Sabato, 03 Giugno 2017 00:00

Diritti e favori

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Diritti e favori, questo e quello per me pari... non sono!

In Italia la legge è (almeno ufficialmente) uguale per tutti. Tutti hanno uguali diritti e uguali doveri. Detto questo, valido almeno come assunto generale, è necessario chiedersi se realmente sappiamo cosa è da considerare un diritto e cosa invece è niente di più di un favore. Se entriamo in un qualsiasi luogo frequentato da un tot di persone (anche virtuale) ci rendiamo conto che la differenza tra i due concetti è tutto fuorché chiara, ma anzi talvolta cambia a seconda del "ricevitore" del diritto/favore. Quello che però balza agli occhi è la scarsissima, talvolta inesistente, consapevolezza del "cittadino medio" di quali sono i propri diritti, con unitamente la tendenza a confonderli con i privilegi e i favori ricevuti da qualcun'altro. Anzi, ed è probabilmente anche peggio, talvolta un ipotetico 'Signor Rossi' è portato a "barattare" un diritto con un favore.

Chiari esempi vengono dal mondo del lavoro: il tuo capo ti chiede di entrare in orario la mattina? Hai poco da mugugnare, è tuo preciso dovere farlo. Se accetta il fatto che tu possa entrare quando vuoi ti sta facendo un favore, che può revocare in qualsiasi momento. Se invece trascura di garantirti la sicurezza sul lavoro faresti bene a protestare quanto prima, perché invece questo è un illecito. Spesso però la tendenza è a credere che "certe cose a me non succedono", quindi si preferisce la possibilità di non timbrare la cartolina a quella di lavorare in un ambiente sicuro. D'altronde l'incidente sul lavoro (soprattutto se si parla di lavoro di ufficio) capita, per fortuna, una tantum, mentre il traffico o la necessità di accompagnare i bambini a scuola li incontriamo quotidianamente. Quindi, perché chiedere sicurezza se in cambio possiamo avere un capo che 'chiude un occhio' sui dieci minuti mattutini di ritardo.

Il problema è che, se prendiamo l'abitudine di rinunciare ai diritti, magari partendo da quelli che sentiamo meno "nostri", presto o tardi ci troveremo a dover "fare a meno" anche di quelli che ci stanno più a cuore, ad esempio lo stipendio. Ancora peggio se facciamo parte di una minoranza. Infatti, se per lo stipendio probabilmente saremo sempre in tanti a lottare non si può dire la stessa cosa del diritto alle cure per le persone affette da una grave malattia. In fondo, pensa il collega "comune", "ho già mille problemi, perché aggiungersi grattacapi per difendere una situazione che non mi compete?". Ma se ne accorgerà, ahimé, al momento in cui si troverò anche lui a aver bisogno di assentarsi dal lavoro per curarsi e non si vedrà riconosciuto tale diritto, oltre a non avere colleghi disposti a lottare al suo fianco. D'altronde, chi la fa l'aspetti!

Allontanandosi dal mondo del lavoro merita due parole il campo dell'accoglienza dei migranti, annoso problema della modernità. In questo caso dobbiamo ficcarci in testa che accogliere e aiutare coloro che giungono nel nostro paese non è una scelta dettata dalla nostra bontà d'animo (ammesso e non concesso) ma un nostro preciso obbligo derivatoci dagli accordi firmati con altri paesi. Quindi non stiamo 'ospitando' nessuno, con buona pace di Salvini: tutto quello che facciamo è "obbedire" a degli accordi che noi stessi abbiamo accettato.

In conclusione, è una ben triste situazione la nostra: invece di difendere i diritti conquistati dai nostri avi con fatica e sacrifici (ed a volte anche col sangue) ci attacchiamo alle nostre "piccinerie" quotidiane che ci garantiscono un effimero "quieto vivere", ma così facendo rischiamo di essere completamente scoperti in caso di 'tempeste'. Meglio sarebbe accettare di prendere un permesso perché il bambino non voleva andare a scuola (per tornare all'esempio del lavoro) ma non rischiare di finire senza lavoro appena il capo decide che non serviamo più.

Ultima modifica il Domenica, 04 Giugno 2017 17:58
Elena Papucci

Nata a Firenze il 17 novembre 1983 ha quasi sempre vissuto a Lastra a Signa (dopo una breve parentesi sandonninese). Ha studiato Lingue e Letterature Straniere presso l'Università di Firenze. Attualmente, da circa 5 anni, lavora presso il comitato regionale dell'Arci.

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