Martedì, 26 Agosto 2014 00:00

Un posto occupato contro il femminicidio

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Un manifesto in una sedia ed un oggetto abbandonato o meglio, un oggetto che attende che sua la proprietaria venga a riprenderlo: è questo “Posto Occupato”. Campagna di sensibilizzazione contro il femminicidio, partita a giugno 2013 da Rometta Marea (Messina), e divenuta “contagiosa” in ogni parte d’Italia e può essere appoggiata dal singolo cittadino e/o ente di ogni genere, e da ogni tipo di associazione.

Un gesto semplice ed apparentemente banale ma estremamente concreto e carico di significato dedicato a tutte le donne vittime di violenza che in quel posto non potranno occuparlo più.

A spezzare le loro vite fidanzati, mariti, compagni, spasimanti, ma anche dai padri a seguito di un rifiuto o di scelte di vita non condivise. Sono le vittime di femminicidio che come elabora Marcela Lagarde (antropologa e politica messicana, rappresentante di spicco del femminismo latinoamericano, tra le prime teorizzatrici del concetto di femminicidio) è “La forma estrema di violenza di genere contro le donne prodotto della violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine che comportano l’impunità tanto a livello sociale quanto dallo Stato e che, ponendo la donna in una posizione indifesa e di rischio, possono culminare con l’uccisione o il tentativo di uccisione della donna stessa”.

Nel nostro Paese, dal 2006 al 2013, sono state assassinate 1.042 donne. In media 116 ogni 12 mesi, con un picco di 134 lo scorso anno. Nonostante ci sia un apparente calo (la Casa delle Donne di Bologna ha rilevato 42 donne uccise dall’inizio del 2014) il fenomeno è chiaramente diventato una vera emergenza sociale.
Studentesse, lavoratrici, disoccupate, figlie, madri, nonne, giovani e meno giovani.
Ed a ciascuna di loro Maria Andaloro ha deciso di dedicare un ricordo per non dimenticare le loro storie, per non dimenticare la loro quotidianità infranta per sempre.

Maria, Potresti raccontarci come è nato “Posto Occupato”?

È un’idea che ha preso forma man mano che i numeri delle vittime di violenza di genere crescevano e con essi cresceva la mia indignazione e rabbia di fronte alla notizia dell’ennesima donna assassinata.
È nata cosi per caso mentre guardavo uno dei tanti servizi alla tv sull’ennesimo femminicidio italiano, la vista degli oggetti di quella donna mi hanno fatto pensare che non sarebbero più stati suoi, che la “banale” quotidianità (prendere il tram, leggere un libro, cucire, indossare un paio di scarpe, cucinare….) non le sarebbe più appartenuta. Successivamente ne ho parlato con alcune amiche fra cui Maria Di Gennaro, ottima grafica di Foggia, che ha tradotto in segno grafico il mio disagio e così è nato il logo e lo slogan. Poi il portale internet della campagna (http://postoccupato.org/) e tutto quanto si è innescato da ogni parte d'Italia. Ed è questo Posto Occupato, una reazione perché quell’assenza sia sempre una presenza, perché il vedere quella sedia, quella locandina, quell’oggetto ci ricordino di tutte quelle donne a cui non è stato permesso continuare a vivere nella nostra società da un malsano diritto di proprietà che alcuni, spesso anche i media, definiscono vergognosamente “amore”.

L’esordio dell’iniziativa è avvenuto proprio un anno fa, il 28 giugno, presso l'anfiteatro di Rometta Marea, da allora dai teatri di tutta Italia passando per diversi consigli comunali, negozi, licei ed università si è arrivati all'adesione di Moni Ovadia e Vittorio Agnoletto, vi aspettavate che quest’iniziativa potesse avere un riscontro nazionale cosi immediato?

Il riscontro nazionale non era previsto. O perlomeno era previsto ma dopo un rodaggio locale. In realtà, come mi è stato più volte detto, la semplicità e l’efficacia di questa modalità di lasciare una “memoria tangibile” come mi piace definire il posto occupato è emersa immediatamente. Devo dire che il mio desiderio di far partire l’iniziativa, per me molto importante, dal piccolo paese di provincia in cui vivo è stata anch’essa una sfida. Sarebbe stato più comodo e facile lanciarla da Roma o Milano o Palermo. Ma la violenza è ovunque. Ovunque è necessario sensibilizzare, educare all’ascolto, all’attenzione, alla prevenzione quindi mi è sembrato il minimo partire da casa mia.
Se una donna ogni tre è vittima di violenza non era necessario partire da un posto con milioni di abitanti
Certo poi mai mi sarei aspettata di ricevere a Roma una menzione dal Premio Arete assegnato alle iniziative per la comunicazione responsabile, al suo decimo anno rintracciando in rete la campagna ha ritenuta meritevole. Hanno vinto il Ministero dell’ambiente e Terre des Hommes.

Il femminicidio si mostra chiaramente come un fenomeno che si consuma trasversalmente alle classi sociali. Un omicidio su tre si consuma tra le mura domestiche. Mariti, compagni, fidanzati, amanti che si tramutano in orchi perché inadeguati ad elaborare un rifiuto. Perché gli uomini arrivano a uccidere le donne che dicono di amare?

È complesso, potrei semplicemente dire che gli uomini, i compagni, gli ex hanno difficoltà ad accettare la fine di una storia. Ritengono il più delle volte che loro e solo possono decidere se e quando chiudere la relazione.
Ma qualsiasi sia il motivo che li porta a quell’ultimo atto estremo irreversibile il problema sta a monte. Non ci si innamora di un assassino. E nemmeno all’improvviso. Ci si innamora giorno dopo giorno e in quei giorni, settimane mesi è fondamentale capire anche da piccoli gesti, da comportamenti con chi ci stiamo relazionando. Una relazione è fatta da due persone, bisogna ascoltarsi e capirsi. Possono subentrare problemi, crisi e incomprensioni.
L’ultimo uomo che ha ucciso la figlia a Catania per punire la moglie che lo aveva lasciato forse aveva bisogno di essere ascoltato prima. Andava intercettato il suo malessere
Andava aiutato. Magari era stato violento e non era stato denunciato per uno dei tanti stupidi motivi che spingono le famiglie al silenzio. Vergogna, paura, pregiudizi, ignoranza.
La società va sollecitata, educata, sensibilizzata. Ci sono troppi orfani figli di vedovi uxoricidi, questo è un dato insopportabile per un società che si dice civile.

Quali sono, secondo te, le ragioni per cui un fenomeno come il femminicidio, negli ultimi anni così in ascesa?

Se ne parla di più. Quest’anno rispetto all’anno scorso a oggi nonostante un terribile mese di agosto, il numero è diminuito.

L'Italia è un Paese fortemente maschilista?

Diciamo che non apre le porte alle donne facilmente, nei luoghi di lavoro e di potere le subisce. La politica ha visto aumentare le donne in Parlamento per legge come nei Cda.
Dove concorrono sbaragliano, vedi magistratura, anche il mondo dello sport da poco spazio. Nel nuoto hanno sbaragliato la Pellegrini, della quale si sa più dei suoi amori che del suo straordinario impegno e disciplina. Poi la Cagnotto e la Dallapè. Nel tennis la Pennetta, la Vinci… Nella scherma una siciliana campionessa del mondo.

Iniziative come la vostra possono servire a sensibilizzare, ma cosa credi debbano fare le istituzioni per combattere questo terribile fenomeno?

L’ideale è trovare un modello di intervento partendo dall’educazione sentimentale nelle scuole. Abituarci da bambini al rispetto dell’altro della persona di qualsiasi sesso sia intanto Attivare sistemi di prevenzione, tutela e sostegno delle donne in difficoltà.
Una rete di protezione adeguata. La parola sbagliata nel momento sbagliato può far crollare il delicato e precario equilibrio di una donna vittima di violenza.
Oppure può anche spingerla a sottovalutare il problema facendola tornare fra le braccia del proprio carnefice.
Ci scrivono molte donne. Raccontano di maltrattamenti, di incomprensioni, di solitudini di mille promesse di cambiamento e mille e una smentita.
La violenza ha mille facce. La violenza fa male che sia verbale, psicologica e fisica.
Una donna manipolata è una donna schiacciata e priva di volontà. Una donna mortificata è una donna chiusa dentro le sue presunte colpe. Una donna picchiata è una donna sola col suo dolore. Una donna che crede di amare il suo uomo e che riconosce nel modo di essere non-amata l’unico modo per non restare sola è una donna che soccomberà al suo volere.
I problemi economici aggravano, se possibile, il tutto. Quindi garantire una sistemazione in una casa alle donne che denunciano, l’adeguato sostegno psicologico ed una indipendenza economica sono le basi su cui le istituzioni dovrebbero garantire una via di fuga a chi vive anzi sopravvive a queste situazioni e sulle quali costruire un futuro.

C’è un posto che non è ancora stato occupato e che vi piacerebbe lo fosse?

Le adesioni sono spontanee, la campagna virale ha fatto la maggior parte del lavoro, alcuni ci chiedono come fare ad aderire, per farlo in modo permanete le istituzioni pubbliche devono fare degli atti, in giunta o in consiglio o cda.
Comunque si, mi piacerebbe lo riservassero in Parlamento, alla Camera, al Senato e al Governo. Luoghi simbolo e luoghi dove la tematica dell’educazione, formazione e contrasto alle violenze tutte dovrebbero essere tenute sotto massima osservazione.
Nelle scuole facendo prevenzione contro il bullismo e il cyberbullismo. Negli stadi con le tifoserie violente. Tutte facce della stessa medaglia.
Un bambino educato sarà un adulto educato e quindi un buon cittadino.


Come avete festeggiato il vostro primo compleanno e che iniziative avete in campo per i mesi a seguire?

Il 28 giugno c’è stato un incontro a Rometta, in aula consiliare, dove è stato fatto il punto su un anno di attività, sono stati presentati due libri, quello su Stefania Noce di Serena Maiorana e “Salvami l’anima” di Serena Manfrè ed è stata lanciata una nuova iniziativa “Dà un libro all’altro” presentata la mostra “Violate”
“Dà un libro all’altro “ nasce perché sono convinta che la violenza sia un problema culturale e quindi quale arma migliore se non un libro? A Rometta Marea non esiste una biblioteca; all’inizio avevo pensato di donare i miei libri, perché credo che in un paese debbano esserci sempre una chiesa, un teatro e una biblioteca, poi si è liberi di non entrarci ma la loro esistenza deve essere garantita. Mi è poi venuta l’idea che se avessi invitato le 2000 famiglie che vivono a Rometta a donare un libro, la condivisione avrebbe reso il tutto più interessante. Si tratta di una sorta di book crossing. È un primo passo.
Un’altra iniziativa destinata a contagiare altri comuni e che è già arrivata a Viterbo, dove il Comune grazie alla consigliera Daniela Bizzarri ha promosso l’iniziativa durante l’evento “Caffeina Festival”, invitando tutti gli scrittori ospiti a donare un libro. Sono già arrivati libri inviati dal gruppo Wister e delle amiche di Toponomastica Femminile, cito e ringrazio Flavia Marzano per le Wister Maria Pia Ercolini per toponomastica femminile e tutti quelli che hanno già donato un libro a sostegno dell’iniziativa.

La mostra “Violate” è formata da 10 illustrazioni che, il fumettista e illustratore, Lelio Bonaccorso ha donato all’iniziativa e che rappresentano le diverse modalità di usare violenza sulle donne
Le opere esposte rappresentano quindi alcune delle modalità con le quali le donne, di ogni età e condizione, subiscono un abuso, correggendo la prospettiva con la quale si tollerano alcune pratiche quotidiane come la “banale” molestia sul luogo di lavoro fino ad arrivare alla denuncia degli atti più eclatanti, che culminano con il femminicidio, o l'orrore delle spose bambine, la tortura dell'acido o delle percosse, la lacerazione psicologica di un interrogatorio “inadeguato” che può diventare una violenza nella violenza.
Un mondo spesso sommerso che accomuna solitudine e silenzio dentro cui si nutre la spirale della violenza, spesso patita fino all'ultimo respiro.
Mi preme a tal proposito, ringraziare il comune di Milazzo, il sindaco di Milazzo Carmelo Pino e i due assessori Russo e Scolaro che per primi hanno voluto ospitare, quasi da un mese e fino al 31 agosto la mostra.
L’amministrazione di Milazzo aveva già aderito a Posto Occupato l’anno scorso e quest’anno ed, oltre ad ospitare Violate, ha voluto rafforzare l’impegno verso il mondo delle donne intitolando 7 strade a 7 donne, gli amministratori hanno così pensato a Anna Cambria e Graziella Campagna, strappate alla vita in modo assurdo, ma anche alle giornaliste Ilaria Alpi e Maria Grazia Cutuli, vittime della violenza della guerra e ancora altre donne simbolo della determinazione come Rosa Balistreri o Goliarda Sapienza, per tornare più indietro - quale simbolo di una piaga, la violenza femminile che non ha tempo - al periodo greco con Ipazia.

Maria, in base alla tua esperienza a contatto con le donne cosa ti senti di consigliare?

Il mio invito va come sempre alle donne direttamente coinvolte ma anche a madri, sorelle, fratelli, amici, bisogna fare, è necessario dare attenzione, non sottovalutare messaggi e sintomi di violenza che cova nelle relazioni malate. Superare paure, pregiudizi e pudori, cercare un dialogo e soprattutto invito all’utilizzo, senza alcuna remora, degli strumenti antiviolenza presenti sul territorio come il numero di pubblica utilità 1522. Non mi stancherò mai di ripetere di non ascoltate mai le famiglie o gli operatori che consigliano di aspettare e di stare insieme per il bene dei figli o perché ormai si è sposati, o perché è “normale”. Se nella prima caserma non vi ascoltano, andate in un’altra e poi in un’altra ancora, fino a trovare quella in cui vi sarà dato il sostegno e protezione che sono un diritto, non una concessione.
Ci sono donne che oggi sono vive proprio grazie a questa testardaggine.

Immagine tratta da: www.segnalisegnalisociali.it

Ultima modifica il Lunedì, 25 Agosto 2014 12:07
Ketty Bertuccelli

Sono nata e vivo a Messina. Pensatrice sovversiva: antifascista, comunista, femminista, interista 

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