per il sottile. Per cui polemizzare sul Pd in piazza è un modo come un altro per non prendere responsabilità alcuna nella lotta contro l’attuale governo. Tuttavia non possiamo nemmeno fingere di essere tutti identici, uguali e mossi dagli stessi ideali. Per questo mi preme specificare anche le contraddizioni nocive di un certo anti razzismo liberale.

Per farlo mi avvarrò di una citazione dal libro Controstoria del liberalismo di Domenico Losurdo: “È chiaro: la libertà “vale solo per esseri umani nella pienezza delle loro facoltà” ed essa non può essere rivendicata dai minorenni ovvero “dalle società arretrate in cui la razza stessa può essere considerata minorenne”. Questa idea di Mil (tratta da Saggio sulle libertà del 1859) è un’idea razzista? Forse non volgare, ignorante, come le cose dette e pensate dai sostenitori della Lega o di un qualsiasi partito popolare, piccolo-medio borghese, che parla alla pancia e ai peggiori istinti delle masse; tuttavia i maestri del libero pensiero e gran parte delle persone del libero mondo, non hanno mai un momento di ripensamento o di condanna sulle basi colonialiste che hanno fatto la nostra fortuna per secoli.

Vi è infatti una sorta di razzismo paternalista e occidentale che vede nello straniero un essere da trattare per bene in alcune precise condizioni, ma che vede nello straniero un diverso. In senso negativo. Uno che non è in grado di gestire la sua terra, uno che deve ringraziarci stando mogio e perbene alla nostra presenza. L’arabo o l’africano difeso in certe situazioni è il feroce soldato agli ordini del ferocissimo dittatore di turno, quando difende la propria repubblica o stile di vita. Sto facendo una semplificazione e me ne dolgo, ma a mio avviso l’antirazzismo per essere tale deve esser scevro da ogni elemento di presunzione legata all’idea che in Occidente abbiamo un mondo libero e giusto, mentre chi non segue le nostre direttive e cerca una sua indipendenza è uno stato canaglia alla mercé di un sanguinario dittatore. Come non possiamo dirci antifascisti se non attacchiamo con ferocia le derive nazionali e quelle presenti in Ucraina.

Esiste una devianza nella lotta anti razzista causata dal mito del Selvaggio Buono, in sostanza l’agiografia romanzata della figura dell’ascaro, o del “negro di casa” per dirla alla Malcolm X, che è bene tenere in mente per i tempi futuri. Io considero la difesa vera e credibile di ogni essere umano, necessariamente collegata a politiche che mirino a una critica profonda e spietata del capitale e dei suoi bracci armati di espansione territoriale: imperialismo e colonialismo.

Mi rendo conto che sia impossibile chiedere a tutti i sinceri anti razzisti uno sforzo simile. Per alcuni è solo un gesto di umanità: ci sono persone che stanno malissimo e rischiano la morte, io manifesto e mi adopero contro l’attuale governo. Non conoscendo affatto le dinamiche internazionali, il sostegno di alcuni politici ad interventi che hanno gettato nel caos e nella morte diverse migliaia di persone. Quei fratelli e sorelle che giungono da noi. Ci tengo anche a precisare che le accuse ai liberali progressisti per alcuni silenzi su situazioni politiche internazionali, è ben poca cosa rispetto alle politiche guerrafondaie portate avanti dai governi del ventennio berlusconiano. Con la lega ben presente a difendere queste iniziative.

Tuttavia la presenza di una Bonino o di altri politici non può fermare una sacrosanta riflessione, più che critica, su cosa vogliamo fare a sinistra, anzi noi comunisti per quanto riguarda il razzismo. Ogni lotta prevede più passi, ora siamo al primo. In questo caso ogni forza che si batta da posizioni anche diverse contro un nemico comune è ben accettata. Urge, però, ragionare anche sui seguenti passi. Possono essere considerati collaboratori fidati chi sostiene politiche ultra liberiste? Quelli che come Gianni Pittella difendevano il governo fascista ucraino? Il collante di una battaglia comune contro il nemico leghista resisterà a lungo e come o cosa devono fare i comunisti per non spezzare un fronte di aggregazione che potrebbe funzionare nel tempo limite di una lotta contro i giallo-verdi, ma che rischia di svanire subito dopo?

Il razzismo e il colonialismo sono malattie (quasi) totalmente occidentali che ci portiamo a presso da secoli. Visione di un feroce individualismo collettivo, il quale ci spinge a vedere negli altri nemici da distruggere o sfruttare. Essi non appartengono solo ai fascisti e ai nazisti, spesso anche ambienti liberali (quelli più vicino al conservatorismo politico) hanno sostenuto tesi razziste e occupazioni coloniali. La Libia nel 1911, è un’avventura di Giolitti.

Ma non solo, sempre l’ottimo Domenico Losurdo, nel libro La Non Violenza cita il socialista olandese Henri Van Kol che agli inizi del Novecento invoca un “colonialismo socialista”. Nel quale condanna le politiche repressive del colonialismo ma allo stesso tempo considera un dato di fatto destinato a durare a ungo, l’arretratezza e le barbarie dei popoli colonizzati. I quali si gettano con ferocia contro gli europei giunti in loro aiuto costruendo strade, eccetera… Un rossobruno di cento e passa anni fa.

La lotta contro il razzismo populista è fondamentale. Essa è il primo passo per ricostruire una risposta ampia di sinistra, liberale, socialista, umanitaria, ma è importante anche che vi sia un processo alla base di questa lotta. Un processo forse individuale, di presa di coscienza e posizione che ci porti a rinnegare insieme il razzismo feroce della Lega e quello mascherato o subdolo delle politiche di esportazione di democrazia, in sostanza il neo colonialismo dei nostri tempi. Quando nello straniero vedremo un nostro simile, non penseremo “poverino”, ma staremo al suo fianco arrabbiati nello stesso modo, potremmo dire che l’anti razzismo è giunto a un passo successivo: quello della costruzione di una società migliore.

Immagine nel pubblico dominio ripresa liberamente da wikipedia.org

Ultima modifica il Martedì, 04 Settembre 2018 20:08
Davide Viganò

Davide Viganò nasce a Monza il 24/07/1976: appassionato di cinema, letteratura, musica, collabora con alcune riviste on line, come per esempio: La Brigata Lolli. Ha all’attivo qualche collaborazione con scrittori indipendenti, e dei racconti pubblicati in raccolte di giovani e agguerriti narratori.

Rosso in una terra natia segnata da assolute tragedie come la Lega, comunista convinto. Senza nostalgie, ma ancor meno svendita di ideali e simboli. Sposato con Valentina, vive a Firenze da due anni

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