Mercoledì, 01 Novembre 2017 00:00

Lavoro, AAA supereroe cercasi!

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Lavoro, AAA supereroe cercasi! 

Valerio Catoia, il ragazzo con sindrome di Down saltato questa estate agli onori della cronaca per aver salvato una bambina che stava annegando, avrà presto un lavoro come bagnino

Lieto fine, meritata ricompensa per una buona azione. Ma siamo davvero sicuri che sia così? Siamo convinti che sia necessario ed indispensabile essere supereroi per ottenere una cosa che dovrebbe essere un diritto di ognuno? Davvero riteniamo giusto che una persona normale non possa trovare un lavoro? 

Personalmente ritengo che qualcosa in questo ragionamento non torni: perché una persona con tutte le carte in regola per lavorare non deve essere messa in condizione di farlo solamente perché non ha avuto l'occasione di compiere alcuna azione 'eroica'? 

Ricordiamo sempre che la nostra Costituzione recita "l'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro". Sul lavoro, non sull'eroismo. Quindi nessuno dovrebbe sentirsi in dovere di fare l'eroe per accaparrarsi un lavoro. 

Tra l'altro bisogna tenere conto che un'occupazione deve essere scelta, e si deve essere scelti per un'occupazione, soprattutto sulla base delle proprie attitudini verso l'attività che si andrà eventualmente a svolgere. 

Ora, un ragazzo che ha salvato qualcuno dall'annegamento e 'vince' un lavoro da bagnino è logico presumere che lo sappia svolgere nel migliore dei modi. Ma cosa potrebbe accadere quando non c'è correlazione fra l'azione premiata e il premio? 

Magari è stato il destino a fare sì che una persona si sia trovata nella situazione 'adatta' a compiere l'atto per cui poi viene premiata col lavoro, ma non è quella la sua abilità principale. 

È giusto 'condannarla' a svolgere un lavoro che non è quello ideale? 

Il lavoro non può e non deve essere il premio per le azioni di eroismo. Dovrebbe essere scontato che tutti abbiano un'occupazione, non solo per soddisfare le proprie necessità materiali, ma anche per dare risposta a bisogni più prettamente morali, ma non certo meno importanti, come ad esempio la realizzazione personale. 

Si deve smetterla di dare risposte straordinarie alle situazioni ordinarie. Tra l'altro, se nessuno avesse rischiato di annegare e fosse stato salvato, in quella piscina si sarebbe fatto a meno di un bagnino? 

O altrimenti: il lavoro 'donato' è solo una ricompensa da intendersi come stipendio? Siamo sicuri che il ragazzo avrà occasione di rendersi utile grazie alla sua abilità di nuotatore o resterà "il ragazzo che fece l'impresa", magari ammirato ed osannato da tutti i colleghi (forse anche un po' invidiato?) ma condannato a non poter dimostrare di saper lavorare nella quotidianità? D'altronde, un bagnino non salva una vita umana ogni giorno... 

Il lavoro non può essere inteso come ricompensa dell'eroismo. Salvi una vita? Bene, ti meriti una medaglia, una ricompensa in denaro, una qualsiasi onorificenza. Ma non ti meriti un lavoro. O almeno, non te lo meriti per quel motivo. 

Tutti meritano un impiego, eroi e non eroi. Ma tutti hanno diritto a un lavoro che siano in grado di svolgere appieno e sempre, non soltanto 'sull'emergenza'. E, ancora di più, tutti hanno diritto a un lavoro che vogliano svolgere, ovviamente se dimostrano di averne le capacità.


Immagine liberamente tratta da www.youtube.com

Ultima modifica il Martedì, 31 Ottobre 2017 19:33
Elena Papucci

Nata a Firenze il 17 novembre 1983 ha quasi sempre vissuto a Lastra a Signa (dopo una breve parentesi sandonninese). Ha studiato Lingue e Letterature Straniere presso l'Università di Firenze. Attualmente, da circa 5 anni, lavora presso il comitato regionale dell'Arci.

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